Amazzonia per tutti è il polmone verde del mondo. La Foresta amazzonica ricopre la maggior parte del nord-ovest del Brasile e anche parte della Colombia, del Perù e di altri paesi del Sud America. Si tratta della più grande foresta pluviale famosa per la sua biodiversità.
Da anni è attaccata e desertificata dai contadini e dalle multinazionali. Questo immenso patrimonio da un anno è attaccato da un altro nemico altrettanto devastante la pandemia in Amazzonia. Un nemico che ha colpito tutto il mondo e che si chiama Covid-19.
La pandemia in Amazzonia ha creato un’emergenza dagli effetti devastanti. Ora un secondo picco di contagi e decessi, causato dalla nuova variante amazzonica del coronavirus (più trasmissibile e forse più letale), ha fatto collassare di nuovo il sistema sanitario della regione.
Si assiste ancora una volta a scene drammatiche negli ospedali saturi dei centri urbani. Decessi causati dalla mancanza di ossigeno e sofferenze provocate dalla mancanza di anestetici per i pazienti che hanno bisogno di respirazione meccanica.
Pandemia in Amazzonia: dramma nel dramma
Lontani dalle città, i piccoli villaggi amazzonici, isolati e accessibili solo in barca, non hanno commerci alimentari. Non dispongono né di assistenza sanitaria né di farmaci.
Manca il trasporto d’emergenza. Tutto ciò rende i loro abitanti estremamente vulnerabili in caso di contagio. Vivono principalmente di pesca, caccia e raccolta, ma dipendono anche dalle città lontane per una rete di scambi.
Del problema della pandemia in Amazzonia ce ne parla Emanuela Evangelista, biologa italiana che dal 2000 è impegnata nella tutela socio-ambientale della foresta amazzonica brasiliana.
“Qui, lontani dai centri urbani, la foresta ci sta proteggendo, ma è difficile rimanere isolati quando c’è povertà”, dice Emanuela Evangelista, presidente di Amazônia Onlus. La dottoressa Evangelista risiede nel piccolo villaggio Xixuaú, a 500 km da Manaus dal 2013.
“Dal primo arrivo del virus in Brasile, Amazônia Onlus ha reagito informando le comunità lungo i fiumi e le famiglie più isolate sulla necessità di ridurre gli spostamenti verso le città dove c’è il rischio del contagio, ma non c’è la garanzia del ricovero o della cura. Insieme ad altri partner, abbiamo sostenuto la popolazione locale con consegne di scorte, viveri e farmaci. L’isolamento e l’interruzione dei lavori informali e le possibilità di reddito di questa popolazione stanno creando un problema gravissimo di sicurezza alimentare.”
Pandemia in Amazzonia: paura del contagio e fake news
Un altro problema da affrontare è quello delle fake news, dice Evangelista. Notizie false trovano terreno fertile e portano a conseguenze gravissime, come il rifiuto del vaccino da parte di alcune popolazioni locali. Diversi credono che il vaccino li uccida, oppure li trasformi in animale o ancora che contiene un microchip cinese per controllare le masse.
“A un osservatore italiano l’Amazzonia può sembrare lontana ma sappiamo che la foresta amazzonica influisce sulla qualità di vita dell’intera umanità. Anche questa pandemia altro non è che il risultato del nostro rapporto squilibrato con la natura”, continua Evangelista.
“Abbiamo tutti delle responsabilità: l’Italia importa carne, pellame, soia, legname dal Brasile e non sempre si conosce la provenienza di questi prodotti. L’Italia può e deve fare la sua parte, e così anche il singolo cittadino, che non deve sentirsi impotente”.
Salvaguardare l’Amazzonia
Come si fa? Per esempio diventando consumatori consapevoli, informandosi sulla provenienza dei prodotti che si acquista. Diventando, anche, investitori consapevoli, perché le nostre scelte influenzano il comportamento delle banche e delle assicurazioni, cioè dei capitali che finanziano la distruzione dell’Amazzonia.
Un anno fa il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella conferì la nomina di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana a Emanuela Evangelista. Il Presidente Mattarella proferì le seguenti parole: “per il suo costante impegno, in ambito internazionale, nella difesa ambientale, nella tutela delle popolazioni indigene e nel contrasto alla deforestazione”.
Il conferimento avvenne in febbraio. Nessuno poteva immaginare che un mese dopo (11 marzo 2020) l’OMS avrebbe dichiarato lo stato di pandemia in Amazzonia . “Ci siamo ritrovati ad affrontare una situazione, la pandemia in Amazzonia, a cui non eravamo preparati. Non siamo nati per gestire emergenze sanitarie. Da un anno stiamo affrontando una sfida che non è la nostra”, ha affermato Emanuela.
La biologa è anche membro della Species Survival Commisson (SSC) dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), Presidente di Amazônia Onlus, Vicepresidente di Trentino Insieme.
Amazônia Onlus, fondata dalla biologa nel 2004, sostiene i nativi dell’Amazzonia per la protezione della foresta tropicale e della sua biodiversità. Dall’inizio dell’emergenza Covid, ha dovuto concentrare tutte le sue azioni in una sola direzione: quella di proteggere i nativi.
Informazioni sui progetti di Amazônia Onlus www.amazoniabr.org
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