Nell’area della Montagna Pistoiese, nei territori a nord di Pistoia, un itinerario ci conduce alla scoperta di emergenze architettoniche, considerati archeologia industriale. In questo lembo di terra fu realizzato, nel 1990, il primo Ecomuseo d’Italia del quale conosceremo alcuni elementi che lo caratterizzano. La statale 66 è l’arteria da seguire per raggiungere, a trenta chilometri di distanza, San Marcello Pistoiese, nostra destinazione finale. Nonostante la brevità del percorso, in esso sono racchiusi notevoli spunti di visita che non sfuggiranno alla nostra attenzione.
Dopo circa venti minuti di cammino ecco apparire qualcosa di veramente inaspettato. Potrebbe essere un miraggio o un’allucinazione poiché sul ciglio destro della strada intravediamo un enorme trullo. Avendo la piena certezza di non essere in Puglia, crediamo necessaria una sosta per indagare. In effetti la corposa struttura in muratura, costruita con pietre a secco e ricoperta da un tetto di paglia di forma tronco-conica, aveva tratto in inganno: siamo invece di fronte alla prima testimonianza appartenente all’Ecomuseo, in località Le Piastre.
Archeologia industriale: Ghiacciaia della Madonnina
Il voluminoso manufatto ci racconta come un tempo la popolazione locale riuscisse, con soluzioni ingegnose, ad utilizzare le risorse naturali. Raggiungere la ghiacciaia in auto non è consigliabile. Fermarsi lungo il ciglio stradale è impossibile. Suggeriamo di parcheggiare in paese e seguire un breve e ombroso sentiero che costeggia il fiume Reno. Ci ritroviamo così all’interno di un ampio pianoro abbastanza livellato, sottostante il piano stradale. È la vasca creata per raccogliere l’acqua del fiume dopo averne deviato e bloccato l’afflusso con chiuse poste a monte e a valle.
Con la rigidità delle temperature invernali, il vasto specchio d’acqua ben presto si trasformava in ghiaccio; a quel punto, col faticoso lavoro di uomini e donne, la grande e fredda lastra era tagliata in grossi blocchi. Questi erano depositati nel capanno in attesa di essere venduti o venivano direttamente trasportati, anche fuori regione, per permettere il principale loro utilizzo: la conservazione dei cibi. Attualmente l’edificio, dopo la ristrutturazione, è divenuto punto di accoglienza e informazioni a disposizione dei visitatori.
Archeologia industriale: Società Metallurgica Italiana
Continuando a seguire la statale in direzione nord, percorriamo altri dieci chilometri per toccare la successiva tappa programmata. Il paese di Campo Tizzoro fino al 1910 non esisteva. La sua nascita ebbe luogo allorché la Società Metallurgica Italiana (S.M.I.) costruì nel fondovalle, alla confluenza dei fiumi Maresca e Barldalone, un complesso industriale per la produzioni di munizioni.
Nel giro di poco più di un anno furono eretti lo stabilimento e le case per gli operai dando così vita al primo nucleo abitativo. L’attività produttiva che rappresentava una importante fonte di reddito, attrasse numerosa mano d’opera; un continuo flusso di persone che, nel tempo, si stabilirono definitivamente in prossimità dei luoghi di lavoro.
Archeologia industriale: Rifugi antiaerei più lunghi d’Europa
Oggetto della nostra visita è il Museo della S.M.I., nato del 2010 per conservare questo importante esempio di archeologia industriale. Oggi restano solo le parti forse più emozionanti: i rifugi antiaerei. Furono scavati nella roccia viva al di sotto dell’area industriale, alla profondità massima di trenta metri, per proteggere gli operai dai possibili bombardamenti. I punti di accesso ai rifugi erano costituiti da grandi strutture in cemento armato a forma di ogiva. Alla sua base si apriva una porta blindata per consentire, tramite scale elicoidali, il passaggio alle gallerie sotterranee. In tuta mimetica, il grosso proiettile puntato verso il cielo è ancora oggi visibile, superato l’ingresso principale della fabbrica.
Gli oltre due chilometri di tunnel potevano ospitare circa seimila persone. Erano dotati di illuminazione autonoma e di vari servizi essenziali quali il pronto soccorso, la cappella, l’infermeria oltre ai magazzini con i beni necessari al vettovagliamento. All’interno di questo rifugio, considerato il più lungo d’Europa, oggi si racconta la storia degli armamenti italiani; ma anche la lungimiranza dei proprietari, la famiglia Orlando, che già da allora concesse agli operai la mensa, l’asilo, lo spaccio aziendale e tutte quelle altre attività che sembrano conquiste sociali solo del nostro tempo.
Itinerario del Ferro
Lasciata la statale finora percorsa, deviamo sulla provinciale 18bis per raggiungere Maresca. Attraversiamo questo piccolo borgo che in alcuni aspetti, il rumore dell’acqua che corre in basso, i balconi fioriti e, soprattutto, il gran silenzio, trasporta per un attimo in luoghi ben più in quota e lontani. Il Fabbro-tritone, colorato murale di Andrea Casciu sulla parete esterna della piscina in via Mulin Vecchio, ci indica di aver raggiunto la nostra destinazione.
Nel piccolo casolare, evidentemente ritinteggiato di recente in un vivace color fucsia, è racchiusa, e rievocata, l’intera storia della principale attività di questo luogo. Qui, con l’aiuto della preziosa acqua, si lavorava il ferro; nel paese vi era il continuo rumore dei martelli che calavano pesantemente sull’incudine per modellare il metallo ancora rovente. Ben più possenti erano i colpi di maglio, mosso dalla forza dell’acqua, che si abbattevano sulle forme ferrose più spesse le quali, per essere modellate, avevano necessità di una forza superiore a quella delle braccia del fabbro.
Archeologia industriale: Antica Ferriera Papini
Ora, come avevamo notato in precedenza, vige un silenzio assoluto così che, per tornare a sentire i suoni di un tempo, dobbiamo varcare la soglia di quella casa color fucsia, l’Antica Ferriera Papini. È necessario qualche attimo affinché l’occhio si adatti all’oscurità interna. Grandi e piccoli ambienti di pietra si aprono quasi in ordine sparso, tutti però accomunati dall’annerimento delle superfici, evidente testimonianza dei lunghi anni nei quali la forgia ha lavorato.
Un po’ dappertutto, appesi al muro o accantonati sui tavoli, gli innumerevoli arnesi da lavoro, anch’essi in ferro, utilizzati da coloro che si sono avvicendati in quell’antro. Non mancano le prove dei lavori del fabbro che non solo produceva attrezzi utili all’agricoltura (pale, rastrelli, picconi) ma modellava anche oggetti artistici come maniglie e serrature per abitazioni.
Fabbro per qualche ora
È altresì presente la ricostruzione di un maglio in legno a grandezza naturale. Per la gioia dei visitatori è possibile assistere, o partecipare attivamente, a una mini lavorazione del ferro. Esso verrà dapprima riscaldato sulla forgia per essere, appena possibile, modellato sull’incudine fino a raggiungere la forma voluta, bloccata successivamente dall’immersione del manufatto nell’acqua fredda.
Nella vicina Pontepetri, infine, sono in funzione due ruote idrauliche, ricostruite a grandezza naturale. Una piccola centrale elettrica gestita da una ruota orizzontale in pietra e l’altra, in posizione verticale, in legno.
Il Ponte Sospeso
Lasciate alle nostre spalle il ricordo di quanto appena visto, riprendiamo la solita statale Sixty Six (ma non siamo in America) per raggiungere San Marcello Pistoiese. A quattro chilometri dal centro cittadino le indicazioni ci conducono all’ingresso del Ponte. Inaugurato nel 1923, fino al 2006 era considerata la passerella pedonale più lunga del mondo, con i suoi 227 metri. La sua costruzione si rese necessaria per permettere agli operai che lavoravano sul versante opposto rispetto a Popiglio, di raggiungere le loro fabbriche evitando uno scomodo tragitto a piedi di sei chilometri.
Attualmente il Ponte Sospeso è divenuto soltanto un’attrazione turistica in quanto, dalla sua altezza di trentasei metri, regala un’emozionante passeggiata con splendide viste sull’alveo del torrente sottostante. Va segnalato, infine, che l’intera area della Montagna Pistoiese è ricca di percorsi trekking, sentieri dedicati a cicloturisti e cammini per gli amanti del nordic walking; tutte attività a contatto con la natura ugualmente funzionali per raggiungere i luoghi indicati nel nostro itinerario, effettuato in auto.
Info: www.visitpistoia.eu – info@visitpistoia.eu