Nella romagnola e a me cara Bertinoro partecipo a un interessante Convegno Internazionale organizzato dalle università di Bologna, Milano e Trento e avente per tema “Il Turismo Eno-gastronomico in Italia e Spagna: linguaggi e territori da esplorare”. Me la godo davvero. E durante una “Tavola Rotonda con i Giornalisti” che mi vede immeritevolmente invitato, mi fanno pure dire la mia sulle vicende mangerecce degli italici turisti in Spagna. I partecipanti sorridono, nel mondo l’umana pietà non è poi così rara. E oltre a tante cose intelligenti da me ascoltate devo poi sommare alcune piacevoli pappate (termine mica bello per un reduce da un Convegno sul corretto linguaggio eno-gastronomico, ma si conceda un filino di licenza poetica al povero vate).
Dramma in arrivo…
E così fu. Le mie fosche previsioni si avverarono in un amen, pochi minuti ancora e cominciava il dramma. Una vicenda tragica, beh, si, un’odissea ordita ai miei danni dalla malefica Trenitalia (al secolo le ex FFSS) brandente come arma i tanto sbandierati treni AV (Alta Velocità) e qui pongo una domandina al cortese lettore: ma se mai l’Italia volesse considerarsi un Paese civile, alla stregua di altri omologhi europei, cosa c’è da vantarsi mettendo in circolazione treni che in Francia e Spagna sono ormai stufi di far girare?. Ma bando alle polemiche, e novello Omero passo al racconto che (ovviamente) più fedele di così non si può.
Le delizie post Convegno
A Forlimpopoli, in romagnolo “Frampùl”, cene a Casa Artusi e all’Osteria l’Aldiquà; e a Bertinoro, non solo per non interrompere una ormai pluriennale non meno che piacevole tradizione, eccomi “en solitario” alla “Ustarì dla Benilde” per degustare le sue fantastiche “Tajadèl” (due piatti con opzione per il terzo). Ma anche l’occhio vuole la sua parte, ed eccomi pertanto ammirare il luogo del Convegno, la Rocca Castello di Bertinoro (da inizio secolo sede distaccata dell’università della Dotta Bulàgna) storico non meno che bell’edificio medioevale dominante i dolci colli dell’appennino romagnolo.
E poco più sotto resto sorpreso da un Centro Residenziale Universitario, un ex seminario di suggestiva eleganza (in Spagna sarebbe un Parador, in Portogallo una Pousada). Sì tanto amene, suesposte sensazioni, ho goduto in meno di tre giorni. Troppa grazia tutta ‘sta felicità, per certo – mi viene da pensare mentre Gloria, leggiadra sorella di sangue nerazzurro mi conduce alla stazione di Forlì – non potendosi vivere soltanto di “toujours perdrix” qualche evento negativo bilancerà, amareggerà il giulebbe delle belle cose testè vissute.
Cronistoria ferroviaria
Ore 13 di sabato 5 dicembre, stazione di Forlì: chiedo un biglietto per andare a Milano e la bigliettaia mi dice che arriverò dopo le 18. Mio stupore e lei scortesemente (unica “burdèla” romagnola non allegra e sorridente) mi sgrida per essermi espresso male (ma quando mai!) avendo chiesto di tornare a casa senza cambiare treno.
Si arriva a un armistizio mediante acquisto da parte mia di un biglietto Forlì-Bologna da 5 euro (viaggio in 2a, non sono avaro, sono povero) con arrivo alle 14,23; dopodiché colà passerò su un AV (al secolo: Frecciarossa) che, in arrivo da Roma, prosegue per Milano alle 15,24. Costo della tratta Bologna-Milano, euro 39,80 (quasi 80.000 lire, roba che col low-cost vado e vengo quattro volte a/da Madrid). Arrivo in orario (evviva!) a Bologna alle 14,23; vedo un treno simile all’AV e chiedo al “capo” dove va e lui mi dice Milano, allora io (non senza mandare a – faccia il lettore – quella balossa della bigliettaia di Forlì perché c’era la connection per prendere questo treno invece di farmi stare un’ora a Bologna) gli chiedo se invece di aspettare le 15,24 posso salire su questo treno.
Ma lui mi dice che: 1) non mi garantisce il posto a sedere e 2) devo pagare 8 euro per “costo pratica”. Mi va bene il punto 1) ma mi incazzo sul punto 2) (o grulli di ex FFSS che siete mai: accetto di stare in piedi, non do fastidio, libero un posto prenotato sul treno successivo e voi che fate? mi chiedete altra lira, moh vè!). Morale: aspetto il mio treno passeggiando, ma improvvisamente le Forze dell’Ordine iniziano una sorta di pulizia etnica cacciando dal marciapiede principale moltitudini di viaggiatori (siamo in pieno Ponte della Madonna) per far posto agli invitati (ministri, boiardi, vip, nani e ballerine) all’inaugurazione della linea Torino-Milano- Roma-Salerno (pensierino dello scrivente: ma, poveri pirla, mica potevate fare ‘sta festa in un giorno feriale invece di rompere le balle a tanti poveri transeunti in un giorno di megatraffico?).
Eccomi sul Frecciarossa!
Ore 15,24; mi imbarco e parto finalmente sull’AV per Milano. Che treno ragazzi! Hanno ragione: sembra di stare fermi! Ed è proprio così perché, appena partito, l’Altamente Veloce si ferma in mezzo ai campi e lì restiamo mezz’ora, lodevolmente avvertiti da un sedicente manager del treno, che, con l’annuncio via microfono cominciò e finì il suo rapporto professionale con l’utenza; nel senso che mica si fece più sentire o vedere, fosse solo per venire a bucare il mio ticket da 39 euro e 80. Dopodiché, ripartito ma non pago della mora già accumulata, l’AV vi aggiunge un’altra mezz’ora, talché si arriva a Milano alle 17,26 (dello stesso giorno) con un esatto ritardo di 57 minuti (a fronte della sbandierata ora e 15’ di viaggio; mica male, mica). Con due siparietti e un Grand Galop finale.
Siparietti vari e Grand Galop finale
Primo siparietto. Il treno (ormai non più AV) ferma (pure) alla stazione (stop non previsto: è solo l’ennesimo semaforo rosso) di Lambrate e a quel punto i miei compagni di viaggio extracomunitari (romeni e romani) si affannano a scendere, bloccati però dall’autore di queste righe, provvido informatore dell’esistenza di Milano Centrale. Secondo siparietto. Prima dell’arrivo una femminile vocina microfonica ringrazia i ritardati “per aver scelto Trenitalia” e fu lì che lo scrivente non potendone più (e furteggiato di 39 euro virgola 80) urla “Noi non abbiamo scelto un “coño” per il semplice fatto che voi siete un monopolio, e pertanto abbiamo dovuto accettarvi, barboni!” (vibranti applausi da tutto il vagone). Grand Galop finale alla Stazione Centrale: mezz’ora per arrivare al metrò perché anche qui “potenti, nani e ballerine” avevano pensato bene di far festa (passaggio AV da Torino a Bologna) fosse solo per incasinare (come a Bologna, pulizia etnica, chiusura di passaggi e marciapiedi, proteste della folla, ma tanto, poi, li votano sempre) e rompere le palle a mezzo Paese in pieno spostamento da inizio Ponte. Andare a lamentare il ritardo e chiedere rimborso? Ma mi faccia il piacere: c’era una coda da due ore e mezza di (ulteriore) ritardo (nell’arrivare a casina).
AV? Ma và a dà via i ciàpp!!!