Lunedì 25 Novembre 2024 - Anno XXII

Iran, ritorno al passato

Iran

Nomi affascinanti e dal richiamo irresistibile: Isfahan, Shiraz, Tabriz, Mashad, Qom (la città santa degli Ayatollah) Persepoli e, naturalmente, Teheran. Un Paese giovane e vitale rispettoso delle antiche civiltà

Iran Aeroporto di Theheran
Iran Aeroporto di Theheran

Scendendo con l’aereo su Teheran, all’imbrunire, il “pensierino della sera” è: come farà il pilota (si, lo sappiamo che sono bravi e preparati) a distinguere le luci segnaletiche delle piste d’atterraggio dell’aeroporto di Mehrabad, in quell’incredibile mare luminoso che è la città, tutt’attorno allo scalo?
Chilometri e chilometri quadrati di luci (bianche, gialle) che ondeggiano, su e giù, seguendo i rilievi delle montagne, anch’esse edificate sin dove è possibile e oltre ancora.
Nella stagione in cui le giornate si allungano è al contrario la distesa di case, casoni, grattacieli e, avvicinandosi al suolo, il fiume di un traffico impressionante a captare l’attenzione.

Teheran panoramica dall'alto
Teheran panoramica dall’alto

Ancora una volta: non è che confonderà il reticolato delle innumerevoli strade che rigano la superficie della capitale, con le piste del grande aeroporto?
Invece va tutto bene e la prima sensazione, messo piede a terra e sniffata l’aria, è quella di penetrare un’invisibile caligine che avvolge ogni cosa.
E’ lo smog di Teheran, uno dei più intensi della terra – e quando fa caldo uno dei più insopportabili – paragonabile a quelli di Los Angeles, Mexico City, San Paolo del Brasile; Milano è una città “apprendista”, al confronto.
Si può sempre sperare che spiri un po’ di vento, questo è vero; allora sì che Teheran apparirà subito per quella che realmente è: la guida sicura, l’avamposto moderno e caotico, miscelatore di razze e di storia di un Paese da mille e una notte: l’Iran.

Vacanze in Chador

Donne con il
Donne con il “hejab” sul capo

D’altra parte ogni piccola novità non manca di stupire il viaggiatore occidentale. Se l’aereo che ci ha condotto sin qui è della compagnia di bandiera (Iran Air), le donne avranno scoperto che già in volo era stato chiesto loro di coprirsi con il “hejab”, il velo che tutte le donne iraniane recano in capo; una volta giunte a destinazione, il “hejab” rimane e, volendo, si può anche indossare il famoso “chador”, che significa “tenda” in lingua “farsi” (persiano).
E’ un ampio mantello che copre tutte le parti del corpo, meno le mani, i piedi, il viso; un obbligo per le donne locali, un apprezzabile comportamento per quelle occidentali. Anche perché in Iran il rispetto per la donna è assoluto e tale rispetto viene specificamente imposto dalla religione musulmana-sciita.
L’uso quindi di un abbigliamento adeguato (velo, chador o mantelle ampie con pantaloni lunghi), significa che la donna che viene da lontano a sua volta capisce le esigenze spirituali degli iraniani.
Tutto il resto sarà solo piacevole avventura. Gente un po’ curiosa ma aperta e disponibile; cibo vario e gustoso, con l’onnipresente “Zam Zam” (la Coca-Cola locale) o acqua minerale “Damavend”, che prende il nome dalla super-montagna di oltre cinquemila metri della catena dell’Elburz che sovrasta Teheran. Da dimenticare vino e bevande alcoliche, severamente proibiti.

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L’Iran della natura e del lavoro

Panorami straordinari
Panorami straordinari

Nella terra degli Ayatollah, delle Guardie Islamiche, degli sguardi riservati (mai sfuggenti), ci si viene per scoperte uniche, elettrizzanti.
Questa è anche la terra di Ciro il Grande, di Dario, di Zarathustra, di Persepoli, di Alessandro il Macedone.
La terra dei deserti dai panorami immensi e mutevoli, delle montagne aspre e severe che al tramonto cambiano colore di continuo, dei cieli d’altura che tolgono il respiro tanto sono puri d’ossigeno, delle alte pianure lavorate dall’uomo ma dipinte da Allah.
Pianure che raccolgono, come nella notte dei tempi, la fatica del vivere quotidiano. La scarsità d’acqua ha creato, ancor prima della venuta di Cristo, un sistema di canalizzazioni sotterranee che arrivano dai monti, sempre visibili e innevati, attorno agli immensi bacini degli altipiani interni.
I contadini in Iran lavorano dall’alba al tramonto, i loro figli pascolano pecore e capre. Anche i Beluci fanno tutto questo, ma continuano a spostarsi, nomadi per natura, lungo le antiche carovaniere che attraversano un nulla bellissimo; di tanto in tanto, approdano nei superbi caravanserragli dalle pietre dorate.
Sono pietre e mattoni che vengono cotti, ancor oggi, in fornaci scavate in profondità nel terreno e interamente ricoperte dai pani d’argilla chiara che l’uomo accatasta, uno sopra l’altro, a formare degli enormi panettoni a cuspide.

Città vive e preziose, cariche di storia

Isfahan, il ponte Khadjoo
Isfahan, il ponte Khadjoo

La gemma dell’Iran è Isfahan, situata ai piedi dei monti Zagros.
E’ l’antica Aspadana fondata dalla stirpe Achemenide ed è stata capitale del regno persiano nel XVI e XVII secolo.
Le sue piazze, fontane, giardini, moschee, sono il trionfo del buon gusto, della bellezza pura. Le maioliche smaltate sono veri e propri “esercizi calligrafici” composti in lode di un Dio, Allah, che è tanto simile al nostro perché saggio e misericordioso. Per noi occidentali sono semplici, incomprensibili geroglifici; ma raccontano la grandezza di una religione che permea ogni istante della vita iraniana. Isfahan è bagnata dal fiume Zindah, coperto da splendidi ponti con le arcate di marmo traforato e merlettato.
Non è da meno Shiraz, più a sud, città fondata nel VII secolo e saccheggiata da Tamerlano nel 1393.
Ancora più sud, in zona quasi desertica, ecco Kerman, di origine medievale, con resti di mura e di moschee, da sempre luogo di transito verso il Pakistan, l’Afghanistan.

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Pasargade e Persepoli

Pasargad
Pasargad

A nord-est di Shiraz, la gloria dell’impero persiano, fondato da Ciro il Grande mezzo secolo prima di Cristo, è testimoniata dalle meraviglie di Persepoli, antica dimora voluta da Ciro e ampliata, abbellita, resa grandiosa dai suoi discendenti: Dario, Artaserse.
La piana di Pasargade (Pasargad in persiano), a circa centotrenta chilometri a nord-est di Shiraz e a meno di una cinquantina da Persepoli, presenta colori e contorni indefinibili, nel tramonto di inizio giugno.
I contorni sono quelli lontani delle montagne bruno-rossastre che delimitano l’enorme cratere formato da una pianura lavorata si dall’uomo, ma resa imponente dal soffio divino; almeno è ciò che sostengono gli iraniani.
L’ocra diffuso della terra, stuzzicato dai raggi obliqui del sole, assume tonalità morbide e insieme violente, favorite sia dagli impercettibili rilievi che si perdono nell’immenso bacile naturale, sia dal repentino e mutevole angolo di caduta del sole al tramonto.

La tomba di Ciro il Grande
La tomba di Ciro il Grande

All’improvviso, un piccolo cubo scuro, sormontato da una cuspide, si staglia all’orizzonte; è il “ziggurat” di origine mesopotamica, tomba a forma piramidale formata da una serie di gradoni in pietra che a loro volta poggiano su una base quadrata, parimenti in pietra megalitica.
La leggenda e la storia indicano che qui riposa Ciro il Grande, fondatore dell’Impero Persiano (550-530 a.C.).
Ciro aveva creato il proprio regno con un’azione di forza che avrebbe forse voluto evitare: sconfiggendo cioè in battaglia suo nonno Astyages, signore di queste terre. Persepoli era così divenuta la sede del sovrano che avrebbe in seguito assoggettato gran parte dell’Asia e del Mediterraneo orientale.
Grande impero, quello di Ciro e dei suoi successori; persino Strabone cita un’iscrizione che si sarebbe trovata nella tomba del re, costruita nell’anno 546 a.C., lui vivente. L’iscrizione, della quale non è rimasta traccia, così recitava:  “O uomo, io sono Ciro che ha fondato l’Impero dei Persiani e sono stato re dell’Asia. Non invidiarmi dunque questo monumento”.

Tomba venerata persino da Alessandro il Grande

Tomba in pietra megalitica
Tomba in pietra megalitica

La tomba di Ciro non è particolarmente imponente: è alta solo dodici metri ma proprio la sua semplicità aveva lo scopo di porre maggiormente in risalto la grandezza dell’uomo, conquistatore di fatto del mondo allora conosciuto e potenziale sovrano di tutte le terre.
All’origine i Magi, guardiani della tomba, vivevano nelle vicinanze del portico e dei giardini che la circondavano tutta. Se la parte esteriore del monumento si presentava disadorna, l’interno era al contrario ricolmo di ricchezze.
Il corpo imbalsamato del re giaceva in un sarcofago d’oro posto su una carrozza parimenti d’oro, affiancata da un tavolo dello stesso metallo, sul quale erano situati gioielli e preziose suppellettili.
Alessandro il Grande, dopo aver conquistato l’impero persiano, venne più volte in pellegrinaggio alla tomba, a dimostrazione di quanto ammirasse la figura di Ciro. L’ultima visita avvenne dopo che il luogo di riposo e di culto era stato completamente depredato, durante il suo viaggio a Bactriana, in India, malgrado fosse possibile aprire l’enorme portone monolitico solo dall’interno.
I ladri, determinati e ingegnosi, avevano quindi forzato la pietra d’ingresso e, contorcendosi, si erano infilati sotto la porta aprendola quindi dall’interno.
Forse Alessandro paventava tale evenienza e in previsione della sua assenza, aveva posto un guardiano Magi, che sarebbe stato compensato con una pecora al giorno e un cavallo al mese.
All’interno della camera sepolcrale vi sono tracce di due tombe, una delle quali appartenuta al re e l’altra alla sua consorte. Nel sepolcro figurano inoltre alcune incisioni e due date (1215 e 1233 d.C.), relative al regno Persiano di Atabakan.

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L’Iran dei Bazar

Il Bazar di Teheran
Il Bazar di Teheran

Non è solo storia e religiosità, l’Iran moderno, ma anche vita pulsante.
Per rendersene conto, è sufficiente infilarsi in uno dei tanti bazar che costituiscono luogo d’incontro e di commercio in tutti i centri, piccoli e grandi, della Persia.
Rumorosi, odorosi, traboccanti di merce d’ogni tipo e di un’umanità varia e vivacissima. Se il bazar di Teheran è immenso, quelli di Shiraz, di Isfahan, di Mashad non sono da meno per ampiezza e varietà degli oggetti che mettono in mostra. L’acquisto di un tappeto, che si sfoglierà come un libro alla ricerca del “pezzo” che piace, richiede una certa esperienza o quantomeno i consigli di chi se ne intende. Inoltre ogni tappeto, a seconda delle zone da cui proviene, possiede colori, disegni specifici e un complicato sistema di nodi e di lavorazione che vengono tramandati da generazioni.
I colori e i disegni appagano l’occhio in tutti i sensi: a Kerman si preferiscono decorazioni a motivi floreali; a Shiraz si predilige il blu, talvolta il rosso o l’avorio; ogni città si distingue dalle altre. Nei bazar, infine, si può scoprire l’anima gentile e sorridente degli iraniani; felici di mercanteggiare tutto, purché sia fatto con cortese insistenza; in amicizia, quasi.
Alla fine, l’acquisto avrà il sapore di una piccola abile conquista, favorita dalle discrete lusinghe del venditore che, dice, non ha mai incontrato un acquirente così agguerrito; una simpatica bugia alla quale si crede di buon grado.
La scoperta di anime gentili e premurose, rende il viaggio un’avventura piacevole.

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