Sergio è parrucchiere. Ma non taglia solo i capelli ad arte. Ama anche viaggiare. Dalla “sua” Londra, nella quale ha vissuto dieci anni e considera una “finestra privilegiata sul mondo, vero crocevia di razze, mode e culture” – oltre che un trampolino di lancio per affermarsi nel suo settore – a New York, dove va per divertimento o per aggiornamento professionale, quindi a Parigi che non lo coinvolgeva particolarmente (chi ama Londra spesso non apprezza altrettanto la capitale francese) ma che trova oggi molto vivace grazie a una “vague” musicale di forte interesse. Sostiene: “il rilancio di Parigi passa attraverso la musica, soprattutto elettronica, quella che ascoltano i giovani e in questo senso la capitale francese è molto più moderna di tante altre città”.
Affresco israeliano di un parrucchiere
Un salto e siamo a Tel Aviv: “è più viva di Milano, i giovani sono molto liberi e indipendenti, proprio per quel senso di precarietà che si portano addosso. In certi angoli la città, che è la vera capitale del paese, mi ricordava New York, non per l’architettura ma per la vitalità. Nella nuova zona del porto, ristrutturata stile Barcellona, i locali sono aperti fino alle quattro del mattina. Simile a Shanghai, che è brillante come New York negli anni Cinquanta, dove si prova una sensazione di progresso che si sente anche a Tel Aviv, pure se per ragioni diverse: i cinesi per il boom in atto nel paese, gli israeliani per non morire; hanno uno spirito di sopravvivenza molto forte.”
Parrucchiere in territori ostili
L’impressione che ho avuto in Israele – dove sono stato anche nei territori ostili nei quali non si dovrebbe andare, a Hebron che è una città molto araba – è quella di trovarsi in un paese arabo, non occidentale come molti credono. Un paese mediorientale dove c’è una grande miscela di razze. Poco fuori Tel Aviv ecco il deserto e i cammelli; Tiberiade poi è totalmente araba. Su oltre sei milioni di israeliani, l’ottanta per cento sono ebrei, il restante venti, prevalentemente arabi. La componente araba è molto più importante di quanto avevo immaginato prima del viaggio. Non ho mai avuto paura: sono stato in compagnia sia di israeliani arabi sia di israeliani ebrei; c’è una sensazione di grossa frustrazione tra la gente a causa della militarizzazione del paese, ma non il panico permanente che pensiamo qui.”
Parrucchiere a Milano incontra il popolo dei Sami in Lapponia
Eccoci qui, di ritorno in via Vincenzo Monti 27, a Milano: taglio e piega? Intanto, il parrucchiere Sergio non si stanca di raccontare e io di ascoltare i suoi viaggi fai-da-te. Lo scorso Natale è andato in Lapponia, dall’antichissimo popolo dei Sami, gli indiani del Nord Europa abituati a vivere a meno 45º nella tundra artica tra Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia. Gite in slitta trainata dagli husky sui laghi ghiacciati, escursioni su una nave rompighiaccio, pesca artica, sci di fondo nei luoghi dove si allenano i campioni italiani? O l’emozione dell’ice-driving, in macchina sul mare ghiacciato come propongono i tour operator specializzati sul Nord? Niente di tutto questo per Sergio e nemmeno il celebre Icehotel a Jukkasjärvi, vicino a Kiruma, la città più settentrionale del paese, sessanta camere e un’esperienza (turistica) da non perdere. Questo, però, non è viaggiare per un turista non turista come lui, che narra così la genesi dell’itinerario: “Volevo andare al caldo, in Vietnam, ma non ho trovato il volo e allora ho cambiato completamente: un viaggio al buio puntando al circolo polare artico. Cercavo qualcosa di particolare, ho deciso per la Lapponia.”
Ammirare l’Aurora boreale
“Dall’estremo nord della Svezia, insieme a un’amica svedese, abbiamo noleggiato un gatto delle nevi, senza patente, che invece ci vorrebbe. C’era la luce dalle undici alle tredici, alle quattordici al massimo, poi buio, ma le attività continuano comunque. Noi ci spostavamo anche con l’oscurità da un paese all’altro, tra i Lapponi, che sono calorosi, ospitali. Andavamo al municipio del paese a chiedere chi affittava camere e con dieci euro ci sistemavamo per la notte. Ho dormito moltissimo, anche dodici ore al giorno, compresa la siesta pomeridiana. È un viaggio di tutto riposo, è sempre notte e bianco dappertutto; la notte è meno scura, illuminata com’è dalla terra. Col buio ti rendi conto che solo in quei luoghi Munch poteva dipingere “Il grido”. Pare che sia molto bello il periodo del disgelo, in maggio circa: al posto della neve, fragole e mirtilli.” E giù con la forbice a sfoltire. Altro giro, altro regalo.
Viaggiare nella Cina frizzante e remota
Di tanti viaggi ce n’è uno, molto speciale, che il parrucchiere Sergio, un Marco Polo del 2000, fa alla scoperta dell’altro mondo. Quello della Cina, il paese emergente per eccellenza dove lui, tanto per cambiare, è stato da solo, senza interprete, con pochi bagagli, smarrendosi più di una volta senza mai perdere la bussola, passando dalle stelle alle stalle. Altro che viaggio organizzato. “La sensazione è stata quella di entrare in un paese misterioso e mistico, soprattutto fuori dalle grandi città. Ti senti nel paese più antico del mondo, perché le persone vivono con un grado di non modernità inimmaginabile, con ritmi quotidiani simili ai nostri dell’Ottocento. Sono in un’altra epoca; in nessun altro luogo al mondo è così. Ma al tempo stesso c’è anche grande modernità, perché i soldi del mondo sono investiti lì.”
Shamghai, moderno e remoto
“Un esempio? Arrivare a Shanghai e dall’aeroporto trasferirsi in città con il trenino più veloce del pianeta, che corre a cinquecento chilometri all’ora, fa capire quanto il paese sia proiettato in avanti. Ma se dall’aeroporto invece vai verso la campagna, prendi un trenino ottocentesco e capisci l’opposto, quanto vivano in un’età remota. Da un lato vai verso il futuro, dall’altro verso il passato. Ero in giro con un’amica cinese e parlavamo con la gente. Tutti sono proiettati verso qualcosa, si ascoltano continuamente storie di qualcuno che diventa qualcosa: è un’energia che ho sentito ovunque, senz’altro positiva. Un popolo chiuso da duecento anni nelle proprie mura, che oggi fa paura, a qualcuno. Io invece ho apprezzato queste vibrazioni. Parigi, Berlino, Barcellona: le città europee più o meno trasmettono le stesse vibrazioni, in Cina invece mirano a diventare qualcosa che non sono mai stati. I professori universitari americani si stanno spostando in massa lì per soddisfare il bisogno cinese di apprendere.”
Amici (e amiche…) nei cinque continenti
Londra, Parigi, New York, il vecchio continente, l’America, l’Oriente; in Israele amici israeliani, in Lapponia un’amica svedese, in Cina una cinese. Un modo fantastico per avvicinare terre straniere, ma una domanda si pone d’obbligo: “come fai ad avere conoscenze in ogni paese del mondo?” Sergio risponde: “Avendo abitato a Londra dieci anni ho avuto rapporti con gente di ogni parte del pianeta. Prima di partire per un paese dove è difficile comunicare, cerco sempre di mettermi in contatto con qualcuno del posto per capire quali sono i codici di comportamento, le sfere di pensiero. Soprattutto in Asia sono “altri”, ma in qualsiasi paese del mondo in realtà sono diversi. In Cina ho parlato con tante persone tramite la mia amica ma anche, un poco, perché a Londra ho studiato per un anno il cinese mandarino, la lingua ufficiale: all’epoca avevo una ragazza cinese di Singapore che mi aveva fatto innamorare di quel mondo e nel corso di lingua ho conosciuto molti cinesi che non sapevano il mandarino. Comunque in Cina mi sono anche perso, soprattutto con i treni. Se dialoghi a tu per tu con qualcuno riesci a capire qualcosa; ma se sei in mezzo alla folla e viene annunciato il treno è impossibile afferrare le parole e altrettanto difficile verificarle rapidamente sulle insegne visto che tutto è scritto in cinese.”
“La Cina è un posto molto rilassato, anche se non ti capiscono sorridono, un piatto di minestra lo trovi sicuramente. I cinesi a casa loro non hanno nulla a che vedere con quelli che vivono in Europa o in America. Secondo me il cinese è tra i popoli più ospitali in assoluto, ma so che qualcuno non sarebbe d’accordo: eppure il loro modo di porsi è designato per farti sentire ospite.” E dopo un attimo: “ci tornerò presto per provare quella straordinaria esperienza che deve essere il treno più alto del mondo, quello che collega Pechino a Lhasa, la capitale del Tibet”. Con un migliaio di chilometri a oltre 4000 metri di altitudine e il punto più elevato a 5068, il Treno del Cielo è la discussa nuova avventura del colosso cinese alla conquista del suo Far West, una regione grande come l’Europa alle pendici dell’Himalaya, fatta di ecosistemi delicati e popolata da razze in via di estinzione. Ma questa è un’altra storia.
Viaggiare libero, sempre
Siamo arrivati alla piega e alla fine della nostra chiacchierata: “Come prepari i tuoi percorsi?” Il mio parrucchiere Sergio risponde con una domanda: “Chi va ancora in agenzia per organizzare un viaggio? Spesso me lo chiedo, penso che siano rimasti in pochissimi, una minoranza. Io mi muovo in rete, credo sia più ampio il mercato; non ho nulla contro le agenzie, ma da qui non si riescono ad avere certi voli interni o certi vettori aerei, in rete si spazia di più.” Parliamo della destinazione per la prossima estate. “Vietnam e Giappone in moto. So che in Vietnam si possono acquistare piccole motociclette coreane per più o meno cento dollari, che poi rivendi o regali alla fine del viaggio. Andrò dal nord al sud, all’arrembaggio come piace a me. Da Hanoi a Saigon on the road”. Sergio riesce a fare quello che pochi (italiani, parecchi anglosassoni, tedeschi, francesi, olandesi, australiani) fanno: partire da solo, senza pacchetti di viaggio preconfezionati, senza supporti di agenzia, senza obblighi turistici, con spirito di adattamento ma anche con “glamour” quando può, si ritaglia lo spazio per avventurarsi “perdendo” tempo senza paura. Viaggi audaci ma non estremi; viaggi liberi, ma liberi veramente. E se fosse (di nuovo) questo il viaggio del nuovo millennio, contro corrente, da turista non turista?
Sergio lavora da “Toni&Guy”, via Vincenzo Monti 27, Milano, telefono 02 48027137.
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