Le letture da Kipling a Forster, sull’incredibile India, conducono inevitabilmente allo scrigno più segreto e prezioso che narra le vicende di Golconda e Hyderabad, nell’Andhra Pradesh, capitale della dinastia Qutb Shah dal 1512 al 1591. I nomi stessi affascinano l’immaginario collettivo e accrescono il piacere di materializzare un ‘tableau vivant’ di apparente calma dorata nelle scene di corte. Documenti iconografici, miniature rajiput, manoscritti persiani, raffigurano in un armonioso abbinamento – tra immagini e calligrafia – ‘gli agi della vita’ nelle dimore regali: i giochi di luce degli specchietti, dei marmi policromi, sulle pareti delle stanze aperte alla frescura delle verande, il fruscio delle sete, le acconciature delle dame di corte ingioiellate di perle e pietre preziose, i turbanti e le scimitarre con impugnature tempestate di diamanti dei dignitari, il meriggio all’ombra di baldacchini, con altalene dondolanti, l’abbandono ai languidi profumi di fiori, essenze e di legni esotici, circondati da giardini e fontane zampillanti giochi d’acqua.
Miniere di preziosi nate insieme all’Himalaya
L’origine delle cosiddette ‘miniere perdute di Golconda’ è sconosciuta, ma i diamanti di Golconda originari del subcontinente indiano si sono formati durante le trasformazioni seguite alla collisione tra le placche continentali della tettonica a zolle, con la crosta oceanica Tethys scivolata sotto la piastra continentale asiatica. Un processo naturale lunghissimo che, con l’incredibile lenta progressione di soli 10 centimetri all’anno, impiegò oltre 100 di milioni di anni per innalzare la catena Himalayana; l’attività vulcanica, le erosioni, le nevi fuse e disciolte nelle pianure alluvionali, generarono a loro volta strati di kimberlite da cui vennero estratti gli splendidi diamanti. La complessa nascita di queste preziosità naturali riempie di meraviglia e stupore il visitatore che ne sente raccontare la storia. Un sub-continente formatosi nella notte dei tempi che nelle viscere ha mantenuto e trasformato i minerali che lo componevano, regalando al mondo materie prime di rara preziosità, che a loro volta sono state trasformate dall’uomo in gioielli che hanno fatto la storia del mondo.
Ciò che resta di Golconda-Hyderabad
Sono ancora visibili le tubazioni di gesso inserite nei muri che portavano l’acqua al forte. Il cortile che si estende fino ai bastioni offre una splendida vista. Un padiglione a vento con tripli piani in altezza è stato utilizzato come sala Durbar ai piedi della collina. Le vicende storico-culturali di Hyderabad s’intrecciano con la dinastia Qutub Shah durante il XV secolo, divenuto il più potente regno musulmano del Deccan. Lo Shah si coalizzò con gli altri principi musulmani per annettersi il reame indù di Vijanagar nel 1565. Le tombe dei re Qutub Shah, di stile islamico, si trovano circa un chilometro a nord del muro esterno del forte Golconda. La città seduce per i suoi vasti giardini e parchi, ricchi di sculture in pietra. Le rovine del forte della leggendaria Golconda evocano un glorioso passato, così come i cenotafi dei Qutb Sahi, ancora ben conservati.
Da Golconda le gemme più preziose
Considerato come uno dei più monumentali complessi fortificati in India, il forte di Golconda fu costruito in più epoche su una collina di granito alta 120 metri, a 11 chilometri da Hyderabad, dalla dinastia Kakatiyas. Le enormi risorse diamantifere resero Golconda celebre nella storia di tutti i tempi: i diamanti scoperti in India dal quarto secolo a.C, furono ricercati per la loro dimensione e per la loro purezza. Tra i diamanti più pregiati e noti provenienti da Golconda, oltre al diamante Regent di 137 carati che ornava la corona di Luigi XV, il diamante della speranza, Koh-i-Noor che faceva parte dei gioielli del Trono del Pavone e in seguito della corona britannica; poi i diamanti Orlov, Sanc e Hope estratti e tagliati qui; il-Darya i-Nur (mare di luce) uno dei più rari diamanti blu del peso di 186 carati, di proprietà dello Scià Nadir di Persia dopo il saccheggio dell’ultimo Grande Mughal, Aurangzeb, nel sacco di Delhi del 1739. La dinastia Qutb Shahi durò fino al 1687, quando Golconda fu espugnata dall’imperatore moghul Aurangzeb. Dopo la sua morte nel 1707, il Nizams di Hyderabad dichiarò l’indipendenza e mantenne una certa autonomia come alleato degli inglesi contro Tippu Sultan del Mysore. La parte superiore del Forte di Golconda fu costruita sul pendio orientale della collina, dentro Bala Hisar Gate; una cittadella che sale ripida fino a 425 metri. Gli edifici pubblici come l’armeria e la moschea reale (Taramati Masjid) occupavano la parte inferiore.
Un Forte composto da quattro fortezze
Golconda (Aka Golkunda) era una regione situata tra il corso inferiore del Godavari, Wainganga, Wardha e Venva, fiumi Krishna, e gli attuali Stati di Maharashtra e di Andhra Pradesh, nell’India centrale. Un ritrovamento di un idolo, per merito di un pastorello nel 12° secolo, durante il regno dei Kakatiya, rivelò la leggendaria fortezza di Golconda. Dapprima di fango, in seguito ricostruita da Qutub Shahi nel 16° secolo in una imponente fortezza di granito e successivamente distrutta dall’imperatore Mughal Aurangzeb. A Golconda in realtà s’intrecciano quattro diverse fortezze. Il muro esterno è lungo 10 chilometri, con 87 bastioni semi circolari. All’interno vi sono appartamenti reali, sale delle udienze, templi e moschee. Il punto più basso del forte è il recinto esterno da cui si può entrare attraverso la ‘Fateh Darwaza’ o Porta della Vittoria. Il padiglione ‘Hisar’ Bala è invece il punto più alto, a quasi un chilometro di distanza. La Porta Darwaza Balahisar è decorata con animali mitici e leoni su pannelli che adornano i lati di questo portale. Una serie di recinti formano la struttura principale del forte. Tra questi, i bagni rituali, le tombe della famiglia reale che si trovano prima della Porta Banjara. Le sale dei funzionari sono al primo piano, nella corte Shahi Qutab. Rovine del granaio (Ambar Khana e Bari Baoli) sono prossime alla terrazza superiore, dove sorgeva un tempio indù appartenente al periodo Kakatiya.
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