Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Kenya, l’ultima Africa a Kitich Camp

Il pilota si aggiusta le cuffie e il Piper rulla sulla pista di asfalto del campo di aviazione di Nairobi. Con un tocco morbido alla cloche fa alzare da terra quel piccolo aeroplano nel quale sono state caricate poche valigie e molti sogni

Giulio Bertolli, cacciatore pentito

L'ospitalità di Giulio Bertolli (Foto:Nico Tondini)
L’ospitalità di Giulio Bertolli (Foto:Nico Tondini)

Veniva a Kitich Camp molti anni fa, quando la caccia grossa era uno sport per pochi e ammazzare un elefante o un leone era considerato un vanto e non un crimine.
Con acume e intelligenza Bertolli ha capito che il futuro dell’Africa si sarebbe giocato tra le mandrie di “Mbogoo Nyati” (i temibili bufali cafri) tra le zanne di avorio di “Tembo” (gli elefanti) tra i ruggiti potenti di “Simba” (i leoni) e i lamenti notturni di “Fisi” (la iena ridens).
Così, come in una favola moderna, il “cattivo” cacciatore si è trasformato in un manager e in una buona guida che ha cura dei suoi ospiti e dei suoi animali. Bertolli ha acquistato Kitich Camp, lo ha trasformato da mattatoio in un’oasi africana. Ha piantato tende inglesi confortevoli e le ha dotate di tutto l’essenziale.

La tenda (Foto:Nico Tondini)
La tenda (Foto:Nico Tondini)

Ha un fascino un po’ retrò la luce gialla delle lampade a petrolio poste sui comodini delle tende, come singolare è la doccia. L’acqua è portata in secchi da due inservienti Samburu. Uno versa l’acqua calda in un recipiente di cuoio, l’altro versa la fredda. A questo punto la grande borsa di pelle piena d’acqua a temperatura desiderata, viene issata con una corda e fissata. Basta aprire il rubinetto sottostante la borsa per una doccia spartana, ma funzionale.
Non si usano auto per il safari. Non ci sono strade a Mathews Range e la filosofia di Bertolli è rigida: safari solo a piedi.
Qui non siamo nel Parco di Amboseli, di Nakuru o di Tahita, dove ci sono vie battute e si creano ingorghi di fuoristrada per vedere un leone annoiato.
Tra le colline di Mathews Range gli animali sono veri, non sono abituati alla presenza umana e il safari non è un gioco per turisti chiassosi.

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Le emozioni del Safari

Safari a piedi (Foto:Nico Tondini)
Safari a piedi (Foto:Nico Tondini)

Si parte al mattino presto, preceduti da un paio di battitori Samburu armati di lance. Giulio Bertolli è dietro di loro, con il suo fucile. In caso di reale pericolo è pronto a sparare in aria per spaventare gli animali.
E’ una lunga passeggiata in fila indiana, in silenzio, fino a che un Samburu avvista un piccolo branco di elefanti. Bertolli fa avvicinare i turisti, tenendoli controvento, in modo che gli animali non siano allarmati dall’odore degli intrusi. Si procede carponi tra le erbe alte fino ad arrivare a una decina di metri dagli enormi pachidermi che strappano rami e grandi ciuffi d’erba per nutrirsi. L’emozione è enorme; il cuore batte forte e il battito è accentuato dal silenzio irreale.

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