Venerdì 19 Aprile 2024 - Anno XXII

Le Missioni Gesuitiche della Bolivia

Bolivia El Fuerte de Samaipata

Una vicenda bellissima, coinvolgente, che affascina e intriga per la diversità delle sue molte componenti: storia, arte, spiritualità, cultura. Senza trascurare le sensazioni e gli stati d’animo che esprime. Nella lontana “Chiquitanìa”

Musica barocca, a misura di Indios

Bolivia Musica alla Misiòn San Josè
Musica alla Misiòn San Josè

Siffatta meraviglia era destinata ad aumentare quando dai Gesuiti fu introdotta la musica come ulteriore veicolo nel processo di evangelizzazione. Per motivi tanto misteriosi quanto strani, i nativi furono avvinti dalla musica barocca e divennero in primo tempo buoni allievi e quindi ottimi esecutori delle composizioni ascoltate nella Misiòn. Non solo. Dopo aver appreso il canto e la melodia, i bravi  Chiquitanos impararono anche a fabbricare gli strumenti musicali (viole, arpe, flauti, liuti).
Affascinato dai cori e dalle orchestre indigene, nel 1747 il Maestro Gesuita Josè Cardiel confessò di “aver attraversato tutta l’Europa e di aver ascoltato in poche cattedrali musica migliore”. Fortunatamente l’abilità manuale e la passione non furono scalfite dal tempo. A Urubichà si fabbricano attualmente ottimi violini di legno ecologico con la stessa sapienza artigiana di duecento e cinquant’anni fa. Nella Misiòn di Santa Ana si prova un brivido ascoltando un organo a canne del 1760 tuttora ben  funzionante, mentre nel vicino piccolo museo si ammirano arpe e violini fabbricati nella regione o provenienti da altre Misiones; si è già accennato infatti alla sosta di Martin Schmid a Cordoba, con altri  Gesuiti dalle grandi conoscenze musicali.

Misiòn Santa Ana
Misiòn Santa Ana

La vita nelle “Comunas”, l’utopico Regno di Dio in terra, ardito progetto politico sognato e inseguito dai religiosi ispirati da Sant’Ignazio da Loyola, ebbe termine in questo angolo della Bolivia quando il 13 ottobre 1767 i soldati del re di Spagna giunsero a Concepciòn a notificare alla Compagnia di Gesù l’ordine di espulsione.
Fortunatamente il disastro fu evitato grazie al già avvenuto assorbimento della cultura musicale e delle costruzioni da parte degli Indios; questi, a Gesuiti già espulsi, nel  1775 eressero la Misiòn di Santa Ana senza alcun aiuto; lo testimonia l’assenza della sigla della Compagnia, IHS Iesus Hominum Salvator, presente nelle altre chiese. Nonostante un clima subtropicale poco adatto alla preservazione e l’inclemente legge del tempo, le Misiones della Chiquitanìa – seppur in uno stato sempre più precario – riuscirono a sopravvivere nella duplice funzione di luogo di fede e di cultura musicale. Ne deriva una giustamente vantata (ed eccezionale) continuità storica a fronte della sparizione di analoghe istituzioni in altre zone del Sud America (delle Reducciones del Paraguay restano soltanto alcuni muri perimetrali in mattoni).

Un architetto svizzero tenace

Bolivia Cattedrale di San Ingancio
Cattedrale di San Ingancio

Questa sorta di miracolo si verificò – quando si dice le combinazioni e le curiosità delle vicende umane – grazie all’intervento di un connazionale di Padre Martin Schmid. Quando ormai alle Misiones non restava che il colpo finale del piccone (era già accaduto a quella di San Ignacio, unica non dichiarata Patrimonio dell’Umanità appunto perché totalmente distrutta e poi ricostruita) giunse a Santa Cruz dalla Svizzera (1972) l’architetto Hans Roth. Motivo del viaggio, il restauro della Iglesia di San Rafael; tempo previsto, sei mesi. Accadde invece che durante il soggiorno Roth si innamorò anche delle altre malandate opere dei Gesuiti e quindi la trasferta di sei mesi finì col durare ventisette anni (solo la morte interruppe la sua opera) interamente dedicati alla ricostruzione e al rilancio culturale di ben sei Misiones (gli restava solo quella di Santa Ana). E la vicenda si arricchisce di un altro evento meraviglioso. Durante il restauro di San Rafael, Roth fruga tra la robaccia abbandonata e rinviene (“hallazgo musical del siglo”, scoperta musicale del secolo) più di cinquemila manoscritti, partiture, opere di compositori europei e composizioni di Indios. Il ritrovamento acquistò ulteriore importanza perché portò alla luce opere sconosciute, tra esse alcune di Domenico Zipoli. Questo ben di dio della cultura musicale religiosa (il territorio dove sorse e si sviluppò fu definito un “Estado Musical de los Jesuitas”, Stato Musicale dei Gesuiti) è custodito nell’Archivio Misional di Concepciòn.

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Fascino universale della musica

Bolivia Processione alla Misiòn Concepciòn
Processione alla Misiòn Concepciòn

E se anche nelle altre Misiones non mancano orchestre e cori che si esibiscono con regolarità, è Concepciòn la capitale, la sua Iglesia è la Scala che in occasione di festività o di cicli di rappresentazioni – nella scorsa primavera si è svolto il sesto “Festival Internacional de Musica Renacentista y Barroca Americana” – ospita concerti, opere, musica tipica, cori in idioma locale. Le “Orquestas Misionales” sono tante e il repertorio è vasto, dalla “Misa de San Javier” alla “Visperas” de la Fiesta del Santo Patrono, ultimo gioiello “l’Opera de San Ignacio de Loyola” (una delle sole tre opere del Barroco Misional Americano) conservata dagli indigeni di San Rafael e Santa Ana e recentemente rappresentata in prima assoluta. direttore d’orchestra un frate francescano di Santa Cruz. Molto probabilmente l’età avanzata e una ipersensibilità nei confronti del bello e di quanto contiene cultura, storia e tradizioni, hanno mosso il cronista a eccessiva emozione, procurandogli qualche brivido di troppo. Ma quanti possono non commuoversi e non intenerirsi, nel cuore del Sud America tra la selva amazzonica e le impervie Ande, dentro una plurisecolare “Misiòn” dall’eleganza inferiore soltanto alla ridondanza del barocco, ascoltando voci vellutate (“de terciopelo”) e soavi musiche di esseri che per una vita hai idealizzato in perizoma con arco e frecce?

Per arrivare nella Chiquitanìa

Le Missioni Gesuitiche della Bolivia

Come tutte le belle cose, anche le sette “Misiones Jesuiticas” in Bolivia vanno conquistate, laddove si intende che per goderne le bellezze occorre affrontare un viaggio un po’ complicato. Santa Cruz de la Sierra, punto di partenza per un tour conoscitivo, non si trova sulle principali rotte aeree (l’unico volo diretto da Madrid è stato soppresso) e va raggiunta via La Paz o San Paolo. Chi, stufo del lungo volo dall’Europa, da San Paolo preferisse proseguire in auto verso la capitale della regione dei Chiquitos, avrà di fronte oltre tremila chilometri di una carretera che (almeno secondo gli standard locali e più in generale in gran parte del Sud America) è definita buona. Non numerose quelle asfaltate, soggette a pedaggio e segnalate sulle carte come “afirmado solido”, in Bolivia si guida soprattutto su strade sterrate (con “gravilla y tierra” o “ripio” definite “revestimiento suelto” o “ligero”) dalla ovvia precarietà, aumentata da piogge, polvere e animali più o meno vigilati (meglio pertanto non prevedere eccessive medie chilometriche, non solo in pullman ma anche in auto).
E su questa scomoda superficie, dopo gran parte della prima tappa percorsa su pavimentazione in asfalto, partendo da Santa Cruz il viaggiatore compirà un bellissimo tour circolare delle Misiones, in senso orario, dalla durata suggerita di quattro o cinque giorni.

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Visita alle Missioni della Bolivia

Bolivia Misiòn San Javier
Misiòn San Javier

La prima tappa, poco più di trecento chilometri, conduce prima al “barroco mestizo del la Misiòn di San Javier”, circa duecento cinquanta chilometri da Santa Cruz, e poi a quella, più imponente e decorata, di Concepciòn, entrambe opere del mai troppo lodato Padre Martin Schmid. A compensare le precarie condizioni delle strade provvedono buone strutture alberghiere – in un paio di casi ottime – nelle località principali del tour, a costi decisamente accettabili: chi viaggia con budget spende cifre irrisorie e ovunque trova pulizia e un certo confort.
Nella tappa successiva, circa centosettanta chilometri, al centro della “Tierra dei Chiquitos”, si raggiunge San Ignacio (prima de Loyola attualmente de Velasco, capoluogo di una provincia di 65.000 kmq, due terzi dell’Italia) evangelizzata da Padre Miguel Streicher, gesuita tedesco di Hamberg.
Unica delle Misiones, la Iglesia fu interamente abbattuta a metà del secolo scorso e pertanto – nonostante una magnifica e fedele ricostruzione – non figura tra gli altri templi dichiarati Patrimonio dell’Umanità. Nella giornata piena ricavata da due pernottamenti a San Ignacio il viaggiatore compie un minitour circolare di circa centoquaranta chilometri e visita ben tre Misiones.

San Rafael l'Altare
San Rafael l’Altare

San Miguel (1721, colonia di San Rafael, a causa della sovrappopolazione di quest’ultima) vanta un bellissimo altare dorato e una preziosa statua lignea dell’Arcangelo, oltre a confessionali ben scolpiti e vivacemente decorati.
San Rafael, la prima – in ordine cronologico – delle opere di Martin Schmid, mostra alcune colonne originali di legno sapientemente intagliate,  pulpito e altare rivestiti di mica e possiede l’unicità di un patio di ingresso nella parte posteriore.
Gli Indios della bella Iglesia di  Santa Ana, infine, possono a buon diritto vantare l’intera costruzione della chiesa da parte dei loro antenati, forzatamente abbandonati dai Gesuiti in seguito all’espulsione voluta da Carlo III di Spagna. Durante la visita emoziona la musica del già citato organo a canne, prossimo ai due secoli e mezzo di vita.
Da San Ignacio il giro delle Misiones prosegue puntando a sud, circa duecento chilometri, dei quali meno di settanta già percorsi visitando Santa Ana e San Rafael, per giungere a San Josè de Chiquitos, la più meridionale delle Misiones.
Novità per il viaggiatore, sia il cambio del paesaggio, del clima e della vegetazione, (dal verde delle pianure dotate di una buona agricoltura e ricchi allevamenti, all’arido territorio del Chaco, condiviso con il Paraguay) sia le caratteristiche della Misiòn, l’unica in pietra. La seriosa maestosità della facciata della Iglesia (1740) e delle altre costruzioni religiose che la fiancheggiano – un complesso reso ancor più solenne dal materiale di costruzione e dalla scura colorazione – si trasforma in dolce sorpresa  entrando nel tempio tra un trionfo di luci, colori e variopinte opere di ottimo artigianato. E la dolcezza diventa emozione ascoltando suoni e voci tramandati nei secoli e resi ancor più coinvolgenti dalla giovane età degli interpreti.

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San José de Chiquitos
San José de Chiquitos

Completata a San Josè la conoscenza delle Misiones Jesuiticas nella boliviana Chiquitanìa, il viaggiatore con ascendente “ecologia” punta (trecento ottanta chilometri di strada o sul treno che congiunge Santa Cruz a Puerto Suarez) verso il Pantanal. Esplorerà l’ “Humedal mas importante del mundo”, condiviso da Bolivia, Brasile e Paraguay, navigando su un’infinita distesa di acque confluenti nei fiumi che miglia di chilometri più a sud formano il Rio de la Plata.
Se invece il viaggio era dedicato soltanto alle splendide, indimenticabili, commoventi Misiones, al viaggiatore non restano che ulteriori duecento ottanta chilometri (alla fine del tour ne avrà assommati poco più di mille) per tornare a Santa Cruz de la Sierra.

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