Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Salina la doppia tra vitigni e mare blu cobalto

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Tra le sette sorelle del Tirreno, Salina ha la personalità più ricca e complessa. In questa terra da millenni la viticoltura produce un nettare di nome Malvasia. Il 9 e 10 luglio si è svolta a Malfa la sesta edizione di Malvasia Day

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L’isola di Salina vista dal mare

Salina vista da lontano non sembra un’isola, ma due, vicinissime. Per via della profonda vallata che separa le sensuali silhouette dei suoi due coni vulcanici, ricoperti fino alla cima da una fitta vegetazione, fu a lungo identificata col nome greco di Didyme, la “doppia”. Tra le sette sorelle del Tirreno, come vengono identificate le Isole Eolie, Salina è quella con la personalità più ricca e complessa. Ed è anche l’isola che meglio sintetizza i valori della cultura mediterranea, di cui l’arcipelago siciliano forgiato da vento e fuoco è uno dei massimi paradigmi. Anzitutto, perché, insieme con Lipari, è abitata da 4.500 anni. E, da allora, vanta una civilizzazione trainata da due specialità agricole, anche loro millenarie: la viticoltura, praticata dagli antichi eoliani sui terrazzamenti vulcanici più alti; e l’estrazione del sale, attraverso il filtraggio delle acque salmastre del laghetto di Lingua, sulla punta sudorientale dell’isola. Un’attività, quest’ultima, che i Romani strutturarono come un’industria per ottenere il principale tra i conservanti naturali di cibi come pesce e capperi. E che indusse i coloni dell’Impero a ribattezzare l’isola con il nome attuale.

La viticoltura di Salina ponte tra passato e presente

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Capofaro con la distesa di viti e il mare

Se ormai da tempo l’estrazione del sale non è più una voce dell’economia isolana, la produzione locale del vino continua a svolgere il suo ruolo di ponte tra passato e presente. Un’evoluzione arrivata a toccare livelli d’eccellenza. Un’eccellenza che è stata raccontata nello scorso fine settimana attraverso i bicchieri del Malvasia Day, la manifestazione organizzata da Tasca d’Almerita, una delle aziende traino della rinascita e del successo internazionale del vino siciliano, in collaborazione con il Consorzio del Malvasia doc, l’organismo di tutela dell’aromatico vino color miele, attualmente prodotto sull’isola da 10 cantine, a cui si aggiungono le due di Vulcano e l’unica al momento attiva a Lipari. Tutte realtà produttive piccole ma ormai votate all’eccellenza e con un export in ascesa. L’evento, giunto quest’anno alla sesta edizione, ha narrato le espressioni della Malvasia su due fronti: un tour per giornalisti di settore tra le aziende vitivinicole delle Isole Eolie (oltre a Salina questo vino sui produce a Lipari e a Vulcano) e un walk around tasting aperto al pubblico per ascoltare le storie dei produttori e degustare le diverse interpretazioni del vitigno.

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Capofaro Malvasia & Resort, sede dell’evento

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L’evento si è tenuto presso Capofaro Malvasia & Resort, raffinata struttura ricettiva della famiglia Tasca ubicata davanti le scogliere di Malfa, uno dei tre comuni di Salina. Dopo l’incontro di mezza serata con il pubblico sul racconto ‘la Malvasia e la sensualità’, animato dalla sommellier Daniela Scrobogna e dal conduttore televisivo Federico Quaranta, si è dato il via alla degustazione intitolata ‘Le Isole della Malvasia’. Un vino che rappresenta un unicum, come le stesse Eolie, isole censite dall’Unesco nella lista del Patrimonio dell’Umanità.
La coltivazione delle uve Malvasia nell’arcipelago e a Salina in particolare, esemplifica infatti la pratica della cosiddetta ’agricoltura eroica’, esercitata cioè in ambienti in molti casi proibitivi, dove i vitigni vengono fatti crescere lungo le pendici vulcaniche, fino a non molti decenni fa anche su crinali stretti e strapiombanti. Ambienti dove la meccanizzazione agricola è comunque impensabile. Una storia quella del Malvasia, che, stando a quanto testimoniò Diodoro Siculo, affonda le sue radici al 588 avanti Cristo, quando i primi colonizzatori greci importarono il vitigno dalla madrepatria alle Lipari.

Malvasia e trekking panoramici

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Il nome Malvasia però sarebbe invece più recente. Si pensa infatti che sia la storpiatura veneta di Monembasia, città del Peloponneso che fu colonia di Venezia. Al punto che, nel Cinquecento, in tutto il territorio della Serenissima Repubblica, il termine Malvasia indicava tutti i vini di provenienza greca nonché le osterie in cui questi erano commerciati. Origini più recenti avrebbe invece la produzione di questo vino alle Eolie. Alcuni studi hanno infatti appurato che le prime barbatelle di Malvasia vennero impiantate proprio a Salina, nella zona di Capo Gramignazzi a Malfa, nel diciassettesimo secolo.
Una sapienza tramandata nel tempo che affascina esperti di vino, enonauti abituali e appassionati della natura. Quella che a Salina si esprime non solo con il suo mare blu cobalto dagli interessanti fondali, ma anche con le sorprendenti varietà botaniche dei boschi che incappucciano i due coni, il Monte dei Porri e il Monte Fossa delle Felci, con i suoi 962 metri la cima più alta dell’arcipelago. Uno scenario godibile attraverso 11 percorsi di trekking superpanoramici. Naturalmente da affrontare a debita distanza dall’ultimo assaggio di Malvasia.

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