Per andare in montagna d’estate servono poche, anzi pochissime, regole di prudenza. Consigli che figurano nei vecchi manifesti del Club Alpino Italiano, di quelli in bianco e nero che si trovano ancora nei rifugi e che, dati alla mano, non sono seguiti proprio da tutti. Questo registra il Cnsas, Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico, che spesso interviene per incidenti dovuti a errori banali. Prima di partire per un trekking in quota o anche solo una passeggiata di poche ore è bene quindi prepararsi a un check in.
Prima di tutto, non andare da soli. Anche l’escursione più facile è sicura se è condivisa, meglio se da almeno tre persone: se uno del gruppo dovesse cadere o avere un malessere, il secondo può assisterlo e il terzo allontanarsi per chiedere aiuto. La seconda indicazione, spesso non praticata, è quella di comunicare al rifugista e a valle dove si va e quando si prevede di tornare. Attenzione, ricorda il Soccorso Alpino: si devono dare informazioni precise, su destinazioni e percorsi, in modo da dare la possibilità concreta, in caso di un eventuale soccorso, di localizzarci.
Occhio a fulmini e temporali
Controllare l’itinerario e se il grado di difficoltà corrisponde alle proprie forze è quasi scontato; mai quanto il consiglio di informarsi sul meteo. D’estate i temporali sono molto più probabili nelle ore del pomeriggio; vale quindi la vecchia massima del Cai, “andare presto, tornare presto”. Se invece ci si trova già nel bel mezzo di un temporale la giacca a vento e il k-way riposti in fondo allo zaino saranno decisivi: come un cambio di abbigliamento e calzature adatte. Quello che proprio non si può evitare, con tutta la prudenza del caso, è il rischio di fulmini: molto poco frequenti, osservano al Soccorso Alpino, ma possibili. Il consiglio è il consueto, non ripararsi sotto un albero isolato, allontanarsi, quando si può, da vie ferrate.
I percorsi che deviano dai sentieri tracciati sono da evitare, almeno per gli escursionisti meno esperti.
“Non lasciare a casa il buon senso” è il consiglio ribadito da Giulio Frangioni, del Cnsas di Milano, “I nostri ambienti quotidiani sono protetti, dobbiamo ricordarci che in montagna, invece, il contesto è completamente diverso”.
Scivolate, malori e smarrimenti
Questi consigli sembrano ovvi ma se si guardano i dati degli interventi del Soccorso Alpino si scopre che vanno tuttora ben divulgati. Il 45 per cento delle cause di incidente in montagna è dovuto a cadute, “più o meno banali, scivolate su ogni tipo di terreno”, recita il rapporto Cnsas del 2007. Seguono i malori e contrattempi dovuti “a inesperienza e incapacità”, come la perdita di orientamento. Per la precisione, le cadute sono il 35 per cento degli incidenti; i malori il 16,7 per cento, le scivolate l’8,7 per cento, gli smarrimenti il 7,4 per cento, i ritardi il 7 per cento. I dati si riferiscono a uno studio annuale, che considera il numero degli incidenti d’estate e d’inverno, ma i picchi più alti si registrano nei mesi da giugno ad agosto e durante il fine settimana. Il Soccorso Alpino registra in un solo rapporto gli interventi in aiuto di alpinisti ed escursionisti; sempre più spesso, però, si occupa dei secondi, più numerosi e meno abili.
Chi sia alle prime armi nell’attività di trekking e voglia affidarsi a un amico più esperto fa dunque un’ottima scelta, a patto di considerare un’ultima regola: mai seguire un consiglio senza spirito critico e non farsi tentare dall’ansia di prestazione. Gli imprudenti, anche tra i praticanti più assidui della montagna, non mancano.