Turismo, quante sciocchezze si commettono nel tuo nome!
Proprio in questi giorni il Corriere della Sera ne segnala una. Racconta infatti che in occasione del ponte di novembre alcuni politici hanno tirato su un charter e se ne sono andati a buttar via soldi, tempo e testa in un posto di cartapesta sul Mar Rosso che gli yankees –vittime storiche dalle finzioni di plastica e poliestere di Walt Disney- non a caso chiamano mickey mouse.
Turismo, quanti equivoci si verificano nel tuo nome!
C’è chi dice che la doc va data a un viaggio non per il suo contenuto di interesse, intelligenza e miglioramento della testa del partecipante, ma in base alla sua durata e distanza. Secondo questo criterio è pertanto viaggiatore chi parte, fa 11 ore d’aereo (a bordo dorme o parla dell’Esselunga), passa una settimana senza uscire dal Villaggio tra piscina e all inclusive (al massimo esce per andare al mercatino tipico rivendente la solita paccottiglia mickey mouse), torna rifacendo altre 11 ore di volo dopodichè va in giro a dire agli amici che è stato in Messico o a Cuba o in Indonesia. Parimenti, al loro ritorno dal mickey mouse del Mar Rosso i suesposti charterizzatori racconteranno di essere stati in Egitto solo perché sulla spiaggia han preso per il sedere il cammelliere contrattante l’escursione sul cammello (l’unico essere vero della vicenda, tutto il resto è finto, cartapesta).
Mete “minime”, soddisfazione “massima”
L’autore di queste umili righe, invece, non solo discorda da chi afferma che il Turismo è quello che va lontano, ma è pure certo che si fa turismo anche spostandosi nella propria città.
Distanza e durata sono due notevoli componenti del Turismo, ma non le uniche.
Ben più importanti nell’economia di un viaggio (lungo o breve che sia) sono la voglia di vedere, di apprendere, la curiosità, l’interesse e l’importanza che sappiamo assegnare a ciò che vediamo.
Non per niente tempo fa fu narrato un viaggio dentro Milano (al Museo Archeologico di corso Magenta) per ammirare un magnifico calice romano del IV secolo, con escursione alla cistercense abbazia di Chiaravalle. Successivamente, lo scrivano si spinse pure fino a Pizzighettone per scoprire e informare su vicende storiche e buona gastronomia (forse meno interessanti perché vicine)?
Dopodichè, visto che la cosa sembra funzionare, eccolo adesso oltrepassare le barriere regionali per sconfinare nel Vej Piemont –più esattamente il dolce Monferrato, carducciano Suol di Aleramo-, mèta ultima Murisengo (con pit stop a Casale) per un racconto (con ascendente cultural sbafatorio) che costituisce l’oggetto di queste righe.
Tour italo-ispanico nel Monferrato
Co-èquipie
r dello scrivano è Carlos, neo Jefe del Turismo Spagnolo. Si viaggia insieme secondo una sorta di tacito accordo prevedente (solo un parziale conguaglio) che l’estensore di queste umili righe mostri la sua terra agli amici spagnoli, a fronte della grande ospitalità da sempre riservatagli a sud dei Pirenei. Oltretutto non è poi così difficile spiegare la nostrana storia agli spagnoli, datosi che di essa furono gli artefici per alcuni secoli (e noi i sudditi, vedi il Milanesado, le Mura Spagnole che il Comune lascia sbriciolarsi, la Porta Romana, il Senato, la parola ciulare dallo spagnolo chulo, bullo, spaccone).
Si parte. Autostrada Torino/Milano, a Santhià a sinistra, altra autostrada, si punta verso Casale, passati Ticino e Sesia si va verso il Po. La sbadigliante uniformità del paesaggio (solo risaie) trova sollievo nel fatto che almeno varia col passaggio delle stagioni (acquatico in inverno, verde in primavera, dorato in estate, grigio di terra brulla in autunno a raccolto avvenuto). E infine ecco i due viaggiatori a Casale per un pit stop di Punt e mes al bar Savoia (nome politicamente poco simpatico –almeno per la parte italiana dell’equipaggio- ma si tratta del miglior bar cittadino, eppoi il livello della sete è inferiore solo alla voglia di far degustare a Carlos questo piemontesissimo aperitivo -vermouth con infuso di erbe e spezie- inventato a Torino nel 1786 da Antonio Benedetto Carpano). Poiché importante località storica (e dalla bella architettura barocca mercè il sapiente uso del cotto) Casale ha visto tanti altri spagnoli precedere Carlos. Ad esempio quelli dei Tercios schierati da Gonzalo de Cordoba durante il celeberrimo assedio del 1628, una vicenda invero intricatissima. Muore un Gonzaga (signori di Mantova e del Monferrato) senza successione eppertanto per entrare in possesso di queste importanti e strategiche terre si accapigliano alcuni suoi parenti più o meno lontani (Carlo di Gonzaga Nevers, Ferrante Gonzaga di Guastalla, Margherita Gonzaga duchessa di Lorena: chi vuol saperne di più si legga gli Annali d’Italia di Ludovico Muratori, 1783). Ne sortì una bella bega che coinvolse la Spagna nonché (si sorvola sul precisare gli schieramenti) la Francia, il papa, i Savoia, l’Impero, Venezia, e culminò nell’Assedio della fortificata piazzaforte piemontese (cui seguì poco dopo il disastro socioeconomico -con carestie e sommosse- di cui ai manzoniani Promessi Sposi).