Giovedì 2 Maggio 2024 - Anno XXII

Nuova Zelanda, vocazione “ovale”

Un giornalista appassionato di rugby percorre il Paese inseguendo gli irregolari rimbalzi di una palla ovale. Lì, dove gli All Blacks sono adorati come eroi, scoprirà che, se uno ha voglia di chiacchierare di rugby, troverà sempre un “kiwi” pronto a tirar tardi con l’immancabile cassa di birra… La lettura di viaggio di questa settimana è tratta da “Meta Nuova Zelanda” di Elvis Lucchese, Ediciclo

Nuova Zelanda, vocazione "ovale"

 

Auckland è la principale porta d’ingresso alla Nuova Zelanda. Fa storia a sé, rispetto al resto del paese. Da sempre avamposto sul mondo per tutti i kiwis, è moderna, cosmopolita e multietnica, tanto più oggi che accoglie le migliaia di turisti richiamati dalla World Cup. Sempre ai vertici delle classifiche mondiali per qualità di vita cittadina, Auckland appare, ancor più di molte altre metropoli, un insieme di paesi che hanno finito per coagularsi col tempo in un unico tessuto urbano, eppure ancora divisi da accidenti geologici e uniti da viadotti, ponti, ferrovie. In fuga dal mainstream del divertimento rugbistico a tutti i costi, puntiamo Mangere, a sud verso l’aeroporto. Alla nostra richiesta di indicazioni stradali, gli amici neozelandesi cercano – con infiniti giri di parole – di dissuaderci dalla visita. Mangere (pronuncia difficilissima, qualcosa come «màn-ghi-rii») è un sobborgo industriale della famigerata South Auckland.

La laguna di Mangere
La laguna di Mangere

Il rugby a Mangere si chiama Rovers, uno dei tanti club di base del paese. Grassroots rugby, dicono nel mondo di lingua inglese. È in piccole società come questa che tutto comincia. La club-house è grande e accogliente, con l’inevitabile maxi-schermo sul quale scorrono le repliche delle partite dei Mondiali. Chiusa in una bacheca di legno dal sapore antico, una maglia degli All Blacks degli anni Trenta. Rimaniamo in adorazione come di fronte a una Madonna rinascimentale (scopriremo più avanti l’ordinarietà di oggetti simili, sparsi in tutta la Nuova Zelanda). Si tratta della maglia di uno dei cinque All Blacks – Frank Bunce il più noto – prodotti dal club nei suoi quasi novant’anni di storia, tale Cyril Pepper, 17 caps, nato nel 1911 e morto a soli trentun anni per le ferite rimediate in guerra. Mentre ci perdiamo fra i memorabilia, nella club-house si svolge una cerimonia di una certa solennità, laica ma di sentita umanità. Alla presenza di una ventina di persone di diverse generazioni, un paio di signori ricordano un amico scomparso un anno prima con un breve e commosso discorso. Una sorta di messa di commemorazione. Qui si fanno al club di rugby.

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(26/07/2013)

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