Il nostro viaggio, quello vero e ammaliante, comincia a Macerata. Aattraversiamo la parte di campagna marchigiana che la separa l’autostrada A14 dal lungo e monotono tratto che unisce Bologna a Civitanova Marche. La natura si fa perdonare le fitte nebbie padane dell’inverno regalandoci una giornata tersa e benedetta dal sole.
Dopo aver visitato il lago di Caccamo dalle acque color turchese, puntiamo le forcelle verso levante. Là ci attende un luogo dal quale è impossibile non rimanere affascinati: le gole della Valnerina. La strada che si addentra nella valle è piacevole da percorrere in moto. Il panorama non delude perché man mano che ci si avventura la vegetazione muta. Al paesaggio, inizialmente agricolo, compaiono boschi di carpini, di frassini e fitte macchie verdi di lecci. Poi la Valnerina si restringe tra colline rocciose e selvagge. La gente del posto racconta che fra quelle guglie si celano numerose grotte che nei tempi antichi furono rifugio di eremiti.
Le rapide e il rafting
Nella valle scorre il fiume Nera, un corso sinuoso d’acqua fresca e limpida lungo più di cento chilometri. Il Nera, affluente del Tevere, non è mai in secca. In migliaia di secoli si è scavato pazientemente fra le rocce un letto scosceso, creando gole suggestive dove la corrente impetuosa forma rapide ideali per il rafting. All’estremità di queste gole, pare si possano ancora vedere (ma noi non abbiamo potuto ammirarle) le vestigia di un porto fluviale romano, rimasto a testimoniare la navigabilità di questo importante corso d’acqua.
Ci fermiamo dopo le gole a scambiarci opinioni sulle meraviglie appena viste, ma subito rimontiamo in sella per assaporare nuove emozioni. Dalla Valle del Nera risaliamo a Cerreto e da lì, verso ponente, prendiamo le statali 209 e 396, con l’intenzione di raggiungere i Monti Sibillini. Arriviamo a Norcia, nell’area del Parco Nazionale, dopo un percorso che sembra fatto apposta per le Harley e per i loro motori elastici (per chi non avesse mai guidato una Harley, con il motore a 2000 giri, nell’ultima marcia, la moto può riprendere con facilità senza che i pistoni “picchino in testa”).
Neanderthal a Norcia
Norcia non è solo una graziosa e seducente cittadina circondata da boschi e colline. E’ anche un luogo ricco di storia che si onora della presenza dell’uomo già nel medio Paleolitico. Lo testimoniano una decina di grotte artificiali disseminate nella zona. Il Paleolitico medio, leggiamo sui documenti del museo della città, è un periodo lontanissimo da centotrentamila a trentacinquemila anni fa. Grazie all’attenuazione della glaciazione, la vegetazione si era fatta rigogliosa e la fauna era diventata abbondante. Così, i robustissimi uomini di Neanderthal, dalle spalle larghe e dal torace possente, si erano stanziati nel territorio nursino e lo avevano dominato fino all’avvento dell’Homo sapiens sapiens.
I Sabini e la medievale Chirurgia Empirica
Ci riportiamo verso levante per avvicinarci alle famose cascate delle Marmore. Ma ora siamo veramente un po’ stanchi. Viaggiare in moto è formidabile ma piuttosto faticoso e la giornata sta volgendo al termine. La fortuna ci sorride perché troviamo un posto che oggi ci permettiamo di consigliare: è l’agriturismo “La Vaccheria” a pochi chilometri dalle cascate. Ci trattano bene e consumiamo una cena lauta e ben cucinata. Finalmente possiamo dormire. Non molto però, perché al mattino presto accendiamo quasi all’unisono i motori delle nostre moto e andiamo a vedere le cascate. E’ domenica e aprono alle undici. Sono una meraviglia della natura! Le tre Cascate delle Marmore sono una di seguito all’altra e coprono un salto di 165 metri: il più alto d’Europa. Lo spruzzo causato dall’enorme massa d’acqua che precipita da quelle altezze, è così potente che le gocce si nebulizzano e si sollevano nell’aria quasi fossero gas.
I sentieri per raggiungere una buona posizione panoramica sono cinque e noi, masochisti, scegliamo il più faticoso. E’ un sentiero ripido, a tratti naturale e a tratti costruito in legno, ma che penetra in una natura affascinante e misteriosa. La vegetazione è fitta e c’immaginiamo come sarebbe apparsa a maggio, con i fiori, o a giugno, col suo verde intenso. Di tanto in tanto appaiono grotte naturali che fanno subito pensare ad antichi abitatori, ma dobbiamo camminare per quasi un’ora senza vedere le cascate prima di coprire il dislivello di centocinquanta metri e finalmente siamo al “balcone degli innamorati”. Da lì, ci appare uno spettacolo che ci fa sentire piccoli piccoli di fronte alla maestosità della natura. Indimenticabile.
I Sabini e la medievale Chirurgia Empirica
In tempi più recenti, leggiamo, Norcia (Nursia, anticamente) è stata fondata da tribù montanare di Sabini i quali, a differenza dei propri fratelli stanziati sul territorio laziale, si erano tenuti distaccati dall’avviluppante cultura latina, mantenendo una piena autonomia almeno fino al 300 a.C., periodo in cui le legioni romane conquistarono il territorio. E per i romani non fu una passeggiata, perché i Sabini di montagna non erano fragili mammolette ma guerrieri forti e orgogliosi, anche se di fronte all’organizzazione militare di Roma furono costretti a chinare il capo. Ma è impossibile parlare di Norcia senza accennare a un fatto singolare, avvenuto nel medioevo, di grande rilievo per la Storia della Medicina: la nascita della “Chirurgia Empirica”.
La chirurgia dei barbieri
Al museo impariamo che nel Medioevo, già a partire dal 1400, la chirurgia si insegnava in università: a Pavia, per esempio, chi studiava chirurgia doveva fare un corso presso un chirurgo esperto e doveva sostenere un esame finale. Più in generale, però, la chirurgia era affidata alle “corporazioni dei barbieri”. La Chirurgia Empirica, invece, era nata per caso in piccoli paesi dove le esperienze si tramandavano di padre in figlio. La famiglia Vianeo di Tropea, in Calabria, oppure la famiglia Branca, in Sicilia, si erano specializzate in operazioni di rinoplastica che richiamavano pazienti da luoghi lontanissimi.
Ma molto prima di loro, fin dal 1200, a Norcia, a Preci (un paese distante venti chilometri) e a Cerreto, una trentina di famiglie capaci di compiere avanzate operazioni chirurgiche, come la litotomia (frantumazione dei calcoli) o l’erniotomia, lasciavano i propri paesi per prestare la loro opera dove serviva. E la “medicina ufficiale”, che si fondava sugli studi, spesso doveva arrendersi di fronte ai risultati strabilianti che i chirurghi “empirici” dei tre paesi umbri sapevano ottenere. Come avevano imparato? Non si sa con certezza, ma si pensa che l’allevamento dei suini, molto diffuso in quella zona, abbia portato non solo a operazioni di castrazione e di mattanza, ma alla cura degli animali e, di conseguenza, all’interesse per lo studio della loro anatomia.
I santi gemelli Benedetta e Scolastica
Ma la storia di Norcia ha un altro diamante di inestimabile valore. Per scoprirlo occorre abbandonarci alle spire del tempo e percorrerlo a ritroso fino all’anno 480 a.C.. All’epoca, il feroce Odoacre, capo dei mercenari germanici di stirpe Erula al soldo dei romani, si ribellò a Roma. Al comando di diversi contingenti di soldati barbari saccheggiò Pavia, marciò sulla capitale e depose l’imperatore Romolo Augustolo. Era il 476.
Quattro anni dopo, durante il pieno sconvolgimento sociale e politico dell’Impero Romano d’Occidente, nacquero a Norcia, quasi a compensare l’Italia di quella perdita, i gemelli Benedetto e Scolastica: due santi che inorgogliscono le nostre tradizioni Cristiane. Benedetto fondò l’ordine monacale dei benedettini e portò il messaggio di Cristo in tutta Europa, in un momento storico in cui i valori della civiltà erano calpestati dalla barbarie dilagante. Furono, tra l’altro, i monaci benedettini a trasformare “le marcite” di Norcia in prati fertili irrigati da un ottimo sistema di canali.
La gustosa “cicerchia”
Da Norcia le nostre moto ci portano verso i Monti Sibillini, attraverso il Parco Nazionale omonimo e dopo aver risalito pendii ancora imbiancati di neve e attraversato una spettacolare piana, arriviamo a Castelluccio di Norcia un paesello di pastori e agricoltori a 1450 metri d’altitudine, fondato nel 1200 e abbarbicato con le sue case in pietra sul cucuzzolo di una collina. Lassù si gode un panorama capace di aprirti il cuore: un’immensa prateria verde e liscia come un tavolo da biliardo e vette imbiancate, alte e selvagge intorno.
Ci fermiamo per uno spuntino a base di polenta e cicerchia. La cicerchia è un legume il cui sapore è un’appetitosa via di mezzo fra la lenticchia e il cece. Inoltre questo cibo aiuta la memoria; estratti di cicerchia sono contenuti nelle medicine che ne combattono le patologie. Ormai rara, la cicerchia è coltivata solo in piccole zone dell’Italia Centrale; Castelluccio è una di queste.
Il monte Terminillo
Dopo una mezz’ora di discesa ci rechiamo al Caffè Racer, a due passi dalle cascate: un posto che consigliamo ai motociclisti perché il proprietario è uno dei nostri. Seduti di fronte a una birra di ottima qualità, abbiamo il tutto tempo di scambiarci le nostre impressioni sul viaggio. Si rimonta in sella per tornare a ponente dove ci aspetta un nuovo indimenticabile scenario: il monte Terminillo, un massiccio montuoso del reatino, fra il Lazio e l’Abruzzo, alto fino a 2160 metri e completamente imbiancato: una di quelle meraviglie che ti fanno amare l’Italia e ti spingono a una continua e insaziabile ricerca di simili emozioni. Ci torneremo.