Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Nubia, l’altra metà del Sudan

La regione a nord di Karthoum è ben diversa dal devastato Darfur. Lungo il Nilo vive un popolo che un tempo ha conquistato l’Egitto dei Faraoni e ha respinto Assiri e Arabi. La costruzione di tre dighe ne minaccia oggi l’orgogliosa autonomia

Nubia Case con decorazioni
Case con decorazioni

Che “salam alekum” voglia dire “pace a voi”, lo sanno tutti. Che gli arabi ripetano l’augurio ogni due per tre, è altrettanto noto: tanto che di fatto “salam alekum” è diventato un saluto generico, come da noi “buongiorno”. Ma stupisce sentirselo dire a Nawri da una donna sorridente, davanti a una porta dipinta a fiori, mentre sullo sfondo passa uno stormo di bianchi aironi guardabuoi. Motivo dello stupore: Nawri è un villaggio dell’Alta Nubia, la regione più a nord del Sudan, un Paese che di “salam”, nell’ultimo mezzo secolo, ne ha avuta poca. L’ultima guerra è in atto nel Darfur, regione dell’Ovest. Le immagini in arrivo da laggiù sono atroci: milizie scatenate, paesi bruciati, civili in fuga. Tutto ciò è drammaticamente vero, ma anche la pacifica Nubia è una realtà. Perché stupirsi del contrasto? Il Sudan è vasto nove volte l’Italia: tra Geneina, epicentro della tragedia del Darfur, e Wadi Halfa, porto nubiano sul Nilo, corrono milletrecentocinquanta chilometri in linea d’aria: come tra l’Adriatico e i Paesi Baschi. Nessuno, quando a Bilbao scoppiavano le bombe, si stupiva di vedere tranquilli pescatori a Caorle.

Tra deserto e fiume

Nubia Venditori di bestiame
Venditori di bestiame

Un viaggio alla scoperta dell’altra metà del Sudan, quella dove “salam” non è solo un augurio, parte per forza da Khartoum, arruffata capitale che si affaccia sulla confluenza tra i due bracci principali del Nilo: l’Azzurro, che scende dagli altipiani etiopici e il Bianco, in arrivo dal Lago Vittoria, nel cuore dell’Africa Nera.
Ma presto la città scompare e il fiume anche. A nord di Khartoum, infatti, il Nilo divaga con un percorso a “S” che è ozioso seguire: l’itinerario per la Nubia corre su una strada asfaltata che taglia un deserto piatto e rossastro. Va avanti per mezza giornata, la sabbia rossa: a interromperla ci sono solo i miraggi, che nelle ore più calde dilagano. Poi d’improvviso riappare all’orizzonte una striscia verde: è il corridoio di campi e palmeti che corre lungo il Nilo. Ritroviamo il fiume a El Ghaba, un quieto paesone agricolo dove approda una chiatta che collega le due sponde trasportando di tutto: auto, camion, uomini, asini e cammelli.  La chiamano “ponton”, perché fa le veci di un ponte. Sbarchiamo sull’altra riva quando è già buio e ci accampiamo sotto una duna. Solo il mattino dopo la Nubia si rivela in tutto il suo sobrio ma potente fascino. Poco oltre la nostra duna il Nilo scorre pigramente tra i palmeti; qua e là spuntano villaggi candidi e intorno al nostro campo si stendono le rovine di un’antica città, Old Dongola: un monastero, due chiese, fondamenta di case e soprattutto varie “kubba”, tombe ogivali dove sono sepolti personaggi in odore di santità. Oggi Old Dongola non ha più un abitante, ma i suoi resti narrano una storia gloriosa e poco nota, che a tratti sembra una favola. Eccola.

La Nubia dei re neri

Un villaggio sul Nilo
Un villaggio sul Nilo

C’era una volta, cioè da quindici a sette secoli fa, il Regno di Makuria, un grande Stato cristiano lontano dal resto del mondo, che si spartiva l’Alto Nilo con altri due regni gemelli: Nobatia e Alodia. I suoi abitanti producevano orzo, datteri, oro e tessuti. I suoi re avevano la pelle nera ma portavano nomi ebraici o greci: Zakharias e Moises, Georgios e Basileios. I suoi soldati erano ottimi arcieri, i suoi pittori dipingevano discreti affreschi e i suoi architetti costruivano chiese coperte da maxi-cupole ogivali, simili alle “kubba” che sono giunte fino a noi.  La capitale della Makuria era appunto Old Dongola. Fu lì che nell’anno 652 un re nero, che forse si chiamava Merkurios, ricevette una notizia allarmante: da nord risalivano il Nilo truppe arabe, decise a convertire la Nubia all’Islam “manu militari”, così come già avevano fatto con l’Egitto. Il re invocò l’arcangelo Gabriele, partì coi suoi arcieri e ricacciò gli invasori, impresa che fino ad allora non era mai riuscita a nessuno. Così gli arabi vennero a miti consigli, diventando buoni vicini. E Makuria restò indipendente e cristiana per altri seicentocinquantanni.
Un miracolo? Forse sì; ma a compierlo, più che l’arcangelo Gabriele, fu quella orgogliosa tenacia con cui i Nubiani hanno sempre difeso la loro identità autonoma, fino ai nostri giorni. Certo, oggi intorno a Old Dongola tutti sono musulmani; ma la conversione all’Islam è stata tardiva e non forzata. E ancor oggi quello della Nubia è un Islam dolce, accogliente, che non vieta alle donne di sorridere a uno straniero, né di farsi fotografare sulla porta di casa, né di ricevere i passanti assetati per offrire loro una tazza di carcadè.

LEGGI ANCHE  Nel Tarantino tra gravine e chiese rupestri
Condividi sui social: