Venerdì 4 Ottobre 2024 - Anno XXII

Nubia dell’acqua e dei templi

Nubia Tempio di File Aswan

Al tramonto, quando le teatrali luci all’acetilene del suk Abtal el Tahrir illuminano geometriche pile di frutta e il profumo delle spezie invade l’aria insieme alla voce del muezzin, Assuan riacquista lo charme “vittoriano” di un tempo ormai perduto

Nubia Una guida ai templi
Una guida ai templi

Nubia, dove l’Egitto comincia ad avere un sapore africano, un tempo arrivavano carovane cariche di schiavi, oro e avorio, mentre languide musiche accompagnavano le danze delle schiave nubiane che tanto turbavano i viaggiatori del secolo scorso.

Forse perché, come racconta Emilio Dandolo nel suo Viaggio in Egitto, Sudan, Siria e Palestina, “… la loro danza non consiste nel muovere le gambe, ma il busto, e accompagnano la danza selvaggia con ululati e scrosci di riso singolarissimi. Intanto i padroni di quelle miserie stanno gravemente sdraiati, fumando la pipa”.

Nubia, terra sommersa
Nubia Tempio di Dakka
Tempio di Dakka

Un’atmosfera che preannunciava uno strano mondo di confine, la Nubia, da sempre avamposto di tutti gli imperi, da quello egiziano a quello romano, da quello ottomano a quello britannico.
Un mondo annunciato ancora oggi dalle grandi feluche che solcano silenziose il fiume davanti all’isola Elefantina, costeggiando i villaggi dove vivono i nubiani, costretti a emigrare dalle acque che hanno inghiottito le loro terre, ma che hanno saputo conservare una dignità antica.

La Grande Diga era il sogno dell’ultimo faraone dell’Egitto moderno, Abdel Gamal Nasser, una colossale muraglia di calcestruzzo che ha portato molta acqua e altrettanto inquinamento ai contadini della valle del Nilo. Ma che ha anche spezzato per sempre il corso del fiume, legame tra due mondi che si nutrivano, anche fisicamente, uno dell’altro; l’Egitto è rimasto dall’altra parte e la Nubia è finita sott’acqua: terre, storia e villaggi.

Quello che si è salvato, un tesoro archeologico praticamente sconosciuto fino a metà del secolo scorso, è il miracoloso risultato di una gara frenetica contro il tempo in cui decine di templi sono stati smontati e ricostruiti al riparo dalle acque grazie a un’incredibile operazione di solidarietà internazionale. Poi sulla Nubia è calato nuovamente il silenzio, la sabbia ha ricominciato a infilarsi tra colonne e bassorilievi, dei e faraoni sono stati riavvolti dal buio, sospesi in una dimensione irreale, protetti dal deserto e isolati dai furori e dalle passioni della storia e degli uomini.

Lungo la rotta delle antiche feluche
Nubia Il battello Eugenie sulle acque del lago Nasser
Il battello Eugenie sulle acque del lago Nasser

Proprio partendo da Assuan, dove finisce l’Egitto dei turisti, si può aprire la porta di questo mondo irreale, scolpito da un sole accecante che incenerisce distese lunari di sabbia e roccia nera, a tratti interrotte dal miraggio, assolutamente reale, degli orgogliosi piloni di un tempio egiziano che si materializzano improvvisamente dietro un promontorio.
La chiave per scoprire l’universo perduto del lago Nasser, il più esteso bacino artificiale del mondo, si chiama Eugenie.

Più che un battello è un’elegante macchina del tempo che naviga verso un passato intriso di esotismo e avventura, ricreando l’incantesimo che aveva stregato i viaggiatori del secolo scorso. Quando, complice l’egittomania dilagante in Europa, era diventato di moda risalire il Nilo su barche che erano vere e proprie case galleggianti, accuditi da solerti maggiordomi e serviti da stuoli di cuochi e fellah.

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Sulle acque della grande diga
Nubia Chiosco di Kertassi
Chiosco di Kertassi

Un tempo solo studiosi e archeologi potevano raggiungere i templi della Nubia, con avventurose spedizioni in fuoristrada o utilizzando il traghetto che collega Assan a Wadi Halfa in Sudan, sempre pericolosamente carico all’inverosimile di merci e di uomini.
Oggi questa simbolica porta tra mondo mediterraneo e africano è nuovamente accessibile e quando le linee eleganti e un po’ fuori del tempo dell’Eugenie sfilano lungo le colonne del piccolo chiosco di Kertassi e la Grande Diga scompare dietro un promontorio. Si sente che si sta entrando non solo in un “altro spazio” ma anche in un “altro tempo”, lontano anche dall’insicurezza di un Medio Oriente sempre più inquieto.

Di là, a valle, sono rimasti il Nilo e i simboli di un Egitto “tutto compreso”, con le file di battelli allineati agli ormeggi e le interminabili carovane di turisti che scendono dalle passerelle. Di qua, avvolti dal silenzio del deserto i templi dell’antica Nubia, ultima frontiera di un viaggio in Egitto, ritrovano tutta la potenza visiva che aveva affascinato i viaggiatori del passato. Da qui l’Eugenie punta la prua verso un nulla irreale: centinaia di chilometri senza nessuna presenza umana, solo qualche

Nubia Uno dei monumenti salvati dalle acque
Uno dei monumenti salvati dalle acque

battello di pescatori o le tende di un accampamento beduino che sembra un miraggio sulle rive lontane, rompono la solitudine del deserto nubiano. Al calar del sole, davanti agli occhi dei passeggeri protetti da ampi tendoni bianchi, le luci sfumano nel viola e le dune sembrano svanire nel blu sempre più profondo dell’acqua. Poi la notte inghiotte ogni cosa e solo gli occhi della fantasia indovinano ancora improbabili

silhouettes di templi immersi in un buio profondo, illuminato solo da stelle di un’intensità già africana. Solo il mattino successivo, nella luce incerta dell’alba, un maestoso monolito ocra si materializza su una collina lontana.

Splendore dei templi, fra lago e deserto
Nubia Teste intorno al tempio di Dakka
Teste intorno al tempio di Dakka

È il tempio di Dakka, protetto da un labirinto fantasma di teste spezzate di dei e faraoni emergono dalla sabbia e dai serpenti, i veri signori del tempio durante la notte, la cui presenza di giorno è segnalata solo da complicate spirali disegnate sulla sabbia.
Non lontano un viale di sfingi dall’aria ieratica e dal volto solenne protegge le mura dorate di Wadi es Sebouah, uno dei tanti templi dedicati alla propria autocelebrazione dal “Grande Costruttore”, Ramses II. Due ore dopo il rais, il pilota, getta l’ancora davanti a un colonnato semisepolto da una montagna di sabbia dorata: il tempio di Amada che risale alla XVIII dinastia.

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Nella penombra di un interno, dove la luce del sole penetra con fatica, dei minacciosi principi arroganti condividono la loro vita sospesa con la djellaba bianca dell’unico essere vivente per miglia e miglia; un mite e solitario custode nubiano. L’Eugenie continua a risalire il grande lago fino all’apparizione di un grande fantasma di pietra su un’isola solitaria, la fortezza di Qasr Ibrim, l’unico monumento nubiano rimasto sul sito originario, immerso in un paesaggio miracolosamente identico alla litografia realizzata due secoli fa dal pittore scozzese David Roberts. Più tardi, nel cuore della notte, il faro dell’Eugenie materializza in un silenzio irreale un indescrivibile puzzle di luci e di ombre da cui emergono giganti di granito dallo sguardo infinitamente lontano.

Magia di Ramses e Nefertari
Nubia Uno dei templi di Abu Simbel
Uno dei templi di Abu Simbel

Sono i grandi templi di Abu Simbel, guardiani simbolici della potenza egiziana ai confini con il mondo africano, oltre mille grandi pezzi di scultura sezionati e ricostruiti cinquantotto metri più in alto, mantenendo anche l’esatta inclinazione degli edifici, che permette alla luce del sole nascente di illuminare due volte all’anno le statue del faraone e degli dei dentro il santuario. All’interno, il solito Ramses glorifica la sua folgorante vittoria sui rivali di sempre, gli Ittiti, nella battaglia di Kadesh.

È una delle prime operazioni di disinformazione conosciute, una vera e propria “manipolazione su pietra”, perché lui la battaglia l’aveva quasi persa, ma gli Ittiti sono scomparsi e allora gloria al Faraone, protagonista di “…un’opera il cui splendore e le dimensioni colossali non sono paragonabili a nessun’altra”, scriveva Roberts. E all’alba, acceso da un solo rosso cupo che annuncia la vicinanza del tropico, il sorriso imperscrutabile del faraone sembra rivolgersi verso Nefertari, la sposa amatissima scolpita sulla facciata del piccolo tempio a lei dedicato. E per un attimo, il simbolismo rigorosamente divino sembra trasformarsi in qualcosa di molto più umano.

La Grande Diga del lago Nasser
Nubia Le chiuse della Diga di Assuan
Le chiuse della Diga di Assuan

Quando nel 1964 il presidente egiziano Nasser inaugurò Sadd el_Ali, la Grande Diga di Assuan, agli egiziani sembrò di essere finalmente riusciti a lasciarsi alle spalle un destino di povertà. Fino ad allora la sopravvivenza del Paese dipendeva dalle provvidenziali, ma anche catastrofiche, piene stagionali del Nilo, che lasciavano oltre centomila tonnellate di limo, sedimento che assicurava la fertilità dei campi.
Era stato così dalla notte dei tempi. Ma la nuova diga, risultato titanico di un incredibile sforzo collettivo di oltre trentamila uomini, prometteva un futuro diverso.

I centocinquantasette miliardi di metri cubi d’acqua trattenuti nel lago Nasser avrebbero eliminato le piene e prodotto dieci miliardi di kilowattora, raddoppiando la capacità energetica del paese e permettendo un’industrializzazione accelerata. Ma il sogno si è trasformato in incubo: per la forte evaporazione, le quantità d’acqua e quindi di elettricità, sono circa la metà del previsto.
Il risultato più grave è la scomparsa del limo e la sua sostituzione con fertilizzanti chimici, causa di un inquinamento accelerato. Nei canali d’irrigazione dilagano alghe infestanti e aumenta la salinizzazione che sterilizza i campi. Le acque stagnanti hanno portato all’apparizione di una malattia mortale, la biliarzosi e il disastro ecologico ha provocato il crollo dell’industria ittica, perché le acque del Delta, prive di plancton, non attirano più i pesci.

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Nubia, ventitre templi da salvare
Nubia Tesori archeologici salvati dalle acque del Nilo
Tesori archeologici salvati dalle acque del Nilo

Vent’anni di lavoro, dal 1960 al 1980; migliaia di operai e quaranta missioni archeologiche, il salvataggio dei templi della Nubia si è rivelato un’impresa degna degli antichi faraoni. Quando nel 1956 l’Egitto decise la costruzione di una nuova diga ad Assuan, l’Unesco lanciò al mondo un appello per salvare il maggior numero possibile di testimonianze archeologiche dalle acque del Nilo che stavano per invadere la regione.
Con l’aiuto di una cinquantina di nazioni, sono stati salvati ben ventitre complessi monumentali, da Kalabsha, ricostruito a quaranta chilometri di distanza dai tedeschi, ad Amada trasportato in un solo blocco dai francesi su giganteschi carrelli-rotaia.

Ma i due episodi più spettacolari rimangono i salvataggi di Philae e Abu Simbel. Nel primo caso si sono addirittura “rimodellate” alcune isole per ricostruire il complesso simbolismo dei luoghi legati al più famoso santuario di Iside. Ad Abu Simbel invece, il problema erano le dimensioni del tempio, scavato per oltre sessanta metri nel cuore della montagna. Scartate le ipotesi più fantasiose, quando le acque stavano per lambire il santuario, tutte le sculture vennero sezionate in un gigantesco puzzle tridimensionale e ricostruite più in alto, coperte da due enormi cupole di calcestruzzo che riproducono la forma originaria della montagna.

Informazioni utili

Clima

In Nubia non piove praticamente mai. Il periodo più favorevole va da settembre ad aprile. La temperatura diurna può raggiungere punte elevate ma le notti, trattandosi di un deserto, possono essere fresche.

Salute
Viaggiando a bordo dell’Eugenie non ci sono particolari problemi. In Egitto, in generale, è bene invece seguire alcune precauzioni: non mangiare verdure crude ed evitare di bere acqua dei rubinetti, anche negli hotel. Ricordarsi di viaggiare con un medicinale antidiarroico.

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