Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Il Muro “invisibile” dell’attuale Germania

Muro di Berlino

A quindici anni dalle emozionanti visioni in “flash-back” della caduta del Muro, agli attuali contrasti, sarcasmi e rimpianti che ancora agitano i ricordi dei tedeschi

Il Muro "invisibile" dell'attuale Germania
“Sarebbe meglio se ci fosse ancora il Muro tra Est e Ovest?” Un quinto dei tedeschi lo rimpiange

La notizia, pubblicata a settembre dallo Stern di Amburgo, ha destato non poco scalpore. Secondo un sondaggio citato dall’autorevole rivista, a quindici anni dalla caduta del Muro di Berlino il ventun per cento dei tedeschi confessa apertamente di rimpiangerlo.

A sentirne la mancanza non sono tanto gli abitanti delle regioni orientali, ben felici (lo dichiara l’ottantacinque per cento) di essersi sbarazzati dell’odiato “serpentone” di cemento, quanto i tedeschi occidentali, fra i quali almeno uno su cinque lo vorrebbe ancora al suo posto e ritiene che il tributo pagato per la riunificazione sia stato eccessivo.

Si stava meglio quando c’era il Muro?
Una protesta in Sassonia contro i disagi provocati dalla riunificazione
Una protesta in Sassonia contro i disagi provocati dalla riunificazione

Una tesi che sembrerebbe avvalorata dalle attuali difficoltà economiche in cui si dibatte e dalle argomentazioni di chi, all’epoca, accusò il cancelliere Helmut Kohl di agire troppo in fretta per passare alla Storia.
Anche se cancellata dalle carte geografiche, sostenevano le cassandre, la divisione sarebbe rimasta nelle teste dei tedeschi per almeno vent’anni. Ne sono passati già quindici e il Muro, seppure invisibile, continua ad agitare gli animi.

Il sondaggio di Stern rivela che molti occidentali andati a vivere all’Est, soffrono di depressioni e stentano ad adattarsi, mentre gli orientali sbarcati a Ovest pieni di aspettative, dopo la prima sbornia di libertà e consumismo, appaiono disillusi e accusano i “Wessis” (gli occidentali) di essere calcolatori, egoisti ed arroganti.
Un disagio documentato dai risultati delle recenti elezioni in Brandeburgo e Sassonia, dove ex comunisti ed estrema destra hanno sottratto voti a socialdemocratici e democristiani, tradizionali interpreti della politica occidentale.

Accesi dibattiti, fra disagi e nostalgia
Tedeschi occidentali in visita a Dresda
Tedeschi occidentali in visita a Dresda

Come se non bastasse, ad alimentare la discordia ci sono stati show televisivi inneggianti alla presunta “Ostalgie”, neologismo che sta per nostalgia dell’Est. Concepite per fare audience, queste trasmissioni hanno suscitato irritazione perché dipingono i cittadini dell’ex DDR come sempliciotti e ne ridicolizzano mentalità e stile di vita, sorvolando sugli aspetti repressivi del passato regime.

Più veritiero, invece, il garbato e ironico affresco dei travagli dei tedeschi orientali offerto dal film di Wolfgang Becker “Goodbye Lenin” (2003), passato con successo anche sugli schermi italiani.

Il dibattito sulla riunificazione continua dunque ad essere molto acceso. Subito dopo le rivelazioni dello Stern, il canale televisivo ZDF si è preso la briga di intervistare sull’argomento alcune comitive di turisti tedeschi (occidentali) in visita a Dresda. Ed ha constatato che alcuni si comportavano come se fossero in gita all’estero, a Vienna o a Zurigo. Il problema, dicono gli analisti, è soprattutto generazionale: cinquant’anni di vite separate non sono pochi e chi è nato nel dopoguerra in una delle due Germanie conosce ben poco dell’altra.

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Sulle strade della ex DDR
13 agosto 1961, la costruzione del Muro di Berlino
13 agosto 1961, la costruzione del Muro di Berlino

Ma cosa percepisce oggi il viaggiatore che esplora le regioni orientali della Germania? Chi ha avuto la ventura di andare in macchina a Berlino nell’epoca socialista, ricorda quei viaggi come una vera e propria avventura.
Si entrava nella DDR nei pressi di Hof, al confine tra Baviera e Sassonia, accolti da uno sbarramento di torrette, filo spinato, soldati armati e poliziotti che controllavano minuziosamente passeggeri, bagaglio e automobili, ispezionando persino il fondo della carrozzeria con appositi specchi.

Superate le forche caudine, si procedeva cautamente sulla vecchia autostrada che, a giudicare dai sobbalzi, non aveva più subito manutenzioni dalla fine della guerra. Sparite le Mercedes, BMW e Volkswagen dell’Ovest, si sorpassavano scoppiettanti Trabant dalle pallide tinte pastello, Wartburg, Lada (versione sovietica delle vecchie Fiat) e altri modelli d’auto orientali.

Guai a non rispettare i limiti di velocità imposti dai cartelli: la polizia stradale compariva in un battibaleno e le multe andavano pagate subito in sonante valuta occidentale. Le auto in transito non potevano lasciare l’autostrada e l’unico conforto era offerto da modeste stazioni di servizio dove si veniva serviti con un misto di curiosità e di fastidio.

Ai tempi delle “due” Berlino
9 novembre 1989, la caduta del Muro a Brandeburgentor
9 novembre 1989, la caduta del Muro a Brandeburgentor

Arrivati a Berlino Ovest, si entrava in una sorta di surreale acquario metropolitano, uno scampolo d’Occidente catapultato in un altro mondo. Di qua del Muro benessere e privilegi ostentati, di là una (mezza) capitale, quella della DDR, che si sforzava di apparire dignitosa e aveva rattoppato come poteva quanto restava dei fasti architettonici prussiani.

Gli occidentali la sbirciavano da lontano salendo sulle pedane erette davanti alla Porta di Brandeburgo e lungo altri punti del Muro.
Purché cambiassero 25 marchi a testa in valuta orientale e rientrassero a ovest entro la mezzanotte come Cenerentola, i visitatori potevano varcare il Muro alla stazione Friedrichstrasse o al famoso Checkpoint Charlie, curiosando per qualche ora dall’altra parte.

La prima differenza che si notava era l’aria, che a Berlino Est odorava di carbone e dei gas di scarico delle Trabant. Della celebre Potsdamer Platz, cuore della Mitteleuropa nel primo Novecento, non restava che un’enorme spianata pattugliata giorno e notte dalla Volkspolizei, mentre la vecchia Friedrichstrasse con i suoi palazzi semi diroccati era desolatamente deserta.

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L’ex Berlino Est, nuovo polo d’attrazione
Berlino, Postdamer Platz
Berlino, Postdamer Platz

Chi l’ha vista allora, stenta a riconoscere la Berlino Est di oggi, diventata in pochi anni una sorprendente palestra di architettura contemporanea.
Il baricentro della vita metropolitana si è spostato lì, tra le vetrine di lusso della nuova Friedrichstrasse, i teatri di Unter den Linden, gli hotel a cinque stelle e i quartieri bohémien attorno all’Alexanderplatz. Mentre Bonn, la vecchia capitale provvisoria della Germania Ovest, dopo aver ceduto lo scettro nel 1999 è tornata a una tranquilla vita di provincia (ma come “liquidazione” ha ottenuto alcuni musei d’arte d’avanguardia), Berlino ostenta orgogliosa il suo avveniristico quartiere governativo, nuovo di zecca come i palazzoni della rinata Potsdamer Platz. L’ansia della riunificazione non ha prodotto solo nuove architetture, ma anche la resurrezione di quelle scomparse.

A Dresda, splendida “Firenze sull’Elba” dipinta dal Canaletto, è quasi ultimata la ricostruzione-fotocopia della Frauenkirche, chiesa simbolo del centro storico del quale, dopo le bombe del 1945, era rimasto solo un mucchio di rovine.
Anche Lipsia, antico polo mercantile, si è rifatta il trucco con un nuovo centro fieristico tutto in vetro e acciaio, mentre le città anseatiche sul Baltico come Rostock, Stralsund e Wismar hanno restaurato i loro antichi palazzi in laterizio le cui trame assomigliano a delicati merletti.

Città d’arte e il Baltico le nuove mete
Rantum sull'Isola di Sylt
Rantum sull’Isola di Sylt

Molti tedeschi occidentali hanno ripreso l’antica abitudine di trascorrere le vacanze estive sul Baltico, nei rinnovati alberghi riservati un tempo alla nomenclatura del regime o in strutture di lusso nuove di zecca come il Kempinski Grand Hotel di Heiligendamm, con tanto di hammam e campo da golf.

Sylt, l’isola nel mare del Nord dove da decenni sbarca il jet-set teutonico, deve ora vedersela con la concorrenza di Rügen nel Baltico, famosa per le sue candide scogliere a strapiombo e i magnifici viali alberati.

La ricongiunzione delle due Germanie ha fatto rinascere anche itinerari turistici e sentieri escursionistici interrotti per decenni. Nell’Harz ora si può girare con i vecchi treni a vapore per scoprire romantiche cittadine dall’architettura a graticcio; in Turingia c’è il richiamo del Rennsteig, un famoso sentiero di montagna ai confini con la Baviera.

Il castello di Schwerin nel Meclemburgo
Il castello di Schwerin nel Meclemburgo

I tedeschi occidentali hanno anche potuto sperimentare nuove forme di vacanza, come quella in house-boat alla scoperta dei laghi del Meclemburgo; ce ne sono a centinaia collegati tra loro, un vero e proprio mosaico acquatico che fa venire in mente la Finlandia. Altrettanto affascinante, e ancora poco conosciuto, il paesaggio acquatico dello Spreewald, una regione ai confini con la Polonia dove vivono comunità di Sorabi.

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Anche se i posti di frontiera sono spariti e sono poche le torrette militari conservate a futura memoria della divisione, girando per le campagne orientali si avverte ancora che il “gap” tra Est e Ovest non è stato del tutto colmato. Qua e là, come in tutti i Paesi dell’Est, si vede anche spuntare dal paesaggio qualche residuo di vecchi impianti industriali, poco conciliabili con i principi dell’ecologia.

Pezzi di Muro e di cuore
Checkpoint Charlie e il Museo del Muro
Checkpoint Charlie e il Museo del Muro

E il Muro di Berlino, simbolo della divisione? Tutti ricordiamo le immagini del 9 novembre del 1989, quando si aprì il primo varco e migliaia di berlinesi orientali si riversarono a Ovest, scoprendo con stupore che sul lato occidentale l’odiata barriera era un gigantesco, coloratissimo tatzebao.

Qualche piccolo pezzo del Muro è stato conservato, altri sono stati venduti o regalati; ce n’è un frammento persino nel giardino del Vaticano. Berlino Est ne conserva un tratto, la East Side Gallery nella Mühlenstrasse, decorato da artisti orientali dopo la riunificazione, mentre gran parte del serpentone è stato tritato e utilizzato per rimettere in sesto le disastrate autostrade orientali.

Chi vuole può ripercorrere il tracciato del Muro scomparso con l’aiuto di un’apposita cartina, edita di recente, in cui sono segnate tutte le istituzioni della ex DDR: una curiosità per turisti e anche uno strumento con il quale i nostalgici dell’Est possono ricordare i tempi che furono, per raccontarli a chi è nato dopo la riunificazione.

Tra i musei più gettonati della capitale c’è il Mauermuseum, o Haus am Checkpoint Charlie, dove sono documentati i mille stratagemmi adottati dai dissidenti della DDR per fuggire a Ovest, mentre i venditori di souvenir continuano a offrire colorati pezzetti di Muro. Ne ho uno anch’io, sicuramente autentico a differenza degli altri: me l’ha regalato a Natale del 1989 un cugino di Berlino Est che l’ha staccato con un piccone e me l’ha mandato con tanto di fotografia.
A perenne ricordo.

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