Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Shenzhen, figlia di Hong Kong

Città-modello, voluta da Deng Xiaoping trent’anni fa, Shenzhen è oggi una metropoli, con trenta milioni di abitanti, al confine con i Nuovi Territori di Hong Kong e a pochi chilometri dalla mitica Canton (ora Guangzhou) bagnata dal Fiume delle Perle

Copricuscino con i giorni della settimana
Copricuscino con i giorni della settimana

Direttamente dall’aeroporto di Hong Kong, si può salire a bordo di comodi autobus che per centocinquanta dollari di Hong Kong, circa quindici euro, ti portano fino a Shenzhen, una delle maggiori metropoli cinesi.
Si parte, si costeggia la ferrovia e subito appaiono alcuni spaventosi grattacieli, altissimi e stretti, che non si capisce come facciano a stare in  piedi. Sono isolati nel nulla intorno all’aeroporto.
Poi si punta a nord, appaiono villaggi e navi-piattaforma per il trasporto della terra che andrà a sostituire l’acqua da qualche parte per costruirvi sopra nuovi edifici.
Si attraversa la baia su un bellissimo ponte e si tocca la terraferma.
Poi un lunghissimo tunnel. La guida è a sinistra, ma in Cina si cambierà per la destra, come da noi. Svettano solo i pali dell’alta tensione che sembrano lo scheletro di antiche pagode. I passaggi di frontiera e i controlli doganali sono veloci, ma ogni volta bisogna scendere e risalire dagli autobus, anche con i bagagli.

Megacittà a contatto di gomito

Traffico nella Yunnan Road
Traffico nella Yunnan Road

Finalmente in terra cinese, una schiera di fanciulle frenetiche ti si affollano intorno, ti chiedono dove vai, ti portano a un minibus e via verso l’albergo.
La città di Shenzhen è immensa. In estate il caldo afoso provoca una densa foschia che impedisce quasi di vedere gli edifici sull’altro lato delle strade.
Dappertutto ci sono giardini esagerati con felci gigantesche aggrappate ai tronchi delle palme e interi prati di agavi violacee.
Ancor prima di Shanghai e di Pechino, Shenzhen è stata moderna e anomala nel quadro della Cina post maoista, fin dalla sua origine, quando Den Xiaoping decise, nel 1980, di farne una metropoli in grado di tenere testa alla vicina Hong Kong.
Ecco allora la costruzione di grattacieli in stile Seattle e palazzi simil-moscoviti con portici neoclassici e immancabili tetti a pagoda; ecco ancora l’apertura di grandi “avenue” costeggiate da ampie zone a verde, alberghi megagalattici, ristoranti, parchi tematici come la “Splendida Cina” (un ritratto orografico e monumentale del Paese) e la “Finestra sul Mondo” (la ricostruzione in scala dei principali monumenti mondiali, dalle Piramidi alla Tour Eiffel).
Shenzhen non soltanto doveva tener testa a Hong Kong, ma anche fungere da cuscinetto, tra quella e la Cina, al momento della riunificazione.

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Travasi di vita fra Hong Kong e Shenzhen

Un ristorante a Shenzhen
Un ristorante a Shenzhen

In pochi anni, grazie a incentivi di ogni tipo, la popolazione è passata da ventimila abitanti a decine di milioni, forse tre.
Quando scoppiò la rivolta in piazza Tienanmen, il partito si rese conto che le cose dovevano cambiare anche nel resto della Cina; non volendo tuttavia concedere spazio alla democrazia, il regime decise almeno di permettere a un miliardo e mezzo di cinesi la medesima opportunità di fare soldi.
E così l’esperimento Shenzhen, già timidamente applicato in altre zone, fu esteso a gran parte del Paese, con una crescita economica esplosa negli anni fino ai livelli odierni.

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