Viaggio nei Balcani è un libro dove l’autrice Elisabetta Tiveron e il fotografo Nicola Fossella documentato storie di persone e di luoghi raccolti in migliaia di chilometri, percorsi a bordo di una vecchia Fiat Panda, lungo le strade del sud-est europa. I due sono giunti alla conclusione che il cibo unisce anche dove le frontiere dividono. Per capire lo spirito del lavoro dei due autori propongo un assaggio del libro pubblicato da Kellermann Editore.
Disponibile su Amazon.it: Viaggio nei Balcani. Cibo senza frontiere nel vorticoso cuore d’Europa
Sempre più spesso ci si accorge che luoghi geograficamente molto vicini sono, mentalmente, lontani anni luce da noi (finché non succede qualcosa che ci fa aprire gli occhi su quella vicinanza). È quello che è avvenuto – e che ancora in qualche modo avviene – con i Paesi dell’Europa sud-orientale: quell’area che viene comunemente indicata con il nome di “ Balcani ”. Ce ne siamo accorti con la disgregazione dell’ex Jugoslavia, e l’improvvisa consapevolezza che quelle guerre stavano avendo luogo proprio qui vicino, a pochi chilometri dai nostri confini. Con le immagini dei barconi sovraccarichi di donne, uomini, bambini che fuggivano dall’Albania. Con l’ingresso nell’Unione Europea di Romania e Bulgaria. Davanti ai cartelloni pubblicitari dei casinò sloveni. Porsi la domanda che cosa sono i Balcani forse non è molto originale… ma viene naturale, proprio in considerazione di questa dicotomia tra vicinanza geografica e distanza mentale.

Balcani è un termine creato per praticità, ma che indica un’entità – geografica, storica, culturale, politica, economica – non sempre sovrapponibile nelle sue diverse accezioni. Una cosa è certa: nessun’altra parte d’Europa si può definire “crocevia” con la medesima pienezza di significati.
La penisola balcanica è nello stesso tempo occidente e oriente, nord e sud. Etnie, lingue, religioni: giustapposte, sovrapposte… a volte pacificamente, in altri casi in un clima di tensione. Storia e storie. Volti. Suoni, colori, profumi. Sapori e saperi. Cibi. Ma proprio il cibo riserva una sorpresa: in un’area così vasta si riscontra (con le dovute e normali eccezioni) un’organicità che a prima vista stride con l’immagine che noi tutti abbiamo di quei posti. Perché nel nostro immaginario ci sono le guerre tra le ex repubbliche jugoslave, l’isolamento pluridecennale dell’Albania, la Grecia “europea” da più di trent’anni, un’orografia che non facilita gli scambi… fattori che rimandano ad un’idea di disorganicità, anche a tavola. Invece a tavola troviamo unità. L’eredità dell’impero ottomano è un patrimonio condiviso, anche se alcuni eredi forse non gradiscono ammetterlo e quindi calcano un po’ la mano sulle differenze… che spesso però sono sottili, semplici sfumature.
La sopra citata orografia (montagne, montagne, e ancora montagne… e in certi casi difficili da sfruttare perché di nuda roccia, come in Albania centrale e in Erzegovina) si è rivelata, per assurdo che possa sembrare, ulteriore fattore di unificazione alimentare: la pastorizia è stata in questi luoghi l’attività più facile da praticare, accomunando per secoli popoli diversi e distanti tra loro; e infatti i latticini, la carne e la cottura sulla brace (ancora oggi spesso effettuata con strumenti “da campo”) regnano sovrani dalle coste dell’Adriatico al Danubio e, scendendo, fino alle isole dell’Egeo. Anche i circa 4.000 km di frastagliatissima costa (senza contare le isole!) che vanno da Trieste ad Istanbul presentano, sotto il profilo alimentare, un’omogeneità data dalla pesca di specie simili praticata (almeno nella sua forma tradizionale) con i medesimi metodi. E trattandosi di costa prevalentemente montuosa, dove alla pesca si sostituisce la pastorizia appena ci si allontana di qualche chilometro dal mare, anche qui ritroviamo la costante dei latticini e della carne. Questa omogeneità, però, non significa poca originalità… ma questo lo scoprirete leggendo il libro…