Una “baraccopoli” di carattere
Sebbene lo spostamento verso Katatura sia stato inizialmente imposto con la forza, nel corso degli anni, specie dall’indipendenza in poi, per via del trasferimento nella capitale di migliaia di persone provenienti dal nord del paese in cerca di lavoro, il quartiere è cresciuto sempre di più, diventando il più vasto e popoloso della città.
Questo massiccio esodo ha comportato infatti l’inarrestabile espandersi di Katatura, grazie alla costruzione (o a causa di essa?) dei cosiddetti insediamenti informali, cioè schiere infinite di capanne fatte di lamiera e paglia, senza acqua potabile, elettricità e servizi igienici. In questi insediamenti vive un incalcolabile numero di persone, soprattutto bambini, in condizioni di estrema povertà, malnutrizione e malattie gravissime, prima fra tutte l’AIDS, che costituisce la prima causa di morte precoce tra la popolazione della Namibia. Nonostante povertà e condizioni di vita precarie, è proprio qui a Katatuta che si respira l’aria della vera Africa, quella vittima della colonizzazione ma scevra dai suoi influssi disgreganti, quell’Africa che è riuscita a mantenere intatta la sua cultura, le tradizioni, la lingua, e persino la sua cucina!
Donne Herero, tra mercanzie e buoni cibi
La prima tappa di un’escursione in questo labirinto di strade parzialmente sterrate è il mercato di “Soweto” (omonimo del ben più famoso quartiere di Johannesburg) dove in pratica non si vende nulla ma si offrono servizi di qualsiasi genere (parrucchieri e barbieri, riparazione di scarpe e vestiti e persino assaggi di carne alla brace a qualsiasi ora del giorno). Segue il mercato di “Single Quarters” dove invece si trovano graziosi oggetti di artigianato locale e abiti tradizionali. Girovagando per questi mercati e per le vie di Katatura in genere, l’attenzione viene attratta in modo particolare da robuste donne vestite in lunghi e strani abiti coloratissimi, con tanto di cappello dalla forma indescrivibile: sono le donne herero, una delle maggiori tribù del paese. Assaporare la loro cucina, fermandosi in uno dei ristoranti informali della zona, è un’esperienza unica. Nel resto della città infatti, piena di ristoranti di origine europea, nordafricana, indiana e cinese, difficilmente si può assaggiare la vera cucina tribale, quella preparata con ingredienti semplici e con tanto “mestiere”. Un ottimo posto in cui spendere qualche ora del proprio tempo, rifocillandosi in perfetto stile africano, è di certo “Otijikaendu Den”, in cui cordiali signore herero preparano ottimi piatti a base di pane di farina di “mahangu” (miglio), pollo speziato o trippa.
Penduka! Namibiani alla riscossa
Oltre ad essere la roccaforte delle tradizioni locali, Katatura è anche il luogo in cui diversi progetti di sviluppo sostenibile a favore della popolazione locale hanno attecchito con successo, offrendo speranza nel futuro alle categorie più vulnerabili (sieropositivi, ragazze madri, malati di tubercolosi, eccetera). Un esempio su tutti è “Penduka” (svegliatevi!) un progetto cominciato sedici anni fa su iniziativa di una donna olandese e lentamente diventato una vera e propria istituzione. Il laboratorio artigianale di Penduka impiega oggi ben cinquanta donne nella realizzazione di prodotti di artigianato locale, destinati ai centri commerciali della città e del paese. Una visita alla sede di questa organizzazione non governativa, situata all’estremo nord del quartiere, sulla riva di un laghetto artificiale, è una tappa interessante non solo per chi si occupa di sviluppo sostenibile. Il centro include anche un ristorante e uno spartano bed & breakfast, ed è aperto ai visitatori tutti i giorni dell’anno. Per incontrare le donne che vi lavorano, farsi raccontare le loro storie e vedere il laboratorio in piena attività, è preferibile andare negli orari di lavoro tradizionali (dal lunedì al venerdì, fino alle cinque del pomeriggio). La direttrice è comunque felice di accogliere i visitatori in qualsiasi momento ed è pronta a rispondere alle loro domande sulla storia del centro, sulla sua “mission”, raccontandone i successi. In questa oasi di tranquillità e speranza, si possono spendere ore senza accorgersene: l’atmosfera accogliente e la calda ospitalità delle impiegate, favoriscono un profondo momento di riflessione sulle condizioni di vita delle donne namibiane.
Negli “sheebeens”, la vita sociale di Windhoek
Lasciando Penduka, vale la pena fermarsi in uno dei tantissimi “sheebeens”, i bar informali di Katatura, sorseggiando una fresca bibita insieme agli abitanti della zona. Gli sheebens rappresentano una vera istituzione, non solo perché sono l’unico luogo di ritrovo per la gente del quartiere, ma anche perché costituiscono la sola risorsa sulla quale si basa la sua economia. Trovare uno sheeben non è affatto difficile. Le improvvisate ma vivaci insegne, aiutano infatti a riconoscerli e attirano l’attenzione anche di chi ne ignora l’esistenza. Fermarsi in uno piuttosto che in un altro non fa differenza: l’offerta (limitata) di alcolici e il servizio sono standard. Il ritorno verso il centro della città suggerisce di concludere la domenica pomeriggio osservando il tramonto dalla collina di “luxury hill”, magari mentre si sorseggia un caffè sulla terrazza del castello di Heinitzburg, un’antica residenza nobiliare recentemente trasformata in un elegante albergo e ristorante. Le sfumature rosa-arancione di cui si colora il cielo namibiano a quest’ora del giorno, sono uno dei quadri naturali più belli del mondo; nemmeno un pittore come Monet riuscirebbe a riprodurle; l’unico modo per catturarne l’unicità è vederlo con i propri occhi.
Delizie africane: bocconcini di coccodrillo, antilope e zebra
La sera ci si sposta poi alla “warehouse” che durante il weekend offre concerti di artisti africani provenienti da tutto il continente. Non si tratta di un locale vero e proprio, ma di una sorta di teatro, luogo di incontro della classe medio-alta della città e posto ideale in cui passare una tranquilla serata ascoltando buona musica e bevendo ottima birra namibiana. E per la cena? Prima di raggiungere la warehouse, una sosta a Joe’s Beer House, forse il ristorante più famoso di Windhoek, ma vivamente sconsigliato ai vegetariani. La scelta del menù varia infatti da enormi bistecche di manzo a bocconcini di coccodrillo, passando per filetti di agnello, antilope e zebra; per chi non se la sentisse di calarsi nei panni del perfetto namibiano fino a questo punto, la pizzeria italiana nei pressi del centro commerciale “Maerua Mall”, può essere un’allettante alternativa, a patto però che non ci si faccia l’abitudine…
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