Fase d’esordio per i bed and breakfast italiani. La formula ricettiva “letto e colazione”, cioè case private che offrono ai turisti una camera per il pernottamento e il primo pasto della mattina, sono, secondo gli ultimi dati, in crescita. L’Istat ne ha censiti 7 mila, l’Anbba, Associazione nazionale bed and breakfast e affittacamere ne ha affiliati 600 e cita la presenza di diversi altri network regionali e locali distribuiti sul territorio. Forse non tutti i turisti, connazionali e stranieri, sono a conoscenza di questo mondo “sommerso” dell’ospitalità italiana che vuole porsi come alternativa ad alberghi e agriturismi ma che ancora vive le tante difficoltà degli esordi. Carenze legislative, visibilità limitata, una spiccata tendenza all’iniziativa individuale ancora poco controbilanciata da una politica di rete. Ne parliamo con Stefano Calandra, presidente di Anbba, associazione attiva dal ’99 con interventi di informazione e coordinamento dei B&B.
Signor Calandra, che cosa definisce un bed and breakfast?
I B&B sono una struttura diversa dalle case vacanza, nelle quali il proprietario non vive insieme ai propri ospiti, e sono differenti dagli agriturismi perché possono trovarsi in città o in campagna, senza vocazione agricola. Soprattutto però, introducono una forma peculiare di soggiorno: il turista condivide la casa con una famiglia e riceve un trattamento meno formale e più personalizzato.
Per il mercato italiano, è un settore nuovo. Con quali opportunità, secondo lei?
Gli ultimi dati in nostro possesso evidenziano che il prodotto interno lordo dovuto ai posti letto in strutture non alberghiere, come affittacamere, agriturismi, bed and breakfast è in aumento. Questo volume d’affari, complessivamente, si sta presentando come una reale alternativa all’ospitalità tradizionale in hotel e ha grandi potenzialità. Anche per i bed and breakfast.
Quali sono i vantaggi per il turista che sceglie queste strutture e quanto vale la variabile prezzo?
In media, la differenza di prezzo di un B&B rispetto all’albergo è del 25/30 per cento. Non crediamo però che il criterio discriminante sia questo. Si tratta di una diversa esperienza di soggiorno. Poter contare su un servizio più attento, ad esempio; ricevere informazioni turistiche sulla regione. Guardiamo ai paesi europei in cui il settore è molto più avanti rispetto a noi, come Francia o Irlanda: i B&B sono tematizzati, è il loro punto di forza.
Si riferisce a proposte con offerte specifiche?
Il turista sceglie un B&B perché dà la possibilità della pesca al lago; un altro perché fa assaggi e degustazioni di vino; un altro ancora perché può andarci a cavallo e una volta arrivato trova spazi adeguati per la cura e il pernottamento dell’animale. Stiamo provando anche noi a seguire questa direzione: nella guida Anbba sono presenti sette percorsi tematici, dal benessere alla gastronomia.
I clienti attuali sono stranieri o nostri connazionali?
Per la metà si tratta di turisti italiani, per il restante 50 per cento sono stranieri. Soggiornano più di una notte nella stessa struttura, con una media di quattro giorni e mezzo.
Quali sono le principali difficoltà del settore?
I B&B italiani non sono classificati secondo un criterio di qualità. Non sono tutti in rete e non sono riconoscibili da un logo, come accade invece nei circuiti europei. Per il cliente, questo significa che non c’è garanzia di qualità e mancano i vantaggi di un network: ed esempio, la possibilità di trovare posto in una struttura vicina, se quella a cui mi rivolgo ha le stanze occupate e così via.