Venerdì 11 Ottobre 2024 - Anno XXII

Viaggiare comprando. Semplicemente

Foto-di Giovanni Dall'Orto

Cinquant’anni fa Giovanni Ansaldo, uno dei grandi giornalisti del Novecento, diceva: “viaggiare è una partita di shopping”. Oggi la globalizzazione fa diventare vero anche il contrario: una partita di shopping può diventare un viaggio

Ingvar Ikea Kamrad, fondatore di Ikea nel 1943
Ingvar Kamrad, fondatore di Ikea nel 1943

L’esempio è l’Ikea, la multinazionale svedese dell’arredamento. Tutti i prodotti riportano sull’etichetta il nome del Paese di fabbricazione e camminare nei magazzini è come volare dalla Cina alla Thailandia, dalla Polonia alla Gran Bretagna, dall’India all’Italia. L’effetto può essere sorprendente anche per la rivelazione di piccoli paradossi: i servizi da tavola all’americana, per esempio, sono fabbricati in Russia!
Si potrà obiettare che la globalizzazione risiede ovunque, dal piccolo negozio di alimentari, alla bancarella di un mercato, a un qualunque centro commerciale.
Ma qui c’è qualcosa di diverso e un po’ speciale, c’è il “modello-Ikea”, con la sua originale interpretazione del mappamondo e del business.

Un mondo di “etichette”

Ikea

Il gruppo svedese progetta in proprio e fa produrre da terzi arredi e complementi d’arredo che poi vende con il suo marchio. Non sceglie il prodotto sul mercato, ma sceglie il produttore. Su scala mondiale.
Così i mobili sono in gran parte fabbricati in Italia (cucine Snaidero, divani Natuzzi, sedie Calligaris; ma le aziende hanno l’obbligo di rinunciare al proprio marchio). Oggetti in vetro nella Repubblica Ceca, utensili di metallo in India, vasi di terracotta smaltata in Vietnam, mobiletti per bambini in Svezia o in Slovenia, candele in Polonia, lampadine a basso consumo in Germania, tessuti in Pakistan, tovaglioli in Lituania, trapunte in Gran Bretagna, sedili per water in Francia, lampade d’arredamento in Finlandia, plafoniere in Romania…

Ikea, regole ferree, per vendere

Ikea

Le etichette che permettono, restando sullo stesso scaffale, di saltellare da un Paese all’altro, non sono soltanto l’originale materializzazione di un catalogo di viaggi, inducono anche a un diverso livello di lettura, squisitamente economico.
Attraverso le scelte del committente-Ikea è possibile intuire quali siano le specialità industriali delle varie aree. Se un portabottiglie inox proviene dal Vietnam, significa che l’industria di quel Paese è stata in grado di offrire il meglio, nel rapporto “qualità-quantità-prezzo”, per quel tipo di prodotto. Si capiscono dunque competenze, esperienza, vocazioni.
Dall’Italia provengono soprattutto mobili in legno e utensili in plastica, dall’Olanda piante e fiori, tovaglie dalla Turchia. Sui banchi della catena svedese il viaggio è tra le eccellenze industriali: perché le fabbriche devono essere in grado di offrire qualità in grandi quantità (gli ordini sono di milioni di pezzi, distribuiti poi in tutto il mondo) al prezzo più conveniente. Devono, su precisa richiesta, essere in grado di rivelare tutto il percorso delle materie prime e del prodotto, di assicurare che il legno non provenga da foreste amazzoniche e che il lavoro non sia stato svolto da bambini.
Nel “modello Ikea” si ritrovano molti connotati di valore morale.  Per esempio, i produttori non vengono “strozzati”, tutt’altro. I contratti sono di lungo periodo per favorire investimenti e gli ordini non superano mai livelli di normale capacità, perché un committente onesto deve sentirsi responsabile del rischio del fornitore; talvolta, per questo motivo, grosse commesse dello stesso prodotto vengono suddivise tra produttori diversi.

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Una “macchina” ben oliata

Viaggiare comprando. Semplicemente

I principi della socialdemocrazia scandinava e della tradizione calvinista si ritrovano nella tensione sul prezzo, perché prezzo basso (o meglio, prezzo onesto) significa distribuire benessere tra la gente. La rotazione del magazzino è molto elevata, quasi diciotto volte all’anno, e questo – oltre ad alimentare il “cash-flow” – permette di mettere mano di frequente all’offerta, sempre rinfrescata con quote di prodotti nuovi.  Per risparmiare, l’Ikea chiede la collaborazione di clienti e dipendenti. I primi devono scegliere, prendere le misure, portarsi a casa i mobili e montarli da soli. Il rapporto di commessi Ikea con quelli degli altri centri commerciali è di uno a cinque. I dipendenti devono rispettare regole ferree; per esempio, negli spostamenti sono ammessi solo alberghi a tre stelle, i biglietti aerei sono low-cost, quelli in treno sono di prima classe solo oltre i quattrocento chilometri, le auto aziendali sono delle economicissime Skoda. E questo vale per tutti, a cominciare dal presidente.  In compenso i prodotti, anche già usati, possono essere restituiti ottenendo indietro denaro contante e il catalogo, se acquistato in edicola, viene rimborsato alla cassa.  Le famiglie orientali, che devono rinunciare di mettere a frutto le operose manine dei loro bambini, (altrimenti Ikea non acquista) si vedono finanziare cooperative di lavoro, mentre ai figlioletti vengono dati i mezzi per poter fare quello che è giusto facciano: andare a scuola.

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