Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Il “Cacciucco” alla livornese

Caciucco livornese

Quella livornese è una gastronomia cosmopolita, frutto di continue migrazioni, di un intersecarsi di rotte, di popoli e di culture che da tempo immemorabile hanno trovato nella città labronica un sicuro e ospitale rifugio

Cacciucco alla livornese
Cacciucco alla livornese

Se il cacciucco è il re della cucina livornese, gli “alfieri” sono rappresentati dallla “torta”, chiamata altrove cecina o farinata, fatta con acqua, olio, farina di ceci, pepe, e cotta in forno a legna e il “ponce”: caffè, zucchero e rum bollenti.
Ma non ci sono solo loro. Come non parlare dello stoccafisso, delle triglie (ricetta di antica derivazione ebraica) o del baccalà alla livornese? Piatti di una semplicità sconcertante, con pochi ingredienti ma di una delicatezza indimenticabile: una base di pomodoro, prezzemolo, aglio, olio, per le triglie; cipolla e basilico in più per il baccalà; patate, peperoncino piccante, cipolle e scorza di limone, aggiunti alla stessa base delle triglie, per ottenere uno stoccafisso da gourmet.

Gustosi piatti “riciclati”

Torta di ceci
Torta di ceci

Sono molti i piatti di “recupero”, cioè fatti semplicemente con gli avanzi, che compaiono nei ricettari locali.
Un esempio è il “bordatino”, una polentina di mais cotta, anziché con acqua, con il sugo avanzato dei fagioli rossi. Anche l’ “Inno di Garibaldi” è un tipico caso di riciclaggio intelligente del lesso del giorno prima, al quale vengono uniti pomodori, patate, rosmarino e olio.
Tipicamente livornesi sono le “roschette”, simili ai tarallucci calabresi. Sono delle minute ciambelline salate preparate con farina bianca o di mais, con la sola aggiunta di olio, spennellate con rosso d’uovo e cotte in forno.
Tra i dolci non vanno scordati la “ricotta briaa”, cioè ubriaca, perché al formaggio vengono aggiunti, oltre allo zucchero, una dose di vermut rosso o di vinsanto e un cucchiaino di polvere di caffè. Dessert di tradizione pasquale è la “stiacciata” alla livornese, di lunga e lenta lavorazione, a base di farina, tante uova e con aggiunta di acqua di rose, vinsanto e gli immancabili semi di anice.

LEGGI ANCHE  La vendemmia brinda al record storico dell'export

Cacciucco “forever”

Cacciucco accompagnato con vino rosso
Cacciucco accompagnato con vino rosso

Ma il sovrano, il “must”, il più famoso di Livorno, dopo il Presidente Carlo Azeglio Ciampi, resta lui: l’unico, inimitabile “cacciucco”.
“Per favore, non chiamatelo caciucco”, si raccomandano i livor-nesi. Storpiare il nome del loro piatto tipico è un’offesa che non sopportano. “Cinque ‘c’, ti ripetono spesso; si dice ‘cacciucco’, con cinque ‘c’”.
Ma quali sono le origini di questa saporita pietanza marinara, di questa portata unica, robusta, interamente livornese?
Le storie che si raccontano sono tante e colorite. La più concreta è che sia nato dalla fame e dalla praticità e l’origine si perde nei meandri del tempo. Sicuramente prima del 1500, le classi meno abbienti si preparavano una sorta di zuppa, cucinata con il pesce avanzato dai banchi di vendita o con quello povero, minuto e liscoso, che rimaneva nelle reti una volta selezionato il pesce nobile.
Un bel soffritto di olio, aglio e salvia, cui venivano aggiunti capponi, boghe, scorfani, murene e se c’era, anche un bel polpo, tutto essenzialmente pescato di scoglio.
Un po’ di vino rosso, qualche fetta di pane aromatizzato con aglio, una lunga cottura e la zuppa era pronta. Dalle Americhe arrivò poi il pomodoro, componente essenziale del cacciucco della nuova era.
Il piatto del guardiano del faro

Focaccia e torta di ceci
Focaccia e torta di ceci

Un’altra leggenda racconta che questo piatto non sia nato come una zuppa preparata con i pesci poveri e di scarto, ma dalla furbizia di un antico guardiano del faro della città.
Fu intimato all’uomo di non usare l’olio (di oliva) che illuminava la lampada del faro, per le sue giornaliere fritture di pesce.
Il furbo livornese, amante dei buoni piatti, ripiegò allora su di una zuppa di pesce di sua invenzione con pomodoro, tanto peperoncino e pane agliato; così, narra l’improbabile storia, nacque il cacciucco.
A Livorno tutti parlano con toni entusiastici della zuppa locale; c’è una sorta di venerazione collettiva quando si pronuncia questo nome che ha il profumo della salsedine e la forza del mare.
“Il cacciucco è una ‘creatura’, è un figlio che amo, che ha dato vita al mio locale e a tante altre trattorie” dice quasi commosso Ivo Piagneri, titolare di uno dei più famosi ristoranti cittadini: “Da Galileo”. Di sicuro c’è che i livornesi amano il pesce, lo hanno nei cromosomi, e senza dubbio è pesce di scoglio.

LEGGI ANCHE  Nasce la Strada dei sapori varesina

Parola (forse) dal turco, ma sostanza livornese

Triglie alla livornese
Triglie alla livornese

“Kucuk” o “Kakuoli”, parole turche che significano “piccolo” o “minutaglia”, sarebbero all’origine del termine cacciucco, ad indicare un insieme di piccoli pesci che bollono in un mare di pomodoro, in cui navigano fette di pane insaporito con aglio.
Anche se oggi questo piatto si è ingentilito e arricchito di cozze, cicale di mare, scampi, vongole, seppie, gallinelle e se il suo gusto piccante e deciso si è un po’ stemperato per renderlo accessibile a tutti i palati, rimane il più grande capolavoro dell’arte culinaria livornese; questa saporita zuppa è un piatto storico e rappresenta  il naturale collegamento tra il mare e la città.
Si accompagna esclusivamente con vino rosso giovane. Guai a chiedere al cameriere del vino bianco, verreste guardati male e di sicuro non accontentati!
Intenso come un tramonto sulla scogliera di Calafuria, forte come una libecciata settembrina, attaccato alla sua città come il monumento dei quattro mori di bronzo in catene alla colonna, il cacciucco è il monumento simbolo di una Livorno che adora il suo passato e che crede, grazie alla fragranza del suo “piatto”, nel futuro che verrà.

Condividi sui social: