“No” alla meravigliosa Rio, al samba e alle spettacolari ragazze con tanga minimali. “No” a Sao Paulo e ai suoi grattacieli, alle architetture coloniali di Olinda e Recife. Ecco allora un Brasile diverso, fra orme di dinosauri e iscrizioni rupestri. Paese vasto e affascinante, il Brasile. Altri “no” potrebbero per una volta riguardare la magia di Bahia con le bianche “maman” che profumano di olio di cocco, il “candomblè”, le cascate di Iguacù, le spiagge bionde e infinite di Fortaleza, la foresta amazzonica, bella, umida, densa di misteri. Insomma, “no” al Brasile consueto, scenografico, folcloristico, fremente di colori, suoni e odori, da catalogo di viaggi.
Quello che proponiamo e di cui parliamo è un Brasile inedito. E il nostro viaggio è una scorribanda in una zona piuttosto sconosciuta, nel Natal e nel Paraiba, due stati del Nordeste. Si va a cercare altro, qualcosa di diverso e – diciamolo pure – di totalmente ignorato dai turisti e anche dai viaggiatori più scafati.
Verso il sudovest del grande “Norte”
Il viaggio nella paleo-archeologia e della paleontologia brasiliana comincia a Natal, Rio Grande do Norte. Fondata dai portoghesi il giorno di Natale del 1597, Natal (che Getulio Vargas, allora presidente brasiliano e Franklin Delano Roosevelt considerarono la “piattaforma di lancio” delle truppe che andavano in soccorso all’Europa occupata dai nazisti) è una tranquilla cittadina affacciata su una lunga spiaggia e incorniciata da dune sabbiose e da falesie color di fuoco. Partendo da qui il viaggiatore può scoprire un Brasile inedito e intrigante quello nella preistoria. Si procede in auto, facendo rotta a sudovest, fino al vicino stato del Paraiba. Si attraversano le fasce territoriali brasiliane che si susseguono verso l’interno – il “litoral”, l’ “agreste”, la “mata atlantica”, il famoso “sertao” brasiliano. Si lasciano lungo la strada i paesaggi agricoli, le distese di cactus, le piantagioni. Si attraversa la “Serra Borborema”, una cordigliera che fa da confine tra le zone. E si arriva finalmente alla “caatinga”, la foresta bianca, desolata e arida. Qui le colline, ricoperte di arbusti spinosi e cactus, rendono difficile la scoperta del territorio. Nel viaggio si materializzano cittadine del tutto inattese, come Areia, importante centro di coltivatori di canna da zucchero nei secoli XIX e XX, nota per la sua architettura coloniale e il suo incantevole teatrino di legno di cedro.
Preistoria monoliti illustrati
Improvvisamente, nel bel mezzo di un campagnolo e idilliaco panorama, un colpo di scena straordinario. In riva a un piccolo fiume, il Rio do Bacamarte, appena riscaldata e illuminata dal sole che tramonta, ecco la “Pedra do Ingà”.
La Pedra è un monolito misterioso lungo ventiquattro metri e alto tre, coperto di petroglifi, datati dagli esperti tra il 3000 e il 1000 avanti Cristo. Incisioni di stelle, volute, cerchi, figure di animali e uomini stilizzati, croci, corolle, triangoli, palme, cactus, spighe e pannocchie, coprono tutta la facciata di questo grande “muro sdraiato”, di cui nessuno fino ad ora ha potuto stabilire il vero significato, neppure la celebre archeologa spagnola Gabriela Martin, autrice del libro “Preistoria do Nordeste do Brasil”. Gli studi più accreditati parlano di un altare, parte di un luogo rituale. Ma questi enigmatici segni umani trasmessi dall’antichità sono stati attribuiti, via via nel tempo e da illustri studiosi, a diverse mani: fenici, ebrei, addirittura a extraterrestri. Ma più plausibilmente sono dovuti al lavoro manuale e agli strumenti primitivi di uomini del luogo vissuti nella preistoria dai 6000 ai 3000 anni prima del nostro tempo.
Eremiti e pitture rupestri
Dal Rio Bacamarte ci si avvia ancora verso l’interno del Paraiba e si arriva finalmente al “Cariri”, la fascia del sertao nella quale si sentono ancora gli influssi del mare. La “fazenda di Pai Mateus” – unica locanda della zona – è il punto di partenza per straordinarie escursioni. Al “Lajedo Manoel de Souza” si arriva infatti da qui con un breve tragitto in auto e un’arrampicata di un’ora su una collina punteggiata di cactus e piante spinose. In cima, un incredibile “display” di pietre, di massi granitici. Un arco di pietra rivela all’interno pitture rupestri della preistoria. Altre rocce portano altri segni dell’uomo: stelle, cerchi, uccelli e simboliche immagini di mani, del tutto simili a quelle che si trovano nelle pitture rupestri aborigene australiane.
Il “Lajedo de Pai Mateus” è invece un enorme roccione granitico, una vera montagna punteggiata di massi sferici, vere e proprie “bolas”. Uno di questi – simile ad un elmo – viene chiamato “Helmet Rock”. “Pai Mateus” ci spiega il geologo-archeologo Eduardo Bagnoli, eccezionale guida in questo itinerario brasiliano – era un santone eremita che abitava sulla collina rocciosa, in una grotta”. La “casa” del santone è ancora “arredata” con mobili-massi: un tavolo, piatto e grande, un letto, un angolo cucina, un altare per pregare. La caverna è decorata da antichissimi disegni: ancora mani, stelle, cerchi misteriosi. Dal sommo di Pai Mateus l’occhio spazia sulla pianura arida, la bianca caatinga, distesa a perdita d’occhio fino alle alture della Serra Borborema. Sulla via del ritorno, verso la costa del Rio Grande do Norte, due importanti tappe ancora: “La Valle dei Dinosauri” e il “Lajedo de Soledade”.
Preistoria dove passeggiavano i Dinosauri
La valle dei Dinosauri è un angolo di preistoria preservato miracolosamente nella roccia. Il sito si trova nell’estremo nordovest dello stato di Paraiba, non lontano dalla cittadina di Sousa. In una valle che centoventi, centocinquanta milioni di anni fa era u n lago dalle rive paludose, oggi scorre il Rio do Peixe.
Lungo una roccia piatta si snoda la più lunga e nitida “passeggiata di dinosauri” del mondo: in una cinquantina di metri le impronte – visibili e tangibili – di dinosauri carnivori ed erbivori, “teropodi” e di “sauropodi”. In questo sito, ora monitorato e protetto, ha lavorato anche e soprattutto il paleontologo italiano Don Giuseppe Leonardi, un sacerdote veneziano che oggi è titolare di una parrocchia vicino a Napoli. Uno studioso che ha lavorato anni e anni al mistero dei dinosauri. Lasciata la valle, in poche ore di auto si arriva in un sito che a ragione viene considerato una delle più importanti testimonianze del Brasile archeologico.
Nell’antico mare, incisioni e pitture della preistoria
Il “Lajedo de Soledade” è il fondo di un antico mare, una vasta distesa calcarea di circa un chilometro e mezzo quadrato, di età geologica stimabile attorno ai novanta milioni di anni, percorsa da brevi e non profondi canyon, sotto la quale si aprono cunicoli, caverne e grotte, un tempo certamente abitati da uomini preistorici.
All’interno delle grotte – molto basse e quindi difficili da esplorare e fotografare – ben cinquantatre “pannelli” di pitture rupestri – disegni color ocra e rossiccio – e di “gravures”. La datazione di pitture e gravures è stimata tra i tremila e i diecimila anni prima del nostro tempo. Il Lajedo de Soledade – scoperto proprio dal geologo Eduardo Bagnoli – viene conservato grazie alla Fondazione “Amici di Lajedo de Soledade”, creata dallo stesso Bagnoli in collaborazione con Petrobras, compagnia petrolifera nazionale brasiliana. Nel vicino paesino di Soledade – una sola strada, profilata da case coloratissime, ristrutturate e conservate grazie alla Petrobras – un piccolo museo e qualche simpatico negozio. Qui alcuni ragazzi, giovani artigiani, vendono – ripetuti su carta e su pietra – i disegni dipinti sulle pareti delle grotte del Lajedo.
Perché i pochi visitatori che si avventurano qui portino con loro, da questo strano Brasile, un pezzetto di preistoria.
L’archeologo
Eduardo Bagnoli, quarantacinque anni, brasiliano di origini italiane, parla quattro lingue e vive a Natal. Geologo, specializzato in Sedimentologia e Archeologia, con un passato di ingegnere presso la maggior compagnia nazionale petrolifera del Brasile (Petrobras), da undici anni nel Nordeste Brasiliano.
Dal 1995 si è completamente dedicato ad accrescere le sue cognizioni archeologiche nella zona. Ha “scoperto” i siti di Pai Mateus e Lajedo de Soledade e ricopre importanti cariche nelle fondazioni per la ricerca. Si occupa attivamente di ecoturismo, organizzando escursioni e spedizioni che partono da Natal.