Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Viaggiatori d’altri tempi in Tuscia

Le impressioni dei viaggiatori anglosassoni che hanno percorso le strade dell’Alto Lazio e di Civita di Bagnoregio tra Cinquecento e Novecento. Ecco un estratto di questo storico Grand Tour verso Roma raccontato da Gina Crocoli nel libro “Viaggio in Tuscia”, edizioni Effigi

Civita di Bagnoregio il
Civita di Bagnoregio il “paese che muore”. Dagherrotipo del 1874. L’immagine fotografica più antica di Civita

 

La maggior parte dei viaggiatori anglosassoni fin qui citati, si recava a Roma da Firenze percorrendo la Via Francigena; attraversavano il territorio dello Stato del Papa alla frontiera di Radicofani, poi proseguivano per Acquapendente, Bolsena, Montefiascone e Viterbo.

 

Tra Bolsena e Montefiascone si trovavano Civita e Bagnorea, o Rota come si chiamava originariamente, due centri abitati sulla trasversale Tevere-Bolsena, sorti per la possibilità di un controllo integrale dei traffici est-ovest, sud-nord. Anticamente la lingua di terra, sulla quale sorge la Bagnoregio attuale, si prolungava, con lievi ondulazioni, fino a Civita stessa e oltre, degradando lentamente verso la valle del Tevere; e su di essa scorreva una strada, una delle più antiche d’Italia, che dai guadi del Tevere portava al lago di Bolsena, incrociando altrettante antichissime strade che dal mare, attraverso la valle del Fiora, la sponda est del lago o il soprastante pianoro bagnorese, portavano alla valle del Paglia e da qui all’Umbria e alla Toscana.

 

Risultano testimonianze di Bagnorea e di Civita in epoca etrusca e romana, quando il Tevere era ancora navigabile e convogli di merci venivano trasportati dall’Etruria marittima all’Etruria interna, da Cerveteri e da Tarquinia fino a Orvieto, raggiungendo anche Roma; in seguito al crollo dell’Impero Romano, Bagnorea fu dominata dalle popolazioni barbariche e conquistata da Carlo Magno che la consegnò al Papa. Nel Duecento il paese conobbe la predicazione francescana e diede i natali a colui che venne riconosciuto quale secondo fondatore dell’Ordine: San Bonaventura, ricordato da Dante nel canto XII del Paradiso.

 

Nel 1695 un devastante terremoto distrusse Civita, che fino ad allora era la Bagnorea propriamente detta, separandola, con la formazione di uno spettacolare dirupo, dalle altre contrade di Mercato e Rota. Civita non si trova, come Bolsena e Viterbo, lungo il tracciato della Cassia, ma è stata per secoli un importante borgo medievale e sede di diocesi sin dal VI sec. d.C. Costruita su un banco di tufo adagiato su una piattaforma di argilla, erosa dalle acque, Civita, per le sue caratteristiche geo-morfologiche, è stata sempre tormentata da continui terremoti che puntualmente rendevano le strade inagibili; tutto ciò ha causato un isolamento del paese dal flusso dei pellegrini e successivamente dei turisti che hanno circolato nella Tuscia durante gli ultimi cinquecento anni. Pochi viaggiatori anglosassoni, più o meno illustri, hanno menzionato Bagnorea e Civita nelle loro opere. Uno dei primi di cui abbiamo notizie è Thomas Nugent (? 1700-1772) che nel libro The Grand Tour fornisce solo una breve descrizione di Bagnorea:

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A sinistra del lago di Bolsena, si vede il piccolo paese di Bagnorea, nello Stato della Chiesa e nel distretto di Orvieto, sei miglia di quest’ultima città e da Montefiascone, e dodici miglia da Viterbo. Si tratta di una sede vescovile, ma poco popolata: Secondo Paolo Diacono fu chiamata Balneum Regis e Rhoda di Stefano e Antonino; altri suppongono che sia la Novem Pagi di Plinio […]

 

L’inglese William Davies (1830-1896), grande studioso di lingua italiana, specialmente delle opere di Dante, autore di The Shepherd’s Garden, intraprende nella primavera del 1871 un viaggio in Italia con il preciso intento di esplorare il Tevere. Le sue osservazioni intervallate da numerosi aneddoti sono state raccolte nel libro The Pilgrimage of the Tiber from its Mouth to its Source.

Nessun viaggiatore finora preso in esame si era mai soffermato in una narrazione così particolareggiata ed esaustiva su Bagnoregio e Civita e sugli usi e costumi di questi borghi tanto piccoli quanto insignificanti, dove, a quel tempo, pochi stranieri facevano la loro comparsa. In conseguenza di ciò gli abitanti erano poco ricettivi e trovare un alloggio, per un turista di passaggio, era cosa assai difficile. Pochi viaggiatori si avventuravano fuori dal percorso classico che si delineava lungo il tracciato Acquapendente, Bolsena, Montefiascone, Viterbo. […]

 

Bagnorea e Civita non compaiono che a margine nei diari di pochi viaggiatori coraggiosi, capaci di affrontare i disagi di certi itinerari fuori dalle solite rotte, come, per esempio, l’americano Egerton R. Williams che, nella prefazione all’opera Hill Towns of Italy, sembra volerci fornire una spiegazione sul motivo per il quale alcune città collinari dell’Italia centrale sono rimaste per secoli isolate dal turismo di massa.

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