
Mezzogiorno preciso a Kufstein. Un rimbombo grave, profondo come il respiro della montagna, scuote l’aria gelida. I vetri delle case tremano, le conversazioni si fermano. Per un attimo, l’intera vallata sospende il respiro.
Non è un terremoto: sono le 4.948 canne dell’Organo degli Eroi che, dalla fortezza sulla rupe, dichiarano l’ora. Poche ore dopo, a novanta metri sotto quella stessa roccia, un barman mi porge un gin artigianale distillato con abete rosso del Pendling.
Benvenuti nel Kufsteinerland, la regione del Tirolo dove le tradizioni più ancestrali – come i Krampus che irrompono nella notte – dialogano senza sussulto con esperienze da record mondiale. Dove l’Avvento profuma di legno di larice, Glühwein speziato e, appunto, di gin.
Il viaggio: l’importanza di arrivarci bene

Il viaggio inizia come dovrebbe, per un giornalista di viaggi con un briciolo di coscienza ecologica: in treno. Sulla carta, il collegamento è impeccabile – il Railjet delle ÖBB impiega poco più di cinque ore da Bologna a Kufstein, diretto.
Sulla rotaia, la realtà offre il suo consueto repertorio di imprevisti e lieti fini. La salvezza, fortunatamente, ha la forma più antica e gradita: la solidarietà tra colleghi. Due colleghi giornalisti già in viaggio per lo stesso press tour mi offrono un passaggio dall’ultimo scalo utile. Ed è così, tra chiacchiere di mestiere e panorami alpini che scorrono come un film dal finestrino, che si compie l’ingresso in Tirolo: non come turista, ma come ospite in un viaggio condiviso. Un inizio che è già una perfetta metafora dell’accoglienza di questa terra.
L’onnipresente Glühwein
La prima tappa, dopo aver depositato le valigie all’arte Hotel– un quattro stelle nel centro di Kufstein che sembra uscito da una rivista di architettura contemporanea, tutto legno, vetro e vista sulla fortezza – è una passeggiata allo Stadtpark, il parco dove si tiene il mercatino di Natale “cittadino” del Kufsteinerland.
Prima di uscire, però, vale la pena fermarsi al Vitus & Urban, il wine bar dell’hotel aperto anche al pubblico: un locale hip e accogliente dove assaggiare vini locali e fermarsi per un aperitivo o un drink — soprattutto nei weekend, quando è particolarmente frequentato sia dagli ospiti sia dagli abitanti della zona.

A differenza di quello allestito alla fortezza, il mercatino dello Stadtpark ha un’atmosfera più raccolta, informale e autenticamente familiare. È il posto dove gli abitanti di Kufstein si danno appuntamento per un aperitivo dopo il lavoro, dove i bambini si lasciano incantare dalle giostre mentre i genitori si scaldano le mani attorno a una tazza di Glühwein fumante.
Le bancarelle, avvolte da fili di luci dorate, trasformano il parco in una piccola bolla di calore e allegria, un rifugio luminoso che contrasta con l’aria pungente di fine novembre, ancora frizzante per la neve caduta solo pochi giorni prima.
Frittelle tirolesi

Qui iniziano i primi assaggi degli Zillertaler Krapfen della giornata: frittelle tirolesi che, in fondo, non sono altro che pasta fritta, talvolta ripiena o ricoperta di marmellata. Eppure, mangiate all’aperto, con le mani quasi intorpidite dal freddo, assumono un sapore speciale, impossibile da ritrovare in qualunque dolce servito al tavolo di un ristorante.
Accanto a loro compaiono i Kiachl, appena tolti dall’olio: ancora caldi, leggermente spolverati di zucchero, croccanti all’esterno e sorprendentemente soffici all’interno, capaci di regalare un piccolo, perfetto momento di conforto.
Il centro storico di Kufstein

Lasciato alle spalle il parco, lo sguardo e i passi scivolano naturalmente nel cuore storico di Kufstein: un intreccio raccolto di vie acciottolate, intime e accoglienti, dove i palazzi dai toni pastello sembrano disposti con cura per catturare e riflettere la luce pallida del sole invernale.
In alto la fortezza osserva e protegge, presenza costante e silenziosa; quaggiù, però, la vita scorre concreta, vissuta, senza artifici.
Non è una cartolina né una messa in scena per visitatori distratti: è il vero salotto della città. Lo raccontano le botteghe di quartiere ancora illuminate, le voci calde che filtrano dalle gasthof, il passo tranquillo di chi attraversa le strade con naturalezza, tornando a casa come ogni giorno.
L’incontro con i Krampus

Dopo questa prima immersione nell’atmosfera dell’Avvento, si parte verso il minuscolo borgo di Erl. Lungo la strada, però, succede la deviazione più riuscita del viaggio. Una folla, luci, rumore. Una festa. E in questo periodo dell’anno, dove c’è festa in Tirolo, spesso ci sono loro: i Krampus.
Si parcheggia senza pensarci troppo e in pochi minuti siamo in mezzo alla gente: famiglie, bambini che passano in un attimo dal terrore alle risate, turisti capitati lì per caso. Poi arrivano loro: maschere demoniache intagliate nel legno, corna da incubo, pellicce di capra, bastoni che strisciano sull’asfalto. I Krampus corrono tra la folla, “minacciano” i più piccoli, inseguono adulti che ridono nervosamente.
C’è qualcosa di ancestrale in questa tradizione alpina: il Krampus è il demone che accompagna San Nicolò, punisce i bambini cattivi, ricorda che il Natale non è solo lucine e biscotti alla cannella. Qui, con queste maschere pesanti e reali, capisci che non è folklore sterilizzato per turisti: è tradizione viva, che mette addosso un po’ di sacro timore anche ai più smaliziati.

Si arriva finalmente a Erl, un paese minuscolo che conta poco più di 1.600 anime, ma che sorprende per una ricchezza culturale fuori dal comune: qui sorgono infatti due teatri che insieme superano i 2.300 posti. Un rapporto tra abitanti e sedili che farebbe impallidire città di dimensioni ben maggiori. Il primo è il Teatro della Passione, luogo simbolo del paese, dove ogni sei anni – da maggio a ottobre – va in scena la monumentale rappresentazione della Passione di Cristo.
Si tratta di una tradizione viva da oltre quattro secoli, profondamente radicata nella comunità locale, tanto da essere riconosciuta nel 2013 dall’UNESCO come Patrimonio orale e immateriale dell’Umanità.
Tiroler Festspiele Erl

Il secondo edificio è il teatro dei Tiroler Festspiele Erl, cuore pulsante di un festival operistico che, nel corso di tutto l’anno, trasforma il piccolo centro tirolese in un palcoscenico diffuso, abitato da melodrammi, voci possenti e arie immortali.
La struttura, capace di accogliere fino a 1.500 spettatori, colpisce non solo per le sue dimensioni ma anche per una caratteristica tutt’altro che marginale: ospita infatti una delle buche orchestrali più grandi d’Europa, progettata per sostenere produzioni ambiziose e di grande respiro sinfonico.
Qui l’opera non è un semplice intrattenimento serale, né un’elegante cornice culturale, ma una vera e propria dichiarazione d’intenti. A Erl, la lirica è una cosa tremendamente seria, vissuta con rigore, dedizione e una passione quasi assoluta.
Il surreale turchese della Blaue Quelle

Ma questa sera non siamo qui per i teatri. Siamo qui per il Gasthof Blaue Quelle, una locanda che ha collezionato più riconoscimenti di un atleta olimpico: citazioni su guide gastronomiche, nomination come Osteria dell’anno, menzioni su Gault & Millau.
La famiglia Struth, originaria del Sud Tirolo, gestisce questo locale dal 1943, e si vede. O meglio, si assaggia. A fine cena, la vera star della serata è la Blaue Quelle, la sorgente blu che dà il nome al locale. Si trova letteralmente dietro il ristorante, e produce un’acqua cristallina con proprietà che la gente del posto descrive come “interessanti” – aggettivo che in Tirolo può significare qualsiasi cosa, dalla capacità di curare il mal di testa alla presunta abilità di far crescere i capelli.
L’acqua sgorga abbondante, fredda come solo l’acqua di sorgente alpina sa essere, e mentre la si osserva sotto le luci della sera, si capisce perché hanno chiamato questo posto “sorgente blu”: c’è effettivamente una tonalità turchese decisamente… interessante.
Mentre l’acqua turchese della Blaue Quelle continua a sgorgare indifferente dietro il ristorante, si chiude la prima giornata nel Kufsteinerland. I Krampus sono tornati nelle loro tane, il Glühwein ha scaldato abbastanza mani intorpidite, ed Erl ha dimostrato che anche un paese di 1.600 anime può contenere una ricchezza culturale sproporzionata.
Ma questa è solo l’apertura: ci aspettano laghi silenziosi, un organo che fa tremare intere vallate, e un bar che custodisce mille varietà di gin a novanta metri sottoterra. Perché il Kufsteinerland funziona così: quando pensi di aver visto l’inaspettato, ti ricorda che ha ancora molto da mostrare. (1 continua)
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