Arrivederci Roma di Clelia Arduini, giornalista specializzata in turismo e beni culturali, è un libro che si legge con piacere e curiosità. Roma, un nome di quattro lettere che racchiudono tutta la sua millenaria storia. “… formano parole che ne costituiscono l’essenza più profonda – scrive Clelia Arduini nel suo Arrivederci Roma edito da Albeggi Edizioni – quali ‘orma’, quella che gli uomini del passato hanno seminato con estro e maestria; ‘ramo’, indicativo di parchi, ville, giardini; ‘armo’, nel senso di eserciti e gente comune che nei secoli hanno combattuto per difendere papi, sovrani, idee, libertà; ‘amor’, se si legge il nome al contrario, che spinge centinaia di migliaia di turisti e pellegrini a visitare, pregare, toccare, annusare il centro storico”.
Ognuno dei 24 capitolo è un racconto, un’agenda di ricordi (a cominciare dal primo “Pagherò a babbo morto” che parla del suo arrivo in cui tutto le va bene, non ha il biglietto per l’autobus e glielo offre una vecchina, non ha in tasca i soldi per il giornale e glielo danno lo stesso, non ce li ha per mangiare e la sfamano ugualmente…) un quadretto dei venti anni trascorsi in una città “bella, bellissima, sublime se la vedi all’alba quando il lungotevere si tinge di porpora”. Il tono sarcastico e a volte graffiante che l’autrice ha adottato in Arrivederci Roma si alterna a quello intimo, sentimentale e all’amore che ha per Roma, la città che sta per lasciare, sapendo che non la lascerà mai davvero.
Per darvi un assaggio di Clelia Arduini e del suo Arrivederci Roma, propongo la lettura del secondo capitolo: Il segreto di Livia.
Arrivederci Roma: Il segreto di Livia
C’è chi passeggia per Villa Borghese o bighellona in via Ottaviano, io ho un angolo prediletto vicino al cimitero Flaminio, zona Prima Porta. Qui, in via della Villa di Livia, lo dice il nome stesso, c’è la casa di campagna della terza moglie di Ottaviano Augusto. L’imperatore, incontrandola, ne rimane folgorato quando lei è ancora la moglie di Tiberio Claudio Nerone e vuole sposarla subito, dopo un divorzo lampo dalla moglie Scribonia.
La villa è un pezzo da novanta per importanza storica e archeologica, che però – proprio come la signora Drusilla, discreta e poco appariscente, da vera first lady – non appare subito agli occhi del visitatore. Infatti, all’imbocco della via a lei dedicata, non c’è nessuna indicazione che ne segnali la presenza e per individuarla bisogna armarsi di pazienza perché dalla strada non si vede niente. Spicca solo un cartello bianco accartocciato con la scritta Castello della Villa di Silj, che è stata la residenza del produttore cinematografico Franco Cristaldi e set di film di grandi maestri come Germi, Fellini, Tornatore. Ma questa è un’altra storia.
Per arrivare alla casa di Livia si deve superare un cancello che si apre in un prato dove una stradina sterrata si inerpica su una terrazza artificiale punteggiata da cipressi, querce, ulivi e cespugli di lauro ceraso. In cima, dopo due curve, ecco un altro cancello: è l’entrata della sua poderosa proprietà costruita subito dopo il matrimonio con l’imperatore sui terreni che ha ereditato dal padre. Proprio qui, narra la leggenda, mentre la giovane contempla la natura, un’aquila le lascia cadere in grembo una gallina bianca con un ramo di alloro nel becco e lei, laboriosa e pragmatica, oltre a custodire la gallina – come scrive Cassio Dione – pianta con cura l’arbusto dando vita a un bosco, che in seguito, per decenni, servirà a decorare i trionfi imperiali.
La scossa elettrica dietro le spalle è garantita, specie per chi ha dimestichezza con la storia e con l’arte e ricorda le immagini dei potenti romani con la corona di alloro. Siamo, infatti, con i piedi piantati nell’antica “fabbrica di produzione” recuperata di recente, e vi presentiamo, dopo duemila anni, sotto il cielo di Prima Porta, il Lauretum: sessantaquattro piante di alloro alte tre metri in grandi olle di argilla realizzate come quelle antiche ritrovate nel giardino, che hanno consentito di identificare e piantare la stessa tipologia delle essenze usate a quei tempi. Da questa gloriosa postazione sopraelevata sul vivere quotidiano, tutto appare insignificante e lontano: le abitazioni spesso abusive di Roma nord affastellate una dietro l’altra senza soluzione di continuità, la sporcizia accumulata ai bordi delle strade, le orride scritte sui muri, la gramigna infilata in ogni pertugio, tutto diventa invisibile, persino l’imponente traffico che soffoca il quartiere di Prima Porta.
Qui batte solo il tempo di Livia Drusilla e della sua armoniosa dimora con vista sul Tevere: la sua camera da letto con un giardino privato dove è solita coltivare piante medicinali per preparare decotti, le stanze degli ospiti con i pavimenti in mosaico o in marmo colorati, il portico decorato in bianco e blu, dedicato alle passeggiate, la sala del triclinio ipogeo dove Livia pranza con il suo Augusto, affrescata con le immagini del giardino esterno (conservate a palazzo Massimo), ora sostituite con tele scenografiche e fotografiche in garza, di grande effetto.
Anche l’imperatore, come la moglie, adora il verde ed è cultore dell’ars topiaria. Ve lo immaginate il Divus Augustus mentre sforbicia un alberello e gli dà le sembianze di Marc’Antonio?
La residenza ispira amorevolezza e gusto estetico, qualità che non corrispondono alle descrizioni delle fonti dell’epoca secondo cui Livia è astuta e calcolatrice – Caligola la definisce “Ulisse in stola”, leggasi in gonnella – ed è addirittura ritenuta responsabile delle morti degli eredi designati dal marito (infatti, lo scopo di Drusilla, che non ha figli con Augusto, è far salire al trono il figlio Tiberio avuto da un precedente matrimonio).
C’è un’altra casa di Livia – un appartamento a lei riservato – che spicca accanto alla domus di Augusto sul Palatino, il “Palazzo” per antonomasia. La stanza delle prospettive è un tripudio di podi, edicole e quinte che danno profondità all’ambiente, ma il locale che affascina di più è il triclinio: una sala decorata con un profondo rosso pompeiano su cui si aprono paesaggi sacri ricavati dal restauro di circa 500 frammenti per anni chiusi nei depositi.
Anche questi ambienti sprigionano eleganza e semplicità e raccontano di una sovrana, a quel tempo la donna più potente del mondo, che ama cucinare e cucire per il suo Augusto, a dispetto dei cinquecento servitori al suo seguito oltre alla corte, ai clientes e alle monete con la sua effigie.
Chi è veramente Livia Drusilla, regina del focolare o ambiziosa e sanguinaria aristocratica? La verità come sempre sta nel mezzo, sappiamo però che la sua unione con Augusto fu lunghissima e felice e che la donna è ancora accanto a lui nel loro sepolcro, il Mausoleo di Augusto.
In attesa che il monumento sia restaurato, dopo oltre ottanta anni di chiusure e degrado (persino Mussolini, che pensò di usarla come sua estrema dimora, desistette per la pochezza di quel che rimaneva, già allora, dell’imperiale tomba) è meglio incontrare il suo spirito nella villa a Prima Porta. S’impiegherà un po’ di tempo prima di trovarlo, ma poi si rimarrà incantati e ritornare alla modernità una volta conclusa la visita sarà dura.