Tbilisi 24 marzo 2003
Eccomi a Tbilisi, la capitale della Georgia. Un altro mondo: qui avere luce, acqua e gas è un lusso che pochi si possono permettere. Non mi aspettavo niente di tutto ciò. La povertà si può vedere ovunque: i grandi e numerosi edifici grigiastri costruiti durante l’Unione Sovietica che ospitano migliaia e migliaia di appartamenti e altrettante famiglie sono ormai in condizione di grande degrado. Le persone che ho incontrato finora, soprattutto le persone più anziane, rimpiangono l’Unione Sovietica, dicono che con il comunismo tutti avevano una casa, l’acqua sgorgava dai rubinetti e l’elettricità c’era sempre.
Tbilisi, 10 aprile 2003
Mi dispiace tanto non poter andare a visitare queste montagne immacolate, questi paesini montani che da noi in Italia forse esistevano più di cento anni fa. Là la storia si è fermata, il progresso non è arrivato. […] Tbilisi è …catastrofica! Ma ha un suo profondo fascino: non puoi non lasciarci il cuore… e promettere a te stesso che tornerai, che le cose per questa gente cambieranno, che la Georgia tornerà a essere il “granaio sovietico” e un eccezionale luogo dove trascorrere le vacanze. […] Ora la gente bighellona per strada tutto il giorno, quasi nessuno lavora, non esiste uno stipendio medio, uno vive come può: sinceramente, in che modo non l’ho ancora capito. Non esiste l’assistenza sanitaria gratuita per i cittadini e la pensione è di 6 lari al mese, cioè 6.000 delle nostre vecchie lire. La popolazione georgiana è incredibilmente ospitale e generosa: talvolta è commovente come non abbia praticamente nulla e si faccia in quattro pur di offrire qualcosa all’ospite. Non si lascia una casa georgiana senza aver bevuto un tè o un caffè e mangiato frutta, dolci o un pasto completo! […] Tra tre settimane torno a casa, ma ho già promesso a Tbilisi e alla Georgia che tornerò… e sarà un altro viaggio…
Tbilisi, 24 Settembre 2005
Sono ritornata a Tbilisi! Arrivata all’aeroporto alle tre di mattina, Manana, Nutsa e Zviad mi stavano già aspettando. Nutsa e Zviad sono i due figli della famiglia georgiana presso la quale abito. Siamo arrivati a casa verso le quattro, e come nella migliore delle tradizioni georgiane, ci sono tutta la famiglia sveglia e una mega tavola imbandita a festa ad aspettarci! All’entrata un cartellone con scritto “Benvenuta”. Tra di me ho pensato sorridendo: “Eccomi ritornata in Georgia”. Abbiamo banchettato fino alle sei del mattino: il padre, Temuri, continuava a riempire tutti i bicchieri di vino. E guai a mostrare un qualche segno di cedimento per il sonno! Sulla tavola c’era tanto cibo e tutti erano impegnati a riempirmi il piatto. Qui si mangia sempre! La famiglia è molto accogliente e affettuosa: proprio una tipica famiglia georgiana.
Yerevan (Armenia), 5 settembre 2006
Che bello il Caucaso, con le sue strade rotte, le montagne altissime e innevate, le immense distese pianeggianti e vuote; che belle le genti caucasiche con tutti i loro pregi e difetti: la loro ospitalità cordiale, calorosa e gratuita, la loro impulsività e testardaggine, la loro voglia di fare festa in ogni momento…
Tbilisi, 20 giugno 2007
Dopo quasi quattro anni di lavoro, finalmente oggi abbiamo inaugurato il Centro Culturale Italiano presso l’Università Statale “Ilia Chavchavadze” di Tbilisi. Il Centro sarà aperto a tutte le persone interessate allo studio e all’approfondimento della lingua e della cultura italiana e qui verranno realizzate attività didattiche, scientifiche e culturali.
Gori, 24 ottobre 2008
Vi scrivo da Gori, la cittadina diventata simbolo del conflitto tra Russia e Georgia. […] A prescindere dalla visione politica di essere a favore o meno dell’indipendenza delle due regioni, per la popolazione non è affatto facile scegliere da che parte stare. Ci sono migliaia e migliaia di famiglie miste che questo ennesimo conflitto ha diviso. Stare a Tbilisi o a Tskhinvali? Nessuna delle due città è sicura per chi è originario “dell’altra parte”. […] La prima volta che sono arrivata al campo che accoglieva i profughi a Gori mi sono profondamente commossa. Gori è sulla strada per Tskhinvali. Quante volte ci sono passata? Ora il mio viaggio si ferma qui, in mezzo ad altrettanta sofferenza. Tutta quella gente nelle tende da assistere e consapevole di non poter aiutare chi sta dall’altra parte di questo nuovo confine. Non importa se osseti o georgiani, le persone che soffrono e che hanno bisogno di aiuto sono tutte uguali e vanno assistite nello stesso modo. […] Il campo profughi di Gori è stato smantellato una decina di giorni fa. Dopo che i soldati russi si sono ritirati sul confine con l’Ossezia del Sud, la maggior parte della gente è rientrata nelle proprie case. Ma i problemi non sono finiti. Tutt’altro. Non tutti hanno trovato la propria casa ancora in piedi e molte case sono pesantemente danneggiate. Inoltre, le proprietà sono state saccheggiate, derubate. La gente non ha più il bestiame e ha perso i raccolti.
Di che vivrà?
Tbilisi, 8 agosto 2008
La situazione in Ossezia del Sud è deteriorata nel corso della notte. Ormai credo si possa parlare di guerra. Ieri sera un messaggio di Saakashvili alla nazione che invitava i sud-osseti a deporre le armi, poi nel corso della notte attacchi a Tskhinvali e nei villaggi intorno alla cittadina. Da parte georgiana, in uso anche le forze aeree. Per ora si parla di quindici morti e decine di feriti. La Russia ha chiesto una sessione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza ONU per questa mattina, che è ancora in corso.
Tbilisi, 11 agosto 2008
Qui in Georgia come potete immaginare la crisi umanitaria è gravissima. Inizialmente si stimavano spostamenti di 40.000 persone verso l’Ossezia del Nord e verso la restante parte della Georgia. Ora le ultime stime ci fanno pensare a 80.000 che potrebbero arrivare a 140.000 persone. Le fonti da Gori dicono che la città è stata abbandonata quasi completamente dai civili. Non sono dati ufficiali, non si possono avere, per ora, dati ufficiali. La registrazione e l’accoglienza dei profughi sono in corso a Tbilisi e nelle altre aree della Georgia. Il flusso degli sfollati è prevalentemente verso Tbilisi, dove molti hanno parenti e amici, ma i profughi si distribuiscono anche in altri villaggi. Stiamo organizzando l’assistenza umanitaria, cercando una sistemazione ai profughi in arrivo e distribuendo beni alimentari e non.
Tskhinvali è irraggiungibile e le informazioni che provengono dalla gente del posto con cui siamo in contatto raccontano di una città completamente distrutta, senza acqua, luce, gas e senza prodotti alimentari. La gente è molto impaurita e ancora chiusa nelle cantine dove ha trovato rifugio nei giorni scorsi.
Svaneti
Tbilisi, 13 agosto 2008
Medvedev ha appena dichiarato che la Russia depone le armi. Tbilisi tira un sospiro di sollievo. Questa mattina qui in città l’atmosfera era tesissima. Il rincorrersi delle informazioni contrastanti che da ieri ci arrivavano dai media georgiani, russi e internazionali hanno creato un clima di tensione – talvolta di panico – nella popolazione. Nelle strade di Tbilisi stamattina le auto erano sporadiche, nessuno passeggiava a piedi. Strano, la via sulla quale si affaccia l’ufficio dove lavoro è sempre trafficatissima, tanto che dobbiamo tenere le finestre chiuse per il rumore. I volti dei miei colleghi georgiani sono segnati dalla stanchezza per la notte insonne, e dalla preoccupazione per i figli e per il futuro del proprio Paese. Una collega mi dice in lacrime “Abbiamo paura di un’altra Grozny”. […] Poi l’annuncio ufficiale da parte russa della fine dei combattimenti. Gli amici e colleghi georgiani attorno a me ritrovano il sorriso, qualcuno anche con qualche lacrima di commozione. E si stringono – mi stringono – in un abbraccio fraterno e di liberazione dalla paura che stava crescendo giorno dopo giorno.
Le organizzazioni umanitarie stanno cercando di assistere le persone rientrate nelle proprie case, ma i problemi sono tanti e non so se riusciremo ad aiutare tutti e in tempo. Nei campi ci sono i residui di un conflitto assurdo, come del resto lo sono tutte le guerre. Bombe inesplose, mine, ordigni sparsi sul territorio dello scontro. I primi incidenti ci sono già stati. Vittime sono chi lavora nei campi e ragazzi che giocano nei prati. […] Una delle cose che mi rammarica di questa situazione è che il mondo ha conosciuto la Georgia attraverso i termini di guerra e la retorica del confronto con la Russia. Ma questo Paese non è solo conflitto: è cultura sorprendente, tradizione affascinante, natura meravigliosa e incontaminata, gente ospitale e generosa, cristianità viva.
Lugano, 25 settembre 2011
Premio internazionale Donna dell’Anno 2011, sezione Pace e Diritti Umani
“Per il suo straordinario impegno nella promozione dei valori della Pace e dei Diritti Umani e in riconoscimento alle egregi prove del Suo ingegno e del Suo sapere ed in premio all’opera svolta per il Progresso Sociale e Culturale”. Università della Pace della Svizzera Italiana
* Le foto sono di Maura Morandi e Srecko Neuman
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