L’editor padrone Pietro mi fa: “Vuoi andare in Val d’Aosta per una gita?”. E io: “sì”. E a proposito di andare in giro, l’ho già chiarito svariate volte e non mi stufo di ripeterlo: premesso che non si può mica andare sempre, e solo, in Amazzonia o in Papua Nuova Guinea, si “viaggia” anche facendo il giro dell’isolato di casa nostra, l’importante è quel che guardi e come sai guardarlo nonché ragionarvi sopra. La Val d’Aosta, poi, è terra, anzi montagna, a me cara (salvo Saint Vincent nel cui Casinò de la Vallèe ho consumato alla roulette notti e danèe nonostante la certezza di avere i numeri giusti, che poi lo erano davvero, ma per i padroni delle bische, a quei tempi, nel Belpaese, solo quattro, adesso qualche decina di migliaia, con lo Stato che – come dicono a Genova – ci ha sua convenienza, vabbè pecunia non olet e il Tar che li difende pure).
Una tour leader impeccabile
Per farla breve, come breve fu la gita, giornaliera (ma anche a questo proposito ribadisco che più della quantità conta l’intensità) mi trovo alla milanese stazione metrò di Pagano e, prima di salire a bordo del pullmino, presentandomi conosco l’Alessandra Agostini. Una giovane signora dall’importante origine (Treviglio, patria del grande nerazzurro Giacinto Facchetti, al secolo Fachetùn) e vivace il giusto per risultare proteiforme. Oltre che diva suprema della AT Comunicazioni e quindi organizzatrice della gita per conto dei valdostani, l’Alessandra ha infatti proficuamente operato come tour leader della trasferta, speaker nelle presentazioni e infine supervisor della gita di un cagnetto (tipo quello che – gli over 70 ricorderanno certamente – dirigeva l’orchestra in braccio a Xavier Cugat hombre di quella gran gnocca dell’Abbe Lane) portato a far pipì in Val d’Aosta (ça va sans dire debitamente ingabbiato) da un giovane scriba evidentemente cinofilo (e pure cinefilo, avendo montato una minitelecamera sulla minigroppa del minicane di modo che il miniquadrupede zampettava agile tra i megamonti imitando Fellini).
Tappa a Nus e Gressan
La gita valdostana agli ordini della balda Alessandra ha avuto come mèta (con motivazioni in prevalenza gastronomiche, né si sarebbe potuto andare anche a sciare, non tanto per la scarsità di tempo quanto per l’autunnale assenza di neve) due località, Nus, poco prima di Aosta, e Gressan, oltrepassata di poco la capitale della francofona valle (per gli sciovinisti sudditi di quel birichino di Hollande, però, tra il monte Bianco e Pont Saint Martin non si parla la loro nobile langue bensì solo un patois, dialetto). E alla romana Augusta (di qui il nome) Pretoria Salassorum, agli amanti del folklore tipico e genuino (anche se pure lì non manca ormai la ciuffa made in China o Vietnam), suggerisco una visita a fine gennaio in occasione della vecchissima non meno che tradizionale Fiera di Sant’Orso. Si divertiranno, e in caso di freddo (garantito) vai con generose trangugiate di Caffè alla Valdostana (quello, per intenderci, che si fa nella tipica Grolla) e/o – quante ciucche – di GrigioVerde (Grappa e Genepy, ok quello della Ottoz, la famiglia di Edy, grande corridore ostacolista).