Giovedì 10 Ottobre 2024 - Anno XXII

Mal di Shopping

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Alzi la mano chi, specie se donna, non ha mai intrapreso un viaggio (dal weekend fuori porta alla spedizione in Africa) senza chiedersi: “chissà cosa c’è da comprare?”. Via libera, allora, a un “rito” da godersi in beata solitudine

Mal di Shopping

Lo shopping, di qualunque tipo e consistenza, è strettamente legato alla natura femminile, forse proprio perché la prima funzione della donna primitiva era proprio quella della “raccoglitrice”, cioè dell’individuo che nella comunità e nel clan aveva il compito di raccattare cibo, legna, sassi, foglie e tutto quello che poteva servire al gruppo. E “raccoglitrici” siamo, anche dopo decine di migliaia di anni. Raccoglitrici a volte accanite, a volte tiepide, a volte sofisticate, a volte sempliciotte (qualsiasi cosa, purché si compri) a volte abilissime e astute, informate via “internet” o via “guide” su cosa si trova in Brasile o su quello che si può comprare in Lapponia. A questo scopo recondito (spesso inconfessato persino al compagno di viaggio) ci si prepara così:
1 – comprando borse pieghevoli di ogni tipo e dimensione, ficcandole segretamente in fondo alla valigia.

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2 – munendosi, sempre segretamente, di plastica a bolli, di polistirolo in palline o in lastre, di sacchetti di plastica, di scatole piegate (sempre messi in fondo alla valigia) per avvolgere oggetti delicati e fragili, racchiudere vetri, ceramiche, cocci, pericolosi vasetti di marmellate o salse, o profumate ma rischiose spezie, erbe, peperoncini, tè, caffè eccetera.
3 – prendendo con sé nastro adesivo e corde, elastici, fettucce.
4 – facendo un accurato elenco delle richieste dei parenti, delle amiche (da tenere per ultime ovviamente, dopo i propri desiderata) e scrivendosi in agenda le taglie dei committenti, le misure di scarpe, giro testa, guanti, ecc., in modo da non ritrovarsi con un regalo inutile o una commissione sbagliata.
5 – preoccupandosi di avere una piccola riserva di soldi e/o carte di credito usabili e coperte per non rimanere a secco sul più bello.
6 – annotando con cura tutti gli indirizzi (racimolati da anni e perciò magari anche scaduti!) di: negozi, mercati, magazzini piccoli e grandi, negozietti segnalati da riviste italiche o straniere, bugigattoli tenuti da individui sospetti ma collezionisti di materiali interessanti, mercatini delle pulci, dei ladri, notturni e diurni, bancarelle sperdute e fors’anche irreperibili.

Come organizzarsi

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Una volta preparato tutto, si è solo a metà dell’opera, ovviamente. Manca la parte più difficile e anche più divertente. Giunti sul posto – dove che sia, a Nairobi come a New York – bisogna prima di tutto organizzarsi.
Capo primo – Trovare almeno un paio d’ore libere (dal marito se non è un “contaminato da shopping” anche lui) o da una compagnia magari rumorosa e curiosa; procurarsi un taxi e magari l’assistenza di un compagno o compagna di viaggio disponibile e pure lui/lei “contaminato/a”.
Capo secondo – Nascondere abilmente i soldi in appositi contenitori, dividendoli tra portafogli, marsupio, borsa (attenzione agli scippi), cintura a pelle o borsellino da collo.
In tutti gli aeroporti esistono strepitosi oggetti per i viaggiatori fatti apposta per lo shopping; dalle shopping-bag ripiegabili ai borselli per contenere soldi e documenti. Poi, importantissimo, evitare di dimenticare dove sono. Mi è capitato in Madagascar di andare in un piccolo negozio che vendeva pietre preziose (bellissime e a buon mercato) e di trovarmi ad aver lasciato in albergo quel contenitore di soldi che conteneva i “veri soldi”, mentre avevo nella mia bustina a pelle pochi spiccioli, buoni forse solo per comprare le spezie al mercato.

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Occorre fantasia…

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A questo punto, via libera alla fantasia. Si compri, si acquisti, si reperisca, ci si diverta, magari cercando di spendere poco. Non c’è limite alla follia di chi ama lo shopping.
Ho una collega che compra solo perle e se non ci sono perle non compra niente. Un’altra che fa collezione di mucche, un’altra ancora solo di gatti e se non ci sono mucche e gatti, non acquistano. A Sri Lanka avevo come compagno di viaggio e di lavoro un fotografo, come me, “contaminato” da shopping, che cercava però soltanto oggetti in alluminio. Ne ha rimediati di bellissimi, e io lo aiutavo a cercarli, felice di questa complicità. In compenso io sono maniaca di cesti e di oggetti di paglia e midollino: davvero una tragedia, per il trasporto. Le mie valigie al ritorno sono “foderate” di cesti e panieri. E sono arrivata persino ad appendermeli al collo tipo “sherpa” nepalese. Altri cercano tessuti (mania diffusa) e battono tutti i mercati popolari, rimediando stoffe divertenti e a disegni simil-locali (fatte però quasi sempre in Olanda, Belgio, Italia, India, Cina o Taiwan).
Mi è capitato anni fa in un mercato della Nigeria di acquistare una serie di magnifiche pezze di cotone stampato in bianco e blu che mio marito, quasi rabbioso, ha liquidato con disprezzo, informandomi che “questi stracci li facciamo noi in Brianza”. Era vero.

Shopping… e originalità!

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Ma pazienza. Lo shopping è bello perché è così: irrazionale, quasi sempre. E’ una specie di assurda compulsione. E a volte dannosa per le case e i guardaroba. Salvo che ci si trovi in paesi straordinari dove ancora si riesce a reperire qualcosa di veramente bello, di antico, almeno di vecchio, senz’altro di tipico e di locale. I paradisi di questo shopping originale sono ancora certi angoli d’Europa come la Russia, i paesi ex area d’influenza sovietica dell’Est, i paesi mediorientali come la Siria, l’Iran, la Turchia o i paesi nordafricani come Marocco, Egitto, Tunisia, Libia. I genuini “centri shopping” che fanno impazzire di gioia i veri intenditori sono però i paesi orientali come l’India, la Birmania, la Cambogia, la Thailandia, l’Indonesia, il Laos, il Vietnam, la Cina, il Giappone: stoffe, lacche, gioie, sculture, oggetti per la casa, cesteria, stampe vecchie e vecchie foto, gioielli etnici e non. Insomma, questo è l’autentico shopping da delirio, che offre  indimenticabili esperienze ai “contaminati” e spesso travolge anche i più tiepidi e indifferenti, colti da improvvisi raptus.

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Per i modernisti poi ci sono i luoghi dello shopping attuale, tradizionale o tecnologico, come i paesi nordici d’Europa (ideali per gli oggetti per la casa), gli Stati Uniti, la Germania, l’Inghilterra.
I paesi che offrono folclore e prodotti artigianali sono amatissimi dagli shop-haolic: dal Brasile all’Australia, dall’Ecuador al Sudafrica, dai paesi africani e arabi a quelli del Centro America, si può finire per tornare carichi come ciuchi. Di oggetti che poi inevitabilmente non si sa dove mettere e si finisce per regalare.
Ultima tipologia: i paesi dove le cose costano poco. Segnaliamo ovviamente la Cina, Hong Kong (autentico tempio dello shopping a 360 gradi, dal moderno all’antico, dal costoso all’economico); gli Emirati Arabi e i paesi come l’Oman, lo Yemen, l’Etiopia. In questi posti si possono trovare bellissimi oggetti che costano poco e anche oggetti bizzarri o comuni, quasi superflui – dalle viti alle pile, dai profumi alle t-shirt, – ma che hanno un pregio unico: costano niente. A Dubai per esempio si trovano folcloristici grandi magazzini che offrono un’infinità di merce – neppure male – a un euro o due euro al massimo, senza sgarri.

Shopping “proibito”

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Una sola raccomandazione per chi ama lo shopping: attenzione a quello che non si deve comprare per rispettare le regole della eco-compatibilità: no all’avorio, no alle pelli, no alla tartaruga né ai gusci, no al coco-de-mer delle Seychelles, no a certe conchiglie protette. In certi posti (Seychelles, Mauritius, Madagascar, Emirati) le conchiglie le vendono e sono fantastiche: ma se sono in vendita nei negozi vuol dire che si possono comprare. Basta evitare quindi di comprarle dai ragazzini o sulle bancarelle perché possono essere di specie protette. “Last but not least”, una mia personale e finale osservazione: nella mia vita ho tanto viaggiato e tanto comprato, da vera contagiata dal morbo dello shopping. Ora che sono un po’ al capolinea, sapete cosa faccio? Mi dedico agli acquisti gastronomici. Considerato che in casa mia non entra più uno spillo, al massimo posso comprare delle cose che a Natale diventano altrettanti regali, mentre il caviale, le marmellate, il tè, la paella in scatola, il prosciutto spagnolo “pata negra”, il salame ungherese, le aringhe norvegesi, il patè di Strasburgo, le spezie orientali, gli intrugli dei mercati, le salse della Louisiana e via dicendo, a quelli un posto lo trovo sempre. Quelli, prima o poi, me li mangio golosamente. Gustando a casa mia i sapori di tutto il mondo.

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