Domenica 24 Novembre 2024 - Anno XXII

Arno, vena portante di Toscana

Arno foto Maxim Karpinskiy

Il poeta Dino Campana, in poche righe, dipinse l’Arno a tinte tenui e delicate: “Entro dei suoi ponti multicolori, l’Arno presago quietamente arena, e in riflessi tranquilli frange appena, archi severi tra sfiorir di fiori”

Arno Firenze ponte vecchio foto Jon Rawlinson
Firenze ponte vecchio foto Jon Rawlinson

Cosa sarebbe Firenze senza l’Arno che scorre sotto Ponte Vecchio o Ponte alle Grazie? Che fascino avrebbe Pisa senza il suo Arno che accarezza Ponte di Mezzo e le mura antiche della Cittadella?
Mai fiume, dopo Catullo, è stato amato e odiato allo stesso tempo come questo toscanissimo corso d’acqua: per la vita che reca con sé e per la distruzione che ha causato nel corso dei secoli.

Un fiume di “parole” e di “immagini”
Lungarno Pisa foto Julien Nicolet
Lungarno Pisa foto Julien Nicolet

Nessun fiume è stato cantato da poeti e scrittori come l’Arno.
Dante Alighieri, più volte nella Divina Commedia, trovò i versi giusti per parlarne: “Li ruscelletti che d’i verdi colli del Casentino discendon giuso in Arno, facendo i lor canali freddi e molli” (Inferno 30° canto), oppure lo cita nel Purgatorio (14° canto) “per mezza Toscana si spazia un fiumicel che nasce in Falterona, e cento miglia di corso nol sazia”.
Eugenio Montale ricorda il corso d’acqua nella sua poesia “L’Arno a Rovezzano”, Curzio Malaparte lo cita spesso nel libro “Maledetti Toscani”, Vasco Pratolini ne fece la scenografia dominante di molti suoi libri.
Anche famosi pittori come Ottone Rosai e Ardengo Soffici usarono l’Arno come sfondo per i loro quadri. Pure il cinema ha fatto del grande fiume toscano un primo attore: Roberto Rossellini nel suo film “Paisà” fece passare i partigiani in armi nel Corridoio Vasariano, che attraversa le acque dell’Arno, proprio sopra Ponte Vecchio. Pietro Germi in “Amici miei” non poté fare a meno di raccontare in chiave comica e grottesca la più grande sciagura causata dal fiume,nel Novembre del 1966: l’alluvione di Firenze.
La peculiarità dell’Arno è quella di aver fatto da trait-d’union tra gli Etruschi e il Rinascimento, tra la natura rude del Casentino e i delicati palazzi quattrocenteschi di Firenze; di aver presenziato alla nascita e alla morte di Pisa Repubblica Marinara, di essere stato un liquido ammalato colpito dal virus di un inquinamento scriteriato che è durato più di quarant’anni. Insomma, il fiume scorre insieme alla storia toscana ed è stato sempre presente; un testimone e un amante muto della vita di questa regione.

Nel Casentino, è un fiume “bambino”
Fiume Arno visto-dal ponte di Capolona
Fiume Arno visto-dal ponte di Capolona

La lunghezza dell’Arno, se si pensa che è uno dei maggiori fiumi italiani, è quasi ridicola, solo 241 chilometri. La sua unicità sta nel fatto che attraversa ecosistemi tra i più vari e tra loro differenti.
Nasce dalle pendici del Monte Falterona, in pieno Casentino e attraversa questa splendida vallata passando tra boschi centenari e scenari di natura forte e inviolata. Quella dell’alto Casentino è per certo la parte più interessante e più pulita dell’Arno. Qui è quasi un torrente, le acque sono limpide e trasparenti, tanto che in questi tratti di fiume, in territorio aretino, si pescano ancora, con relativa facilità, splendidi esemplari di trote. E’ proprio in questa parte di fiume che si danno appuntamento la maggior parte degli appassionati di pesca della regione. Carpe, lasche, persici trota, pesci gatto, cavedani, sono ancora abbondanti ed è facile riempire un bel cesto di ottimo pesce. La storia accompagna la discesa dell’Arno dal Casentino. Questa antica vallata è terra di castelli medievali: il castello dei Conti Guidi di Poppi, il castello di Porciano con il suo museo, il meraviglioso e intatto maniero di Romena con la sua pieve romanica, il castello di Strada, punteggiano le colline intorno al fiume.

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Dopo la bonifica, la vita
Arno Arezzo Ponte Buriano
Arezzo Ponte Buriano

Dopo aver attraversato questa zona selvaggia, l’Arno si congiunge col Canale Maestro della Chiana a Ponte Buriano, dove fa bella mostra di sé l’omonimo ponte romanico a sette arcate, ancora in piedi a sfidare i secoli.
Leonardo da Vinci rese omaggio all’Arno dipingendo questo storico ponte nello sfondo della sua opera più famosa: la Gioconda.
Fino a dieci anni fa la zona di Ponte Buriano era l’esempio del più bieco degrado ambientale. Oggi, dopo un attento recupero del territorio, è divenuta una riserva naturale degna di questo nome e tra le sue sponde si può compiere un interessante “bird-watching”, osservando le evoluzioni di aironi cinerini, folaghe, cavalieri d’Italia, germani, garzette, moriglioni e di tanti altri uccelli di palude, tornati a stormi a ripopolare  questa zona bonificata in toto.
Ricevendo le acque limacciose che provengono dalla Chiana, l’Arno si ingrossa, assume una fisionomia da vero fiume, con paesaggi da sogno che sembrano usciti da quadri di pittori Macchiaioli, come a Case al Cincio in provincia di Arezzo. Il letto del vecchio fiume si fa possente, la sua forza aumenta e attraversa il Val d’Arno, facendosi imbrigliare nella diga de La Penna. Passa da Montevarchi, San Giovanni, Figline, Incisa, Pontassieve fino ad arrivare ad Ellera, alle porte di Firenze.

Rivivono i “renaioli”
©Arno Associazione Culturale Renaioli
©Associazione Culturale Renaioli

Conviene fermarsi in questo piccolo paese, per provare un’emozione di altri tempi. Gli abitanti di Ellera hanno infatti recuperato e restaurato alcuni “barchini”, cioè la antiche barche dei renaioli fiorentini, con le quali si andava su e giù per l’Arno a cavare dal letto del fiume la sabbia (rena), che sarebbe stata poi venduta ai muratori per miscelarla con il cemento.
Con le barche che furono dei renaioli si percorrono, nella stagione estiva, alcuni tratti di fiume di rara bellezza, accompagnati da nocchieri esperti che non usano i remi, ma la stanga, una pertica di legno lunga quattro metri che viene puntata sul fondo del fiume e con la quale ci si dà la spinta necessaria per navigare. Durante la stagione estiva alcune barche dei “Renaioli” di Ellera si spostano sotto il Ponte Vecchio di Firenze. Sono un’attrazione turistica veramente unica.
Se Venezia ha i suoi gondolieri eleganti, ciarlieri e costosi oltre misura, Firenze ha i suoi semplici e schietti renaioli che cantano canzoni in vernacolo e offrono poderosi “gotti” di vino rosso agli stupiti turisti che decidono di provare questa emozione fluviale, ripagata da un’atmosfera, da una poesia e da un nettare di Bacco, tutti fiorentini “doc”!.

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Da Firenze in poi, il fiume soffre
Pescaia di_san niccolò foto I. Sailko
Pescaia di_san niccolò foto I. Sailko

Sotto i ponti di Firenze il fiume non è più quello della celebre canzone: ”Sull’Arno d’argento, si specchia il firmamento”. Tra le strade che furono di Giotto, di Savonarola, del Buonarroti, scorre un corso d’acqua stanco e ancora carico di detriti, che non ha tuttavia perso il suo fascino di un tempo.
I fiorentini vivono questo fiume, solcano le sue onde con le canoe, si lasciano baciare dal sole seduti sulle spallette dei Lungarni e nella stagione calda le Pescaie (piccole dighe in muratura) sono piene di ragazzi e ragazze che prendono la tintarella, in quella che molti scherzosamente in città chiamano “Arno Beach”.
Il fiume declina mestamente verso la foce, portando le ferite ancora aperte di un inquinamento pesante che arriva dalle zone industriali di Empoli, Santa Croce sull’Arno, Fucecchio, Pontedera. Questa è zona di grandi industrie e di concerie di pellami e la ormai “lontana” legge Merli (sullo smaltimento dei rifiuti, del 1977) ha appena scalfito quel muro di gomma fatto di furbizia, speculazioni e vergognosa incuria. Errori ed orrori hanno minato, in questo tratto, l’esile equilibrio del fiume, trasformandolo in un mesto gigante in agonia, una vera e propria fogna nella quale sono stati versati, insieme agli inquinanti più tossici, promesse, leggi e progetti di recupero.

Feste pisane
Arno Pisa il gioco del ponte foto Marius B.
Pisa il gioco del ponte foto Marius B.

Pisa accoglie l’Arno come un viandante smarrito. Lo illumina di allegria nella notte del 17 Giugno, quando palazzi antichi e le spallette dei Lungarni sono rischiarate da migliaia di candele per “la Luminara”, la festa di San Ranieri, il santo protettore della città. Lo stesso giorno, in questa “kermesse” tutta pisana, la città rivive i suoi antichi splendori con la regata storica tra i quartieri.
Ogni quattro anni poi, Pisa celebra l’Arno con la regata delle Repubbliche Marinare, quando nelle sue acque torbide gli scafi di Genova, Amalfi, Pisa e Venezia si contendono la vittoria a colpi di remo.
Pisa magnifica l’Arno anche con il suo “Gioco del Ponte”, quando centinaia di figuranti, in costume medievale, attraversano i ponti facendo rivivere i fasti e la gloria di un lontano passato.
Da Pisa a Bocca d’Arno il fiume è incorniciato da file di pioppi; l’aria di mare lo purifica, quasi fosse un cerimoniale pagano. I “Retoni” dei pescatori (bilance di proporzioni gigantesche) sulle sponde, attendono la sera per essere calati in acqua, in caccia di branchi di muggini, spigole e saraghi che rimontano la corrente. Il grande vecchio fiume si perde tra le onde del Tirreno, in un ribollire di schiume di dantesca memoria.

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Arno e Toscani, eterno legame

L’Arno, tutto sommato, assomiglia moltissimo ai toscani. Come loro è irriverente, spaccone, prepotente, maledetto e amato, gran figlio di buona donna; non si cura granché degli altri, ma guarda e passa. E’ un angelo, un diavolo.
Per il grande fiume, calza a pennello la descrizione che Curzio Malaparte fece dei suoi conterranei: “Un toscano ha l’inferno in bocca e il paradiso negli occhi”.

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