Lunedì 7 Ottobre 2024 - Anno XXII

Dentro Varanasi

Varanasi Munshi Ghat

Città di vita e di morte, l’antica Benares indiana. Con i suoi contrasti violenti di colori e penombre, di odori e di incensi. Un grande teatro umano nel quale la vita e la morte altro non sono che semplici accadimenti

Varanasi lungo il Gange
Varanasi lungo il Gange

Non vorrei rischiare di essere fraintesa per ciò che scriverò in seguito e quindi comincio subito con una premessa: come molti occidentali, sono letteralmente innamorata dell’India e sento il bisogno, periodicamente, di rivisitarla. Vedere quanto è cambiata, sentirne gli odori, i rumori assordanti, l’aria umida e pesante che appiccica la polvere sulla pelle.  Non so ancora spiegarmene il motivo, ma sono certa che continuerò a tornarvi.  Però, come in ogni relazione che si rispetti, così come ne sono innamorata, spesso mi sorprendo anche a detestarla. A scoprirla insopportabile, invadente, eccessiva, persino teatrale e fasulla.  Esattamente come Varanasi, una delle città più sacre di tutta l’India, il luogo dove ogni induista sogna di poter morire. Ma anche un posto a dir poco infernale. Si pensa alla spiritualità di questa “Madre Ganga” (così viene chiamato il Gange dai suoi pellegrini) che si prende cura delle anime e dei corpi e ci si trova di fronte a un immenso e caotico mercato, dove persino i bramini riescono a diventare ricchi vendendosi l’anima.

Un mercato dove ci si vende anche l’anima

Bagno quotidiano nel Gange
Bagno quotidiano nel Gange

In qualsiasi modo si decida di arrivare, l’accoglienza non è mai piacevole. Dai suoi duemila anni di storia, Varanasi (un tempo chiamata Benares) sembra aver imparato solo a essere diffidente e opportunista.  Non c’è bramino che non ti metta un fiore in mano e non pretenda subito dopo dieci rupie, sadu che non ti spinga malamente se per sbaglio ti trovi sul suo cammino, autista o “risciò-wallah” che non tenti di portarti dove fa comodo a lui, albergatore che cambi le tariffe delle stanze a suo piacimento. E “Madre Ganga”, il fiume sacro sulle cui rive si celebrano la vita e la morte come se fossero la stessa cosa, vista da vicino ha un’acqua spessa e scura, da cui emerge davvero di tutto; assopita e inespressiva, sembra persino rassegnata a questa discutibile “spiritualità”. La frenesia di Varanasi ruota intorno ai suoi ghat, un centinaio in tutto: gradini di cemento che scendono sino al fiume e sui quali i pellegrini pregano e svolgono le loro abluzioni. Dopo quattro giorni di passeggiate lungo questi luoghi pieni di rituali, mi sentivo ancora profondamente a disagio e infastidita. E gli stranieri che incontravo nella città antica avevano tutti il mio stesso sguardo: stravolto e frastornato, che per evitare l’insistenza di venditori, barcaioli e bramini, aveva persino smesso di vedere ciò che gli stava intorno.

La luce magica di Varanasi

Varanasi offerte sulla Ganga
Offerte sulla Ganga

Il quinto giorno ho fatto un ultimo tentativo per provare a comprendere la magia di questa città. Non ho preso taxi, risciò e nessun tipo di altra “mediazione” e mi sono avvicinata da sola a quel cuore di Varanasi che mi spaventava tanto: un labirinto indecifrabile di vicoli bui e maleodoranti, botteghe minuscole piene di ogni merce, tempietti nascosti da grovigli di cavi elettrici, mucche e biciclette che intralciano gli incroci e, ovunque, insegne di maestri di yoga, ristorantini, alberghi da poche rupie a notte, massaggiatori improvvisati e venditori di sete. Il segreto è stato perdersi, non sapere esattamente dove andare e limitarsi a seguire gli odori. I rumori. La luce.  Ed è stata proprio quest’ultima a rassicurarmi, a prendermi per mano e farmi scoprire la Varanasi più dolce.  A volte s’infilava nella bottega di un cartolaio e gli illuminava le mani impolverate mentre incartava alcuni blocchi da disegno. A volte si rifletteva su uno specchio e andava a cadere su un piatto di alluminio, pieno di dolci dai colori improbabili.  O si posava sulle spalle sporgenti di un uomo dal corpo senza proporzioni: le gambe lunghe ed esili, il torace corto e ricurvo. Altre volte, invece, illuminava le collane e i fili di cotone colorato che i pellegrini indossano, prima di immergersi nel Gange, o i fiori gialli e arancio destinati ad essere abbandonati sulle acque e trascinati via dalle correnti.

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Varanasi Panni stesi al sole dopo il bucato
Panni stesi al sole dopo il bucato

La luce invernale di Varanasi creava ombre scure e riflessi metallici che, con la polvere alzata dai passanti, copriva ogni cosa con un’impalpabile carta velina, un immaginario filtro argentato. Improvvisamente, si è posata sul manubrio della bicicletta di un bramino ed è arrivata sino al fiume, sui gradini sporchi di un ghat non molto affollato.  L’ho seguita, e mi sono scoperta davanti a un Gange piatto e addormentato, con i barcaioli sdraiati al sole e le donne che approfittavano del calore di mezzogiorno per fare il bucato. Gli unici a non sembrare storditi da quello strano sole di dicembre erano i bambini, con gli occhi costantemente rivolti verso il cielo e un filo sottile tra le dita. Se è vero che la prima attività di Varanasi è la redenzione dello spirito, la seconda è sicuramente quella di far volare gli aquiloni. E se è vero che “Madre Ganga” è piena di preghiere, promesse e cadaveri, il cielo sopra di lei è affollato di pezzetti di carta colorata, attaccati a un lungo filo sottile e un bambino alla sua estremità.

All’improvviso, un’altra città. Di preghiere e di riti 

Varanasi Il saluto al Sole sul Gange-foto di Jorge Royan
Il saluto al Sole sul Gange-foto di Jorge Royan

Varanasi, vista attraverso la sua luce e i suoi riflessi, sembra un’altra città.  Appare persino discreta, silenziosa, accogliente. Le voci insistenti di procacciatori di clienti improvvisamente spariscono davanti al grande rituale del bagno nel Gange. L’alba è sicuramente il momento migliore per capire questa città santa; lo consigliano tutte le guide e c’è davvero da fidarsi. Cominciano ad arrivare ancora prima che il sole sorga, in rispettoso silenzio verso una città che sta ancora dormendo: migliaia di pellegrini, giunti sin qui da ogni angolo del Paese. I bramini li attendono accovacciati sulle loro pedane di legno, protetti da vistosi ombrelloni di paglia. Sussurrano i loro mantra compiendo alcuni gesti e rituali e invitando i devoti a ripetere le loro parole; poi benedicono le offerte e lasciano che i pellegrini continuino da soli il loro bagno sacro, scendendo i ghat e abbandonando in acqua ghirlande di fiori, grano e piccole lampade a olio.  Il fiume si riempie così di luci fioche, preghiere e gesti, ed è questo il momento più emozionante della giornata. I pellegrini a questo punto si spogliano, senza alcun pudore, ed entrano nel fiume. Rivolti al sole, fanno schizzare l’acqua tra le mani come forma di saluto, poi se la versano sul capo e si immergono completamente. Quando escono, sembrano dimenticare ogni gesto spirituale e il silenzio dell’alba, e cominciano a insaponarsi. A Varanasi si viene per purificarsi l’anima, prima di tutto. Ma anche per pulirsi il corpo, i capelli, i vestiti e persino le scarpe, le pentole e ogni oggetto si abbia con sé. Usando una gran quantità di sapone schiumoso e ricoprendo i ghat dei colori vivaci di sari e camicie stesi al sole.

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Fra i differenti volti del Gange, c’è anche quello della morte

Varanasi Manikarnika Ghat
Manikarnika Ghat

Il Gange diventa una grande lavanderia, quindi, ma anche un immenso e rassicurante cimitero. A Varanasi si viene soprattutto per questo, e il sogno di ogni buon induista è di poter trascorrere gli ultimi momenti della propria vita sulle sue rive. Per tutto il giorno, lungo gli unici due ghat crematori (adibiti, cioè, alla cremazione dei defunti) – il Manikaranika e l’Harishchandra – corpi avvolti in teli bianchi vengono arsi per ore su pire la cui grandezza denuncia le possibilità economiche della famiglia del defunto: la legna, infatti, viene venduta a peso.  I corpi sono legati su una lettiga di bambù e trasportati, da quelli che ancora vengono chiamati “intoccabili”, attraverso la città antica. E così capita di contrattare con un venditore di sete e fermarsi un istante per far passare un piccolo corteo funebre, come se fosse la cosa più normale. La morte è di casa a Varanasi e un cadavere non fa più effetto di una vacca o di un sadu dal corpo dipinto di blu: si lascia loro il passo e si continua nelle proprie attività. Sui ghat crematori bruciano molte pire contemporaneamente e i parenti restano a guardare, in attesa che anche il teschio diventi cenere e possa essere donato al Gange. Al largo del fiume, capita di veder gettare in acqua corpi ancora avvolti nei loro teli bianchi, da quelle stesse barche a remi con cui i turisti costeggiano la città: sono quei defunti che non possono essere cremati e vengono abbandonati, così, alle correnti del fiume e alla voracità dei suoi coccodrilli. Ci si abitua in fretta a tutto questo. S’impara anche a vedere un rituale e una preghiera in ogni singolo gesto osservato sulla riva del fiume. E persino la ginnastica, che gli uomini praticano all’alba dopo le loro abluzioni, usando rudimentali pesi in pietra e legno, qui sembra assumere un significato tutto spirituale.

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Cosa fare e dove alloggiare

Cosa fare

Tempio di Sarnath interno
Tempio di Sarnath interno

Prenotarsi per un concerto di musica classica indiana presso il Prakash Music Emporium (in Jangambari 35/62, telefono 0542 2451567), per scoprire le melodie di strumenti tradizionali come la tabla, il sitar, il sarod, il santoor e il sarangi.
Prevedere un’escursione in barca lungo il fiume, all’alba o al tramonto: i due momenti più belli non solo per la luce e i colori che illuminano la città, ma anche per i rituali che si svolgono sui ghat.
Farsi portare da un auto-risciò sino a Sarnath, 10 km. nord-est di Varanasi. Un luogo sacro sorprendentemente verde e rilassante, da cui Buddha cominciò a diffondere il suo messaggio.

 Dove dormire

Tra i molti lodge affacciati sui ghat, consiglio l’Alka Hotel (Meerghat, telefono 0542 2328445, hotelalka@hotmail.com. Dispone di diversi tipi di camere, con o senza bagno e aria condizionata.
Anche l’Hotel Gange View (telefono 0542 313218) è molto accogliente e tranquillo, affacciato sull’Assi ghat.
Subito fuori la città antica, molto semplice ma accogliente (anche se un po’ rumoroso durante il giorno) è l’Hotel Barahdari (Maidagin Xing, tel.0542.2440040, sumita15@yahoo.com)
Decisamente più elegante e moderno e lontano dalla città più caotica, è l’Hotel India (Patel Nagar 59, tel.0542.507593, hotelindia@satyam.net.in)

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