“Quando si naviga con me, non si prende mai mare…”. Chi è l’autore di così perentoria affermazione? Naturalmente colui al quale è demandato il compito di far scivolare in acque sicure non una barca a vela, un motoscafo o una pilotina, bensì una grossa nave-ferry qual è la Sorrento. Acque sicure anche quando il Tirreno si autoconvince di essere oceano e, sotto la sferza dei venti, cresce e ondeggia paurosamente.
Il , occhiali da sole a nascondere occhi indagatori, due ciuffetti sale e pepe – uno sotto il labbro inferiore, l’altro sul mento – sorride compiaciuto per quanto ha appena detto.
Nel viaggio verso Tolone, con un mare che in quanto a turbolenze assomiglia alle acque del Trasimeno, costeggerà la costa toscana, passando fra l’Argentario e il Giglio, piegando poi a sinistra – senza inciampare nella Capraia o in Montecristo – per avvicinarsi alla Corsica e da qui puntare deciso verso Tolone.
Col mare-oceano, invece, il tragitto si allunga tenendosi in relativo contatto con l’arco disegnato dal golfo Ligure. Dipende dal clima, dunque, e ovviamente dal mare. Ma con questo Comandante alto, dai tratti amichevoli che suggeriscono tuttavia grande rispetto, cordiale e pirotecnico con le sue imprevedibili uscite verbali e allo stesso tempo serio e deciso nell’impartire ordini e istruzioni, il piacere della traversata è assicurato.
Nell’oscurità del Tirreno
Notte stellata, clima piacevole, luci della costa quasi sempre a portata di vista. Dalla nave lo sguardo spazia libero verso i piccoli bagliori elettrici del Lazio e della Toscana.
A sinistra la massa scura del Giglio accompagna per lungo tratto l’avanzata del traghetto.
Sul ponte superiore, la cui pavimentazione sintetica di un verde intenso richiama l’idea di un prato, la brezza e il buio tengono buona compagnia. Tra un tiro e l’altro di sigaro – qui si può, non così negli altri locali della Sorrento – rifletto sulle considerazioni “filosofiche” del Comandante, esternate nella luminosa plancia di comando poco dopo la partenza da Civitavecchia.
La vita di mare è quello che è, lo sappiamo. Un continuo peregrinare da un porto all’altro, un vivo desiderio di ritorno a casa che vira poi inevitabilmente verso un insopprimibile bisogno di partenza, perché è sul mare che ci si sente a proprio agio. Grande o piccolo che sia, rappresenta l’evasione dagli angusti confini terreni, l’avventura per l’anima – in compagnia del fragoroso rumore del silenzio – per coltivare con impegno i propri pensieri.
Mario Avvinto non ha dubbi. Avendo a disposizione una nuova esistenza, la spenderebbe nuovamente sulle onde. Accarezza l’idea, una volta in pensione (ma potranno i marinai adattarsi alla quiete inoperosa imposta per legge?) di iscriversi a psicologia. Sarebbe come dire che ufficializzerà con un “pezzo di carta” il sapere per una disciplina che, giorno dopo giorno, applica concretamente nello svolgimento delle sue mansioni. Pochi e chiari i concetti che ha adottato e che mette in pratica: “prevenzione” (giocare d’anticipo); “manutenzione” (conservare, uomini come cose, in buona efficienza) e “spirito di corpo”
(indispensabile). I tre mesi di navigazione continua, scorrono lenti all’inizio, quindi pare che volino, per non passare mai verso la fine. Così come la “saudade” (proprio così, alla brasiliana!) è forte quando si lascia casa, si attenua e scompare in seguito, per lasciare il posto a uno stato di intima trepidazione nei giorni che precedono il ritorno.
Così si racconta Mario Avvinto, Comandante della Sorrento.
Vita di bordo
Un altro Commissario donna, sul Ferry della Grimaldi. E’ Anna Cecco, campana di Trecase. Non le piaceva volare con Alitalia ed è passata al mare. Ai mari del mondo, sarebbe meglio dire. Negli anni novanta con le navi da crociera della Flotta Lauro, come “tour manager” per le escursioni a terra. Quindi sulla Achille Lauro, nave di lusso sulle rotte per Cuba; in seguito sui traghetti della Corsica Ferries. Da tre anni è con la Grimaldi, Commissario di bordo, grazie anche all’ottima conoscenza del francese.
Gentile, amichevole, premurosa, si prende cura dei viaggiatori e del personale imbarcato, prevenendo per quanto possibile i capricci dei primi e le spigolosità dei secondi.
La Civitavecchia-Tolone è una linea tranquilla e tranquilli sono anche gli utenti, passeggeri come autisti di Tir. Il personale sfiora le cinquanta unità e la nave può trasportare al massimo cinquecento persone, con una presenza media di duecento viaggiatori. Sul Ferry vengono imbarcate auto (Citroen, Fiat, oltre a quelle di chi viaggia) e merce di vario genere: alimentari, detersivi, materiale plastico, camion frigo; persino i cavalli da corsa! La Sorrento è una piccola bomboniera; bei locali luminosi, un ampio e “gustoso” self-service (il sogno femminile di Anna è di dare spazio a un piccolo ristorantino) sale da gioco e televisione, boutique; tutto quello che occorre, insomma, per rendere gradevole il tragitto Italia-Francia e ritorno.
Nessuna particolare “emozione”, insomma? Come no! Quando è salito a bordo, per girare uno spot promozionale, nientemeno che Raoul Bova!
Nella rada di Tolone
E’ giorno pieno quando la nave entra nella rada di Tolone. Una rada vastissima, zeppa di moli, di altri porti compresi nel grande porto, a seconda delle navi che ospitano: navi militari, mercantili, navi da crociera. Quando arriviamo è alla fonda anche l’Amerigo Vespucci, celebre nave-scuola italiana, qui giunta per un raduno di altri navigli di diversi Paesi e dalla medesima funzione.
Appuntamento in plancia di comando, per osservare con attenzione lo “scivolio” lento e sicuro della Sorrento verso il molo a lei destinato. Arriva un veloce motoscafo dal quale sbarca, arrampicandosi agile sulla scaletta che gli è stata aperta sul fianco della nave, il pilota del porto di Tolone (ogni porto ne ha uno o più di uno). E’ la persona che sovrintende per consuetudine alle manovre di avvicinamento, osservanza delle regole e attracco finale di ogni natante. Nel caso della Sorrento, è una simpatica rimpatriata! Monsieur Jean Louis Batù è un vecchio amico del Comandante Avvinto. Ogni arrivo vede quai sempre la stessa cerimonia: uno scambio di bottiglie di vino (vini italiani e francesi, naturalmente) assieme al “lancio” dell’immancabile sfida: se cioè la manovra di avvicinamento al molo sarà più o meno perfetta. Che vuol dire, in altre parole, fare in modo che la “pancia” della nave si accosti il più possibile alla banchina, senza toccarla. Ho assistito all’ennesima vittoria del Comandante Avvinto. Cincin! Votre santé!
Le voci del mare
La nave lascia il porto. E’ già buio. Le luci della costa prima l’accompagnano per un lungo tratto, allontanandosi poi man mano che si guadagna il largo.
Chissà se, dal capitano che tutto sovrintende, ai marinai che l’assecondano, sono note le riflessioni di Federico Garcia Lorca: Quando spunta la luna / il mare ricopre la terra / mentre il cuore si sente / un’isola nell’infinito. Deve proprio essere questo, il “sentire” dei naviganti; un muscolo che palpita, scosso da mille emozioni terrene, sospeso ora sulla gran massa d’acqua, quasi placato, cullato, dallo sciabordio delle onde che accarezzano la chiglia. Sentimenti comuni anche ai “non naviganti” per professione, come testimoniano le parole di Johann Wolfgang Goethe: Non si ristora forse il dolce sole / nel mare, e così anche la luna? / Il loro volto, respirando l’onda / non risale più bello? / Non ti alletta il cielo profondo, / l’azzurro che nell’acqua trascolora? Poi, quando l’oscurità tutto avvolge, anche in presenza della luce fioca delle stelle, l’occhio vigile del nostromo avverte il movimento delle onde che si fa più intenso. Ci ha pensato Gabriele D’Annunzio, che così descrive questo repentino e avvertibile mutamento della superficie marina:
Il mare / sembra trascolorare. / S’argenta? S’oscura? / A un tratto / come colpo dismaglia / l’arme, la forza / del vento l’intacca. Rotti a mille esperienze di navigazione e avvezzi alle bizze del mare, i marinai ostentano sicurezza. Forse qualcuno meno di altri, magari. Marinai giovani, inesperti, per i quali valgono le riflessioni di Eugenio Montale, poeta ligure di terra, che così paventa: Come allora oggi in tua presenza mi impietra, / mare, ma non più degno / mi credo del solenne ammonimento / del tuo respiro.
Il “respiro” del mare: possente, assoluto, così lontano dalle tiepide certezze d’equilibrio che ostentiamo sulla terraferma. Forse, i marinai trovano consolazione e coraggio nei versi scritti da George Byron: Ondeggia, Oceano nella tua cupa / e azzurra immensità. / A migliaia le navi ti percorrono invano; / L’uomo traccia sulla terra i confini, / apportatori di sventure, / ma il suo potere ha termine sulle coste.
E l’uomo di mare, per gran parte della propria esistenza lontano dalle coste, avverte questo senso di libertà interiore più di ogni altro essere vivente, ad eccezione delle creature marine che pure si assoggettano a inconvenienti di vario genere, come quelli simpaticamente ricordati dal fantasioso Gianni Rodari: Il pesce martello è disperato: / un pesce-incudine non ha trovato; / non ha trovato in alcun modo / né un pesce-muro né un pesce-chiodo; / non una volta gli succede / di schiacciare un pesce-piede / e nemmeno si è mai sentito / che abbia ammaccato un pesce-dito. / Perciò si lamenta: Che ci sto a fare / se non ho niente da martellare? Pieni di acquatica comprensione per le disavventure del pesce martello, la navigazione prosegue.
Poi si fa giorno. E con la luce del sole risuonano festosi i versi di Antonio Machado: Il mare ribolle e canta, / il mare è un sogno sonoro / sotto il sole d’aprile. / Il mare ribolle e ride. / Palpita il gabbiano nell’aria assopita e al tardo / sonnolento volare, si spicca e si perde nella foschia del sole.
Con l’approssimarsi dell’approdo, il mare si riappropria di situazioni che l’accomunano alla terra. Come quando, con le parole di Salvatore Quasimodo, arriva a morire sulla costa: Già da più notti s’ode ancora il mare, / lieve, su e giù, lungo le sabbie lisce. / Eco d’una voce chiusa nella mente / che risale dal tempo.
I marinai scendono a terra; ciascuno di loro ha il proprio porto preferito e (forse) una donna che l’aspetta. Non tutti avranno occhi per quella linea di confine tra l’asciutto e il bagnato, che tanto ha
colpito Pablo Neruda: Fra le cose che il mare getta / cerchiamo le più dissecate, / zampe violette di
gamberi, / testine di pesci morti, / soavi sillabe di legno, / piccoli paesi di perla, / cerchiamo ciò che il mare ha sfatto / con inutile insistenza, / ciò che ha rotto e squassato / e abbandonato per noi.
A sera, si ritornerà a bordo, per l’ennesima traversata, per il continuo dialogo con le onde, attenti come sempre a svolgere al meglio il proprio lavoro. E se qualche momento di sconforto attraverserà l’animo
del marinaio, la consolazione potrà venirgli dai versi di Charles Baudelaire: Sempre il mare, uomo
libero, amerai! / Perché il mare è il tuo specchio; tu contempli / nell’infinito svolgersi dell’onda / l’anima tua, e un abisso è il tuo spirito / non meno amaro.
Tolone e la sua “Marina Nazionale”
Dove, per “Marine Nationale”, si intende il gran porto militare, vero orgoglio degli abitanti di Tolone, carico di storia e di avvenimenti com’è.
La città, che si articola lungo le rientranze della sua famosa rada, si sviluppa tutt’attorno al primo nucleo abitativo, fatto di vecchie case alte dai portoncini d’ingresso minuti, dalle molte finestrelle che occhieggiano su vie strette e ombrose, dall’intersecarsi di vicoli e piccoli spiazzi che danno l’idea di trovarsi in un paesino dove tutti, appena messo il naso fuori dall’uscio, conoscono tutti.
Cittadina tipica di mare, la città vecchia, ora soggetta ad un accurato piano di recupero architettonico.
Quello esterno è già visibile e gradevole alla vista: tinte pastello, fiori alle finestre, boutique e negozi dove un tempo, forse, esistevano botteghe di falegnami e ciabattini. La “vieux ville” possiede un’altra
caratteristica di piacevole impatto visivo per i turisti che la visitano, specie nella stagione calda. Sono infatti ben 82 le fontane, delle quali 26 ornamentali, sparpagliate per le vie e le piazze del
centro storico..
Fra le mete da non perdere, oltre ad un girovagare rilassato nella vasta area pedonale, vi sono la Cattedrale, il cui nucleo originale risale al V° secolo; la bella piazza Raimu, rettangolare, con fontana-piscina e palme, insieme alla statua dedicata all’attore che dà il nome alla piazza, Il Museo della Vecchia Tolone (stampe, vecchie mappe, libri, documenti ecc.) che racconta la nascita e lo sviluppo nel tempo di questa simpatica città. Il tocco finale può essere una scappata in teleferica sul vicino Monte Faron, dal quale si gode una vista stupenda sulla città, sulla grande rada, sino alle isole prossime alla costa.
E si nota inoltre come Tolone si sia espansa in ogni direzione, destino comune alle grandi città. Qui, se
non altro, c’è sempre il mare, ad unire i destini della capitale del Var.