Vrindavana è una cittadina del distretto di Mathura a circa 150 chilometri a sud di Nuova Delhi, nello Stato Federale dell’Uttar Pradesh. Qui ho trascorso diversi giorni, affascinata dai riti e dai ritmi, più lenti, dello scorrere del tempo. Un modo per guardarsi dentro osservando il fuori.
La mattina mi inchino e prostro ai piedi delle divinità, al crepuscolo invece, risalgo le scale fino alla terrazza dell’ashram. Da qui guardo dall’alto i tetti della città… e rimango incantata.
Sospesa nel tempo, sorvolo interi mondi che popolano la miriade di altri tetti all’orizzonte. Sono una moltitudine di scatole grigie poste in orizzontale o in verticale, a formare un denso tetris di forme e altezze. Su quasi ogni “piazza di tetto” di Vrindavana prendono vita scene di esistenza quotidiana rubate dai miei occhi, furtivi ladri di opere d’arte: quadretti familiari e normalissimi momenti di attività giornaliera che diventano preziosi documentari di concreta realtà indiana. Così va il mondo di quassù…
Vita quotidiana fra i tetti a Vrindavana
E cosi, appena sorge il sole, mi siedo ad aspettare che da una tenda esca la matrona della casa, già impreziosita di veli e gingilli sonanti che la rendono bella al mondo già di prima mattina, anche se ora deve solo fare le pulizie e spazzare via odore e polvere della notte. Usa una scopa dal manico cortissimo e dalle lunghe crine di non so quale vegetale, che la rende uno strumento ideale per arrivare in ogni anfratto di muro.
Una secchiata d’acqua e pochi tocchi di questa ramazza verso un buco di scolo che dà direttamente alla strada sottostante: ecco fatto! Esce un bimbo con gli occhi ancora pieni di sonno e la sta a guardare incantato proprio come sto facendo io. Non capisco cosa si dicono, rientrano in casa insieme: magari è ora di colazione.
Stendere i panni: una danza rituale orientale
Pochi tetti più in là una coppia di anziani sta stendendo il bucato: sono saliti in terrazza con un grande mastello e ora lei detta le regole per ottimizzare i movimenti e la stesura dei teli. Chissà da quanti anni ripetono la stessa scena. I loro gesti riempiono lo spazio in una maniera naturale e insolita, come a creare una danza orientale, le cui movenze non mi sono date a conoscere.
Una coppia di giovani ragazze colora con la sua presenza vivace il grigio di un tetto laggiù: saranno sorelle? Due cugine o amiche intime? Si fanno belle: una sta seduta e tiene il capo riverso all’indietro, mentre l’altra, alle prese con due fili che tiene intrecciati abilmente intorno alle dita, riuscendo così a farli ruotare per strappare le sopracciglia, le gira attorno concentratissima.
Vrindavana, la sicurezza di lavorare senza sicurezza
Osservo spaventata un improvvisato pittore sospeso nel vuoto su una carrucola rimediata con assi e corda: sta colorando di verde le rifiniture della finestre a mezza luna del palazzo di fronte. Sopra di lui, a dare e tirare la corda del pericolosissimo trapezio artigianale, ci stanno due suoi compari che appena mi vedono mollano tutto e mi salutano a piene mani; il pittore segue la scena dal basso, si volta e saluta pure lui. La più in pena per la sua precaria situazione sono io, che quindi mi allontano e cambio punto cardinale.
Sul lato ovest del mio osservatorio aiuto un gruppetto di donne a lavare i panni, anche se credo non ne abbiano bisogno: sono tante, di diversa età e altrettante grandezze e misure, tutte però ornate di trecce, monili e veli che, ripetutamente sistemano su una spalla con un gesto deciso all’indietro. Se la prendono comoda, le sole cose che vanno veloce sono le parole e le risa. Quanto mi piacerebbe fare parte del gruppo, sembrano così affiatate e sicure nel loro colorato e allegro stare insieme!
Fra scimmie e colori
Cerco di capire cosa si possa nascondere dietro la porta del tetto più a destra: non ho visto mai nessuno uscire da lì, solo qualche scimmia di passaggio. Le conto, le scimmie, ma perdo subito il numero perché mi incanto a vedere come si muovono e spulciano. A volte adottano parvenze quasi umane. Le più piccole hanno dei musetti simpatici, ma non dimentico che sono altrettanto devastatrici delle più terribili e antipatiche, come le reti e le grate che circondano balconi e finestre ricordano.
Balza agli occhi un bucato che sventola poco oltre: un campionario di sfarzo luminoso a tinte piene, per non passare inosservati e penetrare fin dentro la memoria primaria e arcaica della tavolozza archetipica dei colori. Tra tutti risalta un rosso porpora-fuoco-magentabruciato al tramonto e aragosta abbronzata: chi potrà mai vestire un colore così?! A volte vengo scoperta e tante facce, a effetto domino, si girano come un’onda verso di me, che sono quella che si spaventa di più e scappa via.
Vrindavana, il lavoro delle donne
Un uomo dorme sdraiato su un largo e basso letto di corde all’ombra di una barriera di cespugli cresciuti in grossi vasi impiastrellati. Una donna, forse la moglie, impasta dei dischi di terra, cui da una forma larga e piatta prima di appoggiarli al muro ad essiccare o stenderli direttamente sul pavimento della terrazza.
Mi sono informata: si tratta di letame che servirà da isolante termico e da accendi-fuoco. Vorrei fare un fischio al tipo e svegliarlo, lanciare un grido: ehi, perché non le dai una mano, invece di poltrire? Anche i lavori “sporchi” vanno condivisi no!?
In India le donne contano meno degli uomini: forse per questo molti valori sacri qui sono andato smarriti e dimenticati, come a voler sottomettere una sacralità mantenendone solo l’aspetto più fiero e guerriero, combattivo e materialista.
Il miracolo suggestivo e malinconico dei piccoli mondi
Vrindavana alla sera ripropone il miracolo dei mini-mondi: suggestivo e malinconico insieme. Bello nella sua purezza umana e sconvolgente per quanto mi riesca a volte a strizzare il cuore dalla solitudine, se vivo la distanza tra me e quelle scene di intimità come una mancanza e una diversità.
Una bambina si fa cullare dalla sua mamma in questo angolo di mondo che le sembrerà il paradiso, il posto più delizioso che possa esserci, in cui non vede sporcizia né sente i clacson che per tutta la giornata sono saliti stridenti fin quassù. Se non voglio sprofondarmi dentro, chiudo gli occhi ed in un attimo sono seduta vicino a loro: già mi stanno chiedendo con un sorriso se domani le posso aiutare a fare il bucato…
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