Musei interrotti. Brandi (e Minissi) in Puglia è l’ultima fatica editoriale di Ugo Gelli, per i tipi della Manni editore. Un lavoro a ritroso nel tempo, per offrire il suo contributo di gratitudine a Cesare Brandi lo studioso, il ricercatore, l’archeologo che intuì, precocemente, l’idea di salvare gli affreschi conservati e custoditi nelle chiese rupestri ed ipogee basiliane e bizantine di Puglia, di Basilicata sottraendoli alle incurie del tempo, alle manomissioni e trafugamenti selvaggi e clandestini.
Cesare Brandi, sia pure tra critiche feroci, portò avanti il suo progetto e proprio in Puglia mise al riparo gli affreschi della cripta di Santa Maria degli Angeli di Poggiardo, in provincia di Lecce, e quelli di San Vito Vecchio di Gravina in Puglia, attraverso la tecnica dello stacco. Certo, il progetto di Brandi era più ambizioso. Staccare, smontare, restaurare e rimontare le stesse opere d’arti in siti istituzionalmente più sicuri. Egli, si batté perché fosse costruito, o adattata qualche vecchia struttura di interesse storico, un museo nazionale della pittura bizantina, magari a Lecce. Come sempre accade in questi casi sopraggiunsero i campanilismi che inibirono il progetto di Brandi. Le opere tornarono ai loro paesi d’origine: qualcuna, come gli affreschi bizantineggianti di Gravina, dopo aver viaggiato in lungo e in largo per l’Europa: a Bruxelles, Atene e Roma, furono posizionati, dove attualmente ancora si trovano, presso la Fondazione Pomarici Santomasi.
Gli affreschi di Gravina a rischio degrado
Con lo scorrere del tempo e degli anni, se i campanilismi vinsero quella battaglia contro Brandi, altrettanto non si può dire che l’abbiano vinta contro il tempo, contro il degrado. Molte di queste opere, sia pure protette, non sono tutelate a sufficienza in termini di conservazione, di ambienti idonei, non vengono impiegate le nuove tecniche ambientali, architettoniche e di adeguate norme di sicurezza. E’ il caso degli affreschi gravinesi, a detta di esperti e competenti, a seguito di diagnostiche scientifiche effettuate sul finire del 2012, galleggiano sull’acqua, per via delle infiltrazioni di umidità, causate dalla naturalità del manufatto abitativo e per via dell’acqua piovana entrata dalle finestre all’interno della struttura che li conserva. Sulla necessità di interventi conservativi e restaurativi, è sceso il più cupo e ingiustificato dei silenzi. Brandi voleva preservare. Il suo lavoro di una persona sensibile, capace, attenta e generosa verso un patrimonio immenso, ricco di bellezza e di storia rischia di andare disperso.
Raffaele Nigro, nel recensire il pregevole lavoro di Ugo Gelli, dalle pagine de La Gazzetta del Mezzogiorno del 16 marzo scorso, ha lanciato, strali contro le istituzioni, assenti e latitanti. “La politica dorme e non difende questo patrimonio, il denaro degli Assessorati alla cultura e delle emittenti private e pubbliche va ormai alle manifestazioni canore e alla superficialità di un tempo in cui ogni storia deve fungere da richiamo immediato, tra due stili inessenziali, l’edonismo fatuo di Sanremo e di miss Italia e le narrazioni esemplate di Elisa di Rivombrosa e da Montalbano & soci. Conta distrarre e fare audience per i governatori di una stagione. Questo spiega la ragione di un titolo, Musei interrotti, lo scopo civile di un volume che va rimeditato pagina dopo pagina”. Va dato atto e merito a Ugo Gelli per aver ripreso e riportato il dibattito alle sue fonti e radici iniziali. Conservare, confrontarsi, dialogare, capire.
Musei interrotti. Brandi (e Minissi) in Puglia di Ugo Gelli, Manni editore, pagine 188, € 18,00.
Disponibile su Amazon. it Musei interrotti. Brandi (e Minissi) in Puglia