Rimembrando la goldoniana Trilogia della Villeggiatura (con Amarcord nell’arrivarci).
Costa Smeralda, Formentera, Sharm El Scemik, Capalbio, Sao Tomè e Principe, Maldive, Caraibi, Polinesia, Ro Ferrarese.
Non si tratta di località geografiche buttate lì, alla rinfusa.
Si tratta invece di un ventaglio di soluzioni del problema Vacanze Estive (alle quali si sarebbe poi aggiunto il canonico tour de force di curiosità professionale che ogni estate perpetro in auto a fine estate) da me esaminate per passare le prime giornate d’agosto lontano dalle Esselunga milanesi (fonte di tragici litigi tra me e Marcella: a me piace quella ancorché un po’ datata di viale Papiniano – dove trovi oltretutto le clienti più gnocche di tutti i supermarket della catena – lei stravede invece per quella troppo incasinata e che trovo pure un filino “cheap” di via Ripamonti).
Scelte “facili”, come bere un “bitter shackerato”
Dove andare allora? E vai facile come coi petali della margherita.
Costa Smeralda. No. E’ già difficile cuccare in normali condizioni di parità (per questo ho anche fatto un pensierino alla Casa Anziani di Vidigulfo) figurati che chances avrei al Billionaire di fregare qualche passerina al Berlusca (che sarà anche un mio coscritto, ma lui conosce il Briatore). E poi della Costa Smeralda ho ancora ben viva l’immagine del culetto di Pierferdinandocasini, immortalato da un paparazzo durante un cambio di costume da bagno su uno yacht (non il mio).
Formentera. No. Sarò anche un po’ snob, ma da anni mi taglio barba e capelli da solo, con la macchinetta. E adesso dovrei finire nella ancorché bella isola tra acconciatori e parrucchiere?
Sharm El Scemik. No. Sorry, ma se devo proprio andare a vedere la cartapesta vado a Disneyworld, Orlando, Fla (Florida) e mi faccio un’orgia di tutto quel finto e cartonato che gli Yankees chiamano Mickey Mouse.
Capalbio. No. Quando mai un umilissimo scrivano di viaggi – e ancor più vile “consigliori” di itinerari turistici – tra damazze e boiardi di Stato a dissertare sui prossimi organigramma delle sempre ambite (pure dai puri bergamaschi) “Greppie capitoline?”.
No, e ancora no
Sao Tomè e Principe. No. Questa soluzione finale del mio problema vacanziero era stata peraltro già scartata nel lontano febbraio, quando una gentile giornalista di una importante rivista di turismo (“inputtata” dal direttore evidentemente affascinato da cotanto nome) mi chiese info su questa precaria isola ex colonia portoghese (nel senso che io presi le info e napoletanicamente le comunicai che “non era cosa”).
Maldive. No. E cotanta negatività la motivo con la solita, invariabile domanda: dopo aver fatto il giro dell’atollo (m’han detto un’ora, ma andando piano) poi, il resto del tempo, che cacchio faccio?
Caraibi. No. Ma perché? Perché da buon “ispanomane” conosco la storia iberica e posso dire che se da quelle parti non si fossero verificati tanti enormi non meno che periodici (tra luglio e ottobre) uragani (Huracàn è una parola Caribe) affondanti i galeoni spagnoli ricolmi di ricchezze, oggidì a sud dei Pirenei si vivrebbe ancora di rendita. Pertanto di andare a beccare pioggia e umidità, nisba.
Polinesia. Nemmeno. Ci sono già stato. E’ bella, bellissima, magnifica, ma sono dell’idea che dopo esserci andati (e bisogna) una volta, le distanze, i costi, i comportamenti e le pretese di chi colà “fa turismo” sconsiglino di tornarvi.