Un sindaco affettuoso, Dario Fracchia, che scherza sul suo cognome. Il paese è Sant’Ambrogio di Torino, in Val di Susa. Nelle piazze, pieni di fiori polposi e profumatici, si vedono carretti e slitte di legno, con l’avvertimento di non salirci sopra per non rischiare di cadere. Una bella chiesa con un campanile medievale, le rovine di un castello ristrutturato da architetti che diventerà albergo. Sopra, in cima al picco, la Sacra di San Michele, meravigliosa. Capolavoro di architettura medievale, monumento ispiratore del Nome della Rosa di Umberto Eco, simbolo stesso del Piemonte; non c’è altro da dire, bisogna andarci e vedere questo posto fisico e metafisico, perso nelle nebbie e insieme costruito sulla roccia. Che ha alla base, appunto nel Comune di Sant’Ambrogio di Torino, la mulattiera che porta il pellegrino all’ispirata e ispiratrice abbazia. I carretti e le slitte servivano per portare su e giù dal monastero vettovaglie ‘et similia’.
Qui, anche i morti continuano a vivere
Per arrivarci c’è una bella salita, e dopo che sei entrato nell’abbazia trovi ancora una scala impervia, perché la chiesa è sopraelevata. Una volta finito lo Scalone dei Morti – si chiama così perché un tempo c’erano ovunque tombe o forse perché davvero toglie il fiato per la fatica e la bellezza – ti senti che hai conquistato il mondo, che sei arrivato in cielo. Non c’è posto migliore per trovare l’illuminazione che in compagnia di San Michele, angelo combattente, di Sant’Ambrogio e di San Giovanni Vincenzo, fondatore della Sacra e patrono del paese. Davvero non c’è posto migliore. Volendo mischiare sacro e profano, il 27, 28 e 29 settembre a Sant’Ambrogio c’è la Sagra delle paste di Meliga, i deliziosi biscotti tipici di farina mais (meliga appunto è il nome del granturco in dialetto piemontese) e il 5 ottobre c’è Sacra Natura, una giornata sui sentieri che portano alla Sacra, che si può raggiungere a piedi, a dorso d’asino, in bici o anche attraverso la via ferrata.
Angeli costruttori
Tu stai in basso a Sant’Ambrogio di Torino, in questo dolce paesino che chiede solo di dimenticare un attimo la questione della Tav, e vedi sopra la tua testa montagne verdi di foreste e bianche di nuvole. A guardia di tutto c’è lei, la Sacra, chiamata così perché non consacrata da alcun uomo di chiesa ma direttamente dal cielo, che ha voluto che fosse proprio lì e l’ha resa sacra fin dalla prima pietra. Dice la leggenda che, quando nella notte dei tempi (siamo intorno al decimo secolo) gli umani cercarono di costruirla sul monte Caprasio, di notte gli angeli o chi per essi spostavano il materiale nel luogo scelto dal cielo per lei, il Monte Pirchiriano, che è dove essa da un millennio si trova, proprio sopra Sant’Ambrogio.