A Ro Ferrarese, malgrado Sgarbi e Bacchelli
Ohèi, scartata una soluzione, rifiutata un’altra, alla fine della fiera mi sono ritrovato –visto che di vacanza si parla è proprio il caso di dire “ultima spiaggia” – a Ro Ferrarese, località sul Po (a qualcuno noto perché patria del divino Sgarbi) ingentilita da una bella casa nobile settecentesca del mè amìs Nicola (la Beicamina, citata pure dal divino Bacchelli nell’intrigante, ma – diciamolo con schiettezza una volta per tutte – pure “pallosissimo” megaracconto “Il Mulino sul Po”).
Vedo già il barbino lettore sorridere beffardo nel leggere che – dopo l’eventualità di ritrovarsi in agognati (almeno per i seguaci delle mode e gli adoratori della pelle imbrunita) posti, rispondenti ai nomi di Maldive e Polinesia – il malaccorto scrivano è finito a Ro Ferrarese.
E invece no. Sarà che l’estensore di queste righe all’acqua ha sempre di gran lunga preferito il vino, sarà che le opere del Goldoni lo hanno sempre intrigato, fatto sta che il qui scrivente non solo è partito per Ro con un bel carico di serenità, ma ne è pure tornato con la letizia partorita dalla constatazione che ogni tanto si ha pure “ragione” ad andare controcorrente, far la stecca nel coro, per dirla in breve, pensarla diversamente da quei milioni di “allineati” sotto gli ombrelloni di Viserbella e Varigotti. Il tutto, si diceva, grazie anche al Goldoni, la cui “Trilogia della Villeggiatura” (tre commedie: Smanie, Avventure, Ritorno, recentemente ridotte sul palcoscenico in un’unica opera) racconta i settecenteschi soggiorni (che orrore, quelle triviali parole proletarie tipo ferie, vacanze, tempo libero, roba da Cgil-Cisl-Uil) dei “siori venexian” nelle signorili dimore dell’entroterra della Serenissima (di cui le attuali, meravigliose ville patrizie sul Sile).
Pace agreste e walzer di bottiglie
Per certo la settimana agostana in quel di Ro Ferrarese non si è dipanata all’insegna di goldoniane avventure amorose, intrighi, baruffe, locandiere, sussurri, vanesi colloqui tra damine e cicisbei (vicende delicate e gentili che ormai non fregano più niente a nessuno, con tutta l’òdiens in orgasmo per assistere all’Isola dei Famosi frequentata dal Grande Fratello).
No, Ro è stato soltanto sinonimo di bei giri in bici, dame dai pomeridiani tuffi nella piscinotta, dolci suoni di tappi fuoriuscenti da fresche bottiglie, saune, un paio di libri, la profumata Fiera dell’Aglio a Voghiera e a cena vorticosi valzer di forchetta su tante tante “taiadèl” (si, vabbè, già che eravamo dalle parti di Ferrara c’è pure scappato un paio di salamine da sugo, in agosto, ma sarà mica una malattia da mettersi a letto).
Te le do io le Maldive. Un posto in cui il Goldoni si sarebbe rifiutato di andare. Nemmeno dipinto.