La zona è speciale perché grazie all’area protetta che attrae un flusso ininterrotto di visitatori, vive quando altrove nella Vallée non si incontra (quasi) anima viva per strada, i condomini spengono l’acqua calda e i paesi sono come impauriti da tanta assenza (di villeggianti).
Cogne invece resta aperta tutto l’anno dando il meglio di sé in quel di maggio, primi di giugno quando, oltre all’esagerazione della natura che in quattro e quattr’otto deve dare tutto per ritrarsi prima delle gelate settembrine, gli animali (del parco) bazzicano a bassa quota e si incontrano senza appuntamento.
Già in luglio e ancora più in agosto, la magia è svanita e per avvistare cervi, stambecchi, caprioli e marmotte si deve salire a duemilacinquecento metri dove si sono arrampicati insieme all’erba novella.
Non solo. Il periodo è valido anche per i prezzi che sono ancora quelli della bassa stagione. Come in autunno, seducente alternativa ai mesi che precorrono il furore dell’estate senza però l’emozione dell’incontro ravvicinato con gli abitanti del parco.
I prati di Sant’Orso
Andare in Valle d’Aosta per camminare non è una novità. Andarci per sostare non è da tutti. Staccare la spina, riappropriarsi del proprio tempo, ritrovare la spesso perduta dimensione della conversazione, oziare insomma nel senso latino del termine: quello carico di piacere degli antichi Romani, che di buon vivere se ne intendevano. Ecco, c’è un luogo pensato per fare (bene) niente, anzi meno.
Nel bel mezzo del pratone di Sant’Orso è la casa di Paola e del marito Piero, della figlia Laura e di Domenico, dei bimbi Pietro e Leonardo, del fratello di Paola, Carlo, e della moglie Pia: è la casa-albergo che vuole assomigliare a una casa: Bellevue.
Il nome la dice lunga: bella la vista, anzi splendida con il Gran Paradiso in faccia e il Monte Bianco a nord-ovest e la fioritura che nella primavera avanzata invade ogni campo visivo a parte quello delle lingue di ghiaccio che spuntano dappertutto.
Il pratone davanti – la prateria di Sant’Orso – l’ha tutelato il lungimirante ministro Giacosa nel 1925, subito dopo la costruzione del Bellevue, con preveggenza ecologica quando di leggi di protezione ambientale non ce n’era neanche l’ombra. Questo colpo di genio regala oggi al Bellevue la migliore posizione a Cogne.
Un museo casalingo
Ma non è solo la situazione ambientale privilegiata, tuffata nella natura con il paese alle spalle e lo spazio aperto davanti, che immobilizza gli ospiti sulla verde terrazza-solarium davanti all’hotel.
La cura maniacale dei particolari di un collezionista di lungo corso qual è Piero Roullet, principale artefice con la moglie Paola dello charme che avvolge l’albergo, gioca la sua parte: gli arredi, le statue lignee, i dipinti, le culle, le bambole, gli utensili, i ferri da stiro, le gerle, le antiche cartelle scolastiche e altre collezioni di oggetti rustici valdostani, fanno della maison un piccolo museo di montagna.
Arte povera, tutta della Vallée anche nella quarantina di camere, curatissime, con cassapanche, ribalte, griglie in legno, armadi scolpiti, antichi letti chiusi a cabina come usavano i pastori nelle stalle. Niente è lasciato al caso nemmeno in cucina (una stella Michelin) – che visita e rivisita la tradizione patois e savoiarda con puntate extraterritoriali – né in cantina e tutto contribuisce a fiaccare la voglia degli ospiti di trekking arditi sulle Alpi. Insomma: un rifugio a quattro stelle (e tre chiavi d’oro del Gambero Rosso) dal quale è difficile uscire. Ma c’è di più.
Un villaggio di montagna
Una casa nella casa, anzi, un villaggio composto di chalet in legno alcuni dei quali originali come quello che risale al 1713 smontato e ricostruito qui un paio d’anni fa.
Siamo alla Valheureuse: una piscina-laghetto con getti d’acqua, cascatelle e idromassaggi e grandiosa vista sul prateria di Sant’Orso e chalet che accolgono vere oasi di piacere.
Non è una beauty farm, sia chiaro, e forse nemmeno un canonico centro benessere, eppure di benessere se ne ricava tanto. Qui non si deve niente, e questo è il bello: non dimagrire, non soffrire per imbellire, non sottoporsi al fitness obbligatorio.
Tutto è sommesso, suggerito, proposto per chi si decide ad abbandonare le camere fin troppo confortevoli che in diversi casi (alcune suite) dispongono anche della sauna e del camino. In un vecchio fienile in abete ci sono due lettini coperti di fieno che, riscaldato, permette di rivivere il rito del riposo dei contadini della Vallée.
Bagno reale nel vino
Nello chalet settecentesco si sperimenta (possibilmente in coppia) il cosiddetto bagno di re Vittorio Emanuele II che nell’area del Gran Paradiso veniva per le battute di caccia: l’immersione nella grande vasca in bronzo tra le bolle del vino di montagna cotto in erbe e bacche e il riposo su un letto di fieno coperto da un lenzuolo.
Nella grotta calda dell’Orso è la volta del bagno Rasul dove il fango del Mar Morto spalmato sul corpo si asciuga per effetto del calore secco dell’ambiente, per sciogliersi grazie a una pioggia profumata, levigando la pelle. Poi ci sono le saune: il bagno di vapore, il sudario romano, la sauna finlandese e la sauna biologica inondata dal profumo di camomilla.
E il trattamento di peeling ai semi di vinacciolo che è una vera chicca: si giace sulla pietra calda ricevendo tiepide ondate di crema argillosa su tutto il corpo in un massaggio avvolgente. Un bagno elimina quindi l’argilla rimanente per restituire il corpo al lettino per un secondo massaggio agli olii essenziali. Conclusione? Di centri benessere ce ne sono tanti (ben pochi in Valle d’Aosta), di luoghi dedicati al piacere molti meno.
Le buone tavole
La polenta e Brossa non è un pietanza che si mangia dappertutto. Antico piatto che il pastore consumava all’alpeggio, una scodella a pranzo e una a cena, non si trova (quasi) più. Si versa la crema liquida in una ciotola e vi si immergono cucchiaiate di polenta grezza: è il trionfo della semplicità.
Ma prima si deve assaggiare un’altra rarità: il vin brulé bianco servito freddo per accompagnare il prosciutto crudo di Bosses, l’ultimo dei Dop della Vallée, e i formaggi di capra.
Ecco qualche sfizio del Bar à Fromage, l’ultimo nato dei quattro ristoranti dell’albergo Bellevue che si è specializzato nei formaggi ma propone altre specialità legate al territorio: affettati, primi piatti rustici, agnello, maiale e vitello in varie forme, accompagnati da vini rigorosamente valdostani e piemontesi in un ambiente che di una vecchia casera d’alpeggio accoglie la tipica cucina con il grande camino dove è appeso il paiolo di rame per fare i formaggi, le burriere in legno alle pareti.
Per gustare altri tipici ma diversi piatti valdostani c’è la Brasserie du Bon Bec, il regno della carne e degli odori forti: pierrade, frecacha, braserade, carni cotte sulla pietra ma anche crespelle, polenta, cervo e mocetta, verdure alla griglia e fonduta al cioccolato come pure piatti più sofisticati. Se più raffinato si presenta il ristorante principale dell’hotel, con magnifica vista sulle Alpi e menù alla carta che varia quotidianamente, è destinato ai gourmet più esigenti Le Petit Restaurant, con soli sedici posti.
Informazioni utili
Per informazioni su Cogne e il Parco Nazionale del gran Paradiso
:
AIAT, Via Bourgeois 34, telefono 0165 74040
www.cogne.org
PNGP,
Centro Visitatori Parco presso il Giardino Alpino Paradisia (aperto dal 12 giugno al 12 settembre, anche visite guidate), Frazione Valnontey, telefono 0165 74147. www.pngp.it
Hotel Bellevue (appartenente ai Relais & Chateaux) Rue Grand Paradis 22, telefono 0165 74825, fax 0165 749192 – chateaux.com – www.hotelbellevue.it