Il popolo Inuit
Tutti i tentativi di classificazione dei popoli artici si sono finora rivelati deludenti. Le enormi estensioni territoriali interessate, le bassissime densità di insediamento, la distribuzione della popolazione in paesi diversi e soprattutto la tendenza al nomadismo, ne rendono problematica la conoscenza, sia dal punto di vista antropologico che da quello etnografico e linguistico.
Il termine “eschimese” (probabilmente derivato dall’algonchino “wiyaskimowok”, cioè “mangiatore di carne cruda”) compare per la prima volta, nelle memorie dei viaggiatori europei, nel 1632. Oggi il termine viene impiegato per indicare tutti gli indigeni dell’estremo Nord americano e della Groenlandia, in tutto circa 40.000 individui. Tuttavia, gli eschimesi si dividono in vari gruppi. Gli “Inuit”, parola che nella lingua locale vuol semplicemente dire “gli uomini”, sono un popolo tradizionalmente nomade, che ha risentito nel profondo (come tutta la società eschimese) dell’arrivo, dei bianchi, a datare dalla prima metà del Settecento. Le navi baleniere, i commercianti di pellicce, gli aerei, le armi da fuoco, hanno modificato nello spazio di pochi decenni le abitudini, inalterate per secoli, di questa gente selvatica e austera. Della cultura tecnica ed elementare, ma efficace, che aveva consentito agli Inuit di adattarsi a un ambiente naturale ostile, non resta quasi più nulla. Il fucile ha sostituito l’arpione; la barca a motore ha preso il posto del kayak; gli “stores” all’occidentale, hanno segnato il tramonto della tradizionale economia di scambio. Oggi i bambini Inuit frequentano le scuole statali e il governo canadese, dopo aver costruito per loro insediamenti stabili, ha impiegato gli adulti nelle miniere e nella lavorazione artigianale di un minerale molto diffuso nell’estremo nord canadese: la steatite. Tuttavia, anche dopo la recente costituzione di un vasto territorio autonomo, il Nunavut, che in lingua Inuit significa “terra nostra”, resta problematica la sopravvivenza di una lingua e di un’identità tra le più originali della Terra.
Periodo del viaggio, equipaggiamento, carte e guide
L’estate è breve. Il periodo migliore per compiere trekking va da metà giugno a metà settembre. La temperatura media è di +10 gradi. Durante l’inverno l’ambiente è straordinario, ma radicalmente diverso e le temperature oscillano tra i -15 gradi e i -40 gradi. Da dicembre ad aprile è tutto completamente ghiacciato. A febbraio c’è già molta luce. Trattandosi di luoghi estremamente ostili per l’uomo, l’equipaggiamento e l’attrezzatura devono essere confacenti. L’Artide in inverno complica non poco la vita, con rigidissime temperature che possono scendere sino a 50 gradi sotto zero.
Per il mio viaggio, disponevo di tendino, sacco-letto in piumino d’oca d’alta quota, materassino ultraleggero, mini-fornello (per sciogliere il ghiaccio) cibo liofilizzato, piccozza, zaino (50 litri) fotocamera, obiettivi e cavalletto per gli autoscatti.
Per l’abbigliamento: salopette e scarponi rigidi d’alta quota, guanti, giacca a vento in gore-tex, occhialini. La mountain bike utilizzata: una bici leggera con telaio Columbus Nivacrom e cerchi ad alto profilo; disponevo di coperture Irc lievemente chiodate.
L’unico inconveniente l’ha presentato la forcella ammortizzata anteriore, una 3G a elastomeri che, malgrado l’ottima qualità, a 30 gradi sotto zero si è completamente bloccata risultando così inservibile. Per orientarsi al meglio, ho trovato sul posto carte dettagliate. Molto utile è risultata la rivista “The Arctic Traveller”, reperibile presso l’Ufficio per il Turismo Canadese di Milano. Si tratta di un’eccellente pubblicazione annuale, ricca di informazioni aggiornate. Altra pubblicazione essenziale: “The Baffin Handbook”, in lingua inglese, che può essere acquistata in libreria a Iqaluit, oppure la si può richiedere scrivendo a Baffin Handbook, P.O. Box 8, Iqaluit Nwt Xoa Oho.
A Iqaluit e dintorni
Il bar
– The Frobisher Inn, in cima alla collina di Iqaluit. Si tratta di un bell’albergo con servizio caffetteria e cinema. Telefono 867-979-2222, frobinn@nunanet.com
L’albergo – Accomodations By The Sea, a due chilometri dalla cittadina, con bella vista sulla baia. Telefono 867-979-6074
Il ristorante – Al Discovery Lodge Hotel, in centro. Telefono 867-979-4433, disclodg@nunanet.com
Il negozio – Eetuk Outfitting Equipment Rental. Telefono 867-979-1984, eetuk@nunanet.com. All’interno del negozio, Arctic Survival Store può organizzare qualsiasi viaggio si desideri fare.
Da vedere
A Iqaluit merita una visita il Nunatta Sunakkutaangit Museum, dove sono in mostra l’arte e la cultura Inuit.
Nel Sylvia Grinnel Territorial Park, a un paio di chilometri dalla cittadina, sono presenti siti archeologici segnalati dai caratteristici “Inukshuk”, statue di roccia dalle sembianze umane.
Il Qaummarvit Historic Park, invece, si trova a dodici chilometri di barca o (in inverno) di slitta da Iqaluit. Qui è conservato un insediamento degli antichi Inuit Thule, che per oltre 750 anni utilizzarono la zona come campo invernale. Sono ancora visibili molte delle loro case, costruite con zolle erbose e vari manufatti.
Per raggiungere la Terra di Baffin
Il luogo è la Baia di Frobisher, villaggio di Iqaluit, capoluogo del Nunavut Territory (Canada). Ci si arriva con Air Canada; ci sono quattro voli alla settimana Roma-Toronto e Milano-Toronto. Per informazioni: Iqalugaarjuup-Nunanga-Entrance, via Carlo Veneziani 58, Roma, telefono 06 6551112 (per il pubblico); numero verde 800919091 (solo operatori). La cittadina di Iqaluit è raggiungibile con volo interno, via Ottawa, con la compagnia aerea AirTerra, oppure via Edmonton con la compagnia FirstAir. La tratta più breve è quella da Ottawa e il volo dura circa tre ore. Sull’isola di Baffin operano piccoli velivoli ad elica, in grado di trasportavi anche nelle regioni più sperdute; occorre però tenere presente che a volte tali tratte vengono cancellate per il maltempo o addirittura si deve invertire la rotta per l’impossibilità di atterrare. Le piste sono infatti in terra battuta!
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