Allarme nero
Saprà la nuova Noto vincere l’ultima sfida? Quella contro le trivelle dell’americana Panther Oil (e di altre aziende petrolifere) che secondo la concessione rilasciata il 22 marzo del 2004 dalla Regione Siciliana possono già iniziare a cercare il petrolio, minacciando quindici comuni a cavallo delle province di Siracusa, Ragusa e Catania; sono 74.637 ettari di alto interesse archeologico e ambientale nella sola area netina, lungo il corso del fiume Tellaro. Scandalo a livello nazionale, denunciato da Legambiente, dal WWF, dal Fai, che la giudicano una scelta irresponsabile e miope che comprometterebbe un paesaggio tra i più incantevoli dell’isola.
Se oggi i pareri in Sicilia appaiono (quasi) concordi nella levata di scudi contro le trivellazioni, il governo regionale aveva invece creduto nel miraggio di un facile benessere facendo passare tutto sotto silenzio.
L’Associazione cittadina dei Verdi ne è venuta a conoscenza solo nel settembre del 2004, dando così inizio, con alcuni organismi ambientalisti, ad una serie di azioni di protesta. Del febbraio 2005 è la nascita di un Comitato contro le trivellazioni petrolifere nel Val di Noto, al quale aderiscono molte associazioni e tanti cittadini.
Un risveglio delle coscienze, dunque. Il territorio si è espresso chiaramente contro l’assalto a presunti giacimenti inesplorati. Amministrazioni comunali che inizialmente non si erano manifestate, hanno chiesto ora la revoca della concessione in nome di un modello di sviluppo eco sostenibile faticosamente costruito negli ultimi anni da Noto e dai comuni della zona sud, che scommette il futuro del territorio sulla tutela dei beni ambientali e architettonici, privilegiando il turismo culturale, ecologico e l’agricoltura di qualità.
Problema risolto, allora? Niente affatto. Se la Delibera della Giunta Regionale del 20 maggio 2005 prevedeva la sospensione, ambigua e provvisoria, della concessione unicamente nel Val di Noto, legittimando di fatto lo scempio appena fuori dall’area dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco, quella dei primi di agosto ha invece dato via libera alle trivellazioni anche nei siti tutelati (Val di Noto). Sconfitta a tutto campo, dunque, per gli ambientalisti e i comitati contrari alle trivellazioni, ma soprattutto sconfitta di un modello di sviluppo che pone serie questioni per il futuro del territorio e dell’intera Sicilia.
I dintorni di Noto
All’inizio fu Neas, nell’età del bronzo; poi Neaton, così chiamata dai greci; quindi Netum dai romani, che la conquistarono senza trovare resistenza e infine, Noto, durante l’occupazione araba, quando divenne capitale di una delle tre valli che componevano sotto il profilo amministrativo l’intera Sicilia.
Per comprendere Noto bisognerebbe cominciare proprio dalle sue origine, di cui, dopo il disastroso terremoto del 1693, è rimasto ben poco.
Della città antica infatti, circa tredici chilometri a nord della Noto odierna, sul Monte Alveria (a 420 metri di altezza) si possono vedere soltanto un tratto della possente cinta muraria e una torre del castello reale, una necropoli e l’imponente porta d’ingresso. Ma questa è solo la prima tappa di un breve itinerario nella Valle di Noto. I dintorni della città sono molto interessanti, soprattutto da un punto di vista naturalistico. E piccole aree protette sono sparse un po’ ovunque, accessibili a chiunque non si lasci spaventare dalla possibilità di un’escursione a piedi.
Più a nord-est, proprio sopra Avola, si trova la Cava Grande del Cassibile, un canyon profondo sino a trecentocinquanta metri e lungo una decina di chilometri, da percorrere a piedi solo se non piove, perché in questi casi viene chiuso per motivi di sicurezza.
Un’altra riserva naturale si trova invece verso sud, lungo il lembo di terra più meridionale della Sicilia; ovvero, la costa orientale che da Avola scende sino a Portopalo di Capo Passero, per terminare al Capo delle Correnti, dove le acque del Mar Ionio incontrano quelle del Mediterraneo.
Mancano le grandi spiagge e le classiche immagini da cartolina, ma per gli stessi netini è proprio qui, nella Baia di Vendicari, che bisogna venire per fare il bagno e per non trovare la confusione tipica dei luoghi più turistici e più noti.
Tutta la zona è caratterizzata da una varietà di pantani salmastri tra i più belli della Sicilia, che si raggiungono percorrendo la strada statale per Pachino.