Giovedì 25 Aprile 2024 - Anno XXII

In Antartide con gli scienziati per svelare l’enigma del clima

Antartide

Il viaggio in Antartide si è concluso. Dalla partenza all’arrivo e ritorno, abbiamo documentato con i video il lavoro della spedizione. Ora riassumiamo in questo servizio il vissuto di oltre un mese a bordo della nave Italica in navigazione verso la base italiana Mario Zucchelli in Antartide

Antartide, la spedizioneIn Antartide il blu è così denso e profondo che pare una guaina di plastica distesa sul globo. La chiglia ci scivola sopra, spandendo onde oleose sulle quali dondolano losanghe di ghiaccio che si incuneano l’una nell’altra, formando una testuggine bianca che si ingigantisce a perdita d’occhio per poi compattarsi lungo costa e impennarsi in un lenzuolo di montagne a strapiombo sul mare.
Questo é l’Antartide per chi ci viene la prima volta e si lascia incantare dal suo mito. Per i veterani dell’esplorazione scientifica quel bianco e quel blu non hanno nulla di fantastico. Sono solo elementi fisici e chimici di un processo da cui dipende l’equilibrio climatico del nostro pianeta.
Basta un viaggio con loro per strappare la remota terra dei ghiacci dall’aura leggendaria in cui l’hanno avvolta i racconti dei pionieri, e in particolare la gara per la conquista del Polo Sud tra Scott e Amundsen, e percepirla come qualcosa di concreto che tocca da vicino tutti noi.

Da Lyttelton in Nuova Zelanda alla Baia di Terranova

Antartide, la partenza dal porto di Lyttelton
La partenza dal porto di Lyttelton

Sono passate quattro settimane da quando siamo salpati dal porto neozelandese di Lyttelton con l’Italica, la nave della spedizione italiana del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide. La rotta dalla Nuova Zelanda lungo il 170 meridiano è quella più corta per raggiungere la base tricolore Mario Zucchelli nella Baia di Terranova. Ma una vita sembra già trascorsa.
A sud del circolo polare antartico, l’assenza di oscurità dilata il tempo. Mente e corpo quasi dimenticano di dover dormire, mentre i giorni si fondono l’uno nell’altro e contarli diventa altrettanto assurdo che contare l’eternità. I primi a non curarsi del sonno sono proprio i ricercatori a bordo dell’Italica, impegnati senza tregua a calare sonde elettroniche e bottiglie di campionamento, prelevare acqua e ghiaccio, misurare le correnti, la temperatura, le strutture chimiche, la salinità e i sedimenti nel mare.
Un susseguirsi di attività frenetiche per scomporre la bellezza dell’Antartide nelle sue più microscopiche particelle e carpirne i segreti da cui dipende il futuro della vita sulla Terra.
Attraverso il finestrone della sala comando si vedono container-laboratorio pieni di apparecchiature emergere dalla stiva o scomparirvi dentro, appesi a bracci meccanici che si alzano, abbassano, volteggiano nell’aria come una giostra, rompendo la linea di un orizzonte così vicino all’orlo del mondo che s’incurva intorno alla nave come una ciambella.

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La disposizione delle attrezzature cambia a seconda dell’attività programmata tale o tal’altro giorno. Intorno ad esse sono indaffarati i marinai che danno manforte ai ricercatori manovrando manopole, carrucole e cime per il lancio o il recupero delle strumentazioni.
Il rombo e lo stridio nella sala macchine che sgorga dal ventre dell’imbarcazione sono l’urlo di battaglia di questo microcosmo di uomini, donne e tecnologia che erra nella grandiosa desolazione del mare antartico interrotta solo da ciclopici iceberg che spuntano qua e là come vestigia in rovina di un’antica civiltà marina, lasciando dietro di loro una scia di frammenti sui quali vanno alla deriva solitarie foche e pattuglie di pinguini.

In Antartide per controllare il clima terrestre

Antartide_ghiacciMa perché? A cosa serve tutto questo sforzo? Cosa c’è qui di così importante nel continente più a sud del pianeta?
“L’ Antartide, e in particolare il Mare di Ross dove conduciamo la nostra campagna oceanografica, è un motore chiave del clima terrestre”, spiega Giorgio Budillon docente di Oceanografia e Meteorologia all’Università di Napoli “Parthenope” e coordinatore scientifico della spedizione, “qui ha origine un ciclo fisiologico che permette il continuo scambio tra il freddo polare e il caldo dei nostri territori, mantenendo così costante la temperatura media della Terra”.
Nel dettaglio, ci spiegano i ricercatori, la formazione del ghiaccio marino libera sale che si accumula nelle fredde acque sottostanti che diventano più pesanti e sprofondano raffreddando gli abissi oceanici, richiamando verso le zone polari le calde acque superficiali che hanno assorbito il calore in eccesso nelle zone temperate del pianeta. Queste acque si raffreddano a loro volta, aumentano la loro salinità e sprofondano nuovamente per tornare da dove sono venute. Tutto funziona come un lento nastro trasportatore che impiega circa 1000 anni a completare il suo ciclo.
“Se si inceppasse questo meccanismo che sposta il calore da dove ce n’è troppo a dove ce n’è poco, da noi farebbe sempre più caldo mentre in Antartide farebbe sempre più freddo”, continua Budillon, “Veniamo appunto nel Mare di Ross per fare una serie di analisi che ci consentano di verificare se il sistema funziona correttamente o se ci sono anomalie”.

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