Una quindicina d’anni fa, Bolgheri ha rischiato di fare la fine di Capalbio. Ma quando è arrivato il momento di cambiare “pelle”, Bolgheri non l’ha fatto. E’ anche per questo che nei suoi vicoli è possibile “incontrare” l’uomo che ne ha tratteggiato un’epoca.
Sì, certo, d’estate il piccolo borgo è affollato ogni giorno di turisti e i poderi che gli fanno da corona ospitano spesso noti intellettuali, giornalisti, attori italiani e stranieri. A partire dal bagnasciuga, si sarebbe detto una settantina di anni fa.
Le sue spiagge, superate le due Aurelie e la ferrovia, sono ancora pressoché selvagge come cento anni fa, quando il mare era una conquista e vi si andava solo a Ferragosto, con i carri pieni di pane, vino e affettato per preparare la grande festa vicino alla pineta. Nessuno stabilimento “à la page” o passatempi organizzati.
Tra il mare e Bolgheri, il villaggio di San Guido e il viale dei cipressi, cantato da Giosuè Carducci. Il primo è una sorta di non senso architettonico, completamente incongruo con la storia del territorio che lo circonda: una idealizzazione di un borgo inglese trapiantato in Alta Maremma, che di fianco però al viale dei cipressi realizza una “quinta” unica al mondo. Il miglior biglietto da visita per una certa idea di Toscana, magari lontana dalla storia dello sviluppo urbanistico della regione, ma molto vicina alla personalità sincretica di quanti sono nati tra Firenze e l’Argentario: ambiziosi, ma riservati; iconoclasti, ma amanti della tradizione e di quello che la rappresenta; cani sciolti sempre in cerca di individui “controcorrente” come loro.
Personaggi tra i cipressi
Toscani si nasce, ma di “toscanità” ci si può anche felicemente ammalare. Soprattutto a Bolgheri. I cosiddetti “vip” che vanno in vacanza tra il viale e il paese scendono dal palcoscenico e se anche in qualche modo la notizia si diffonde, per i paparazzi Bolgheri è ancora un pianeta sconosciuto. Nel 2004 sono arrivati in vacanza Harrison Ford e la fidanzata Calista Flockart (l’Ally McBeal del famoso telefilm) e si sono mimetizzati tra un ristorantino e un pub. Forse perché Bolgheri, oltre a non cambiare la sua pelle, trasforma il comportamento di molti forestieri (che lasciano il videofonino con licenza di ripresa in borsa).
Ecco che allora della zona si parla di tanto in tanto sui giornali e in televisione soltanto per la salute dei cipressi del viale, da circa un trentennio davvero a rischio. Un recente progetto scientifico, però, ha dato vita a un clone, chiamato “clone Bolgheri”, che dovrebbe risolvere il problema. Problema nato, si dice, a causa di una contaminazione risalente alla Seconda Guerra Mondiale, quando arrivarono gli americani con le loro casse di cipresso infetto “born in Usa”, piene di fucili.
Di “affari” con gli Usa il paese ne ha però fatti di migliori, a partire dalla vendita a una scuderia yankee del vecchio Ribot, campione di galoppo ritirato imbattuto dalle corse.
Un paese a immagine dei “Conti”
Da qualche decennio, finita la fama di Bolgheri nel mondo ippico, si è sviluppata quella di tipo enologico, con il “Sassicaia” e l’“Ornellaia”. Le due denominazioni sono “front runners” di tutta una serie di marchi della zona talvolta “minori”; non per qualità, ma soltanto per capacità di diffusione commerciale, limitata in qualche caso a un piccolo stand allestito sulla strada delle “Preselle”. In queste baracchine è possibile acquistare direttamente dalle aziende agricole anche frutta e prodotti dell’orto.
Superato l’arco d’ingresso al paese, inizia l’incanto di un luogo dove vie e piazze hanno targhe che portano esclusivamente nomi propri (i cognomi sono pleonastici, tanto si tratta sempre della famiglia dei conti Della Gherardesca) e dove puoi dirti bolgherese soltanto se sai spiegare esattamente dov’è “Laddidietro”.
Sul far della sera, alla fioca luce di un vecchio lampione, il mare sembra distante mille chilometri. Le colline vicine diventano una misteriosa macchia scura e ogni pietra inizia a raccontarti i suoi ricordi. E anche i tuoi.