Giallo Palazzi Olimpici
Le Olimpiadi, come insegna anche monsieur de la Palisse, si fanno nei “palazzi olimpici”. Beh, diciamo che Torino non si è fatta mancare nulla, al proposito.
Chi, con la scusa di seguire una gara olimpica, si avventurerà in uno dei contenitori, nuovo o riciclato, troverà comunque un manufatto di alta qualità.
Basta pensare al Palaghiaccio progettato dall’architetto giapponese Arata Isozaki. Intervistato sull’argomento, ha detto più o meno così: ‘…ho voluto fare un oggetto di uso comune, un computer portatile…quando si apre lo schermo appaiono meraviglie…’. Bella metafora. Effettivamente, entrando, si trova una struttura flessibile, che si può trasformare in tante cose diverse.
Vicino, lo Stadio Olimpico (1933), che conserva memorie di grande calcio, legate a Juventus (venti scudetti) e Torino (uno scudetto) è stato trasformato mantenendo la struttura originale. Come anche la Torre Maratona, con l’antistante “piazza”, dove svettano le colonne torte di Tony Cragg e il Giardino delle Olimpiadi.
Il PalaVela, una delle più belle architetture di “Italia” ’61 (celebrazioni per il centenario dell’Unità d’Italia) con quel tetto di pura geometria (a “vela”, su tre archi) dove si arrampicava la mini di Michael Caine nel film “The Italian Job”, ha trovato una nuova dimensione con Gae Aulenti.
L’Oval di Studio Zoppini, 25mila metri quadrati senza un pilone, è una pista di ghiaccio di 400 metri, più tribune per 8.000 spettatori e sarà un nuovo padiglione del Lingotto Fiere. Senza togliersi la possibilità di ridiventare palazzo del ghiaccio.
E il giallo? Beh, era l’unico colore rimasto…