Tutti quei segni, che vanno dal semplice punto all’ “at” commerciale (inglese) che in Italia da qualche anno chiamiamo “chiocciola” e che danno senso e ritmo al susseguirsi dei segni altri, le parole, sono stati lo spunto vincente che ha convinto l’Unesco ad assegnare a Torino la leadership mondiale per il libro. Capitale Mondiale, per un anno, dall’aprile 2006 all’aprile 2007, in collaborazione con Roma.
Storici “compleanni” letterari
I segni, dunque, insieme ad un’altra “idea formidabile”, quella del “Grand Re-Tour”, il tour sette-ottocentesco di formazione (alla Goethe, alla Stendhal) ri-visto come “salita al nord”, da Palermo a Torino e fino a Monaco di Baviera.
Per la verità, questo Grand Tour alla rovescia è già, da tempo, il leit motiv dell’intellighenzia “sudista”, costretta, non per “divertissement” ad emigrare verso nord. Insomma, un reality “realista”. Ma, nella finzione letteraria, l’idea è di grande fascino.
Perché da aprile ad aprile? Quasi elementare (Watson): perché l’Unesco, dovendo scegliere due personaggi letterari universali, ha optato per Otello e Don Chisciotte, nelle sembianze dei loro inventori e il 23 aprile è curiosamente l’anniversario della nascita di William Shakespeare (1564) e della morte di Miguel de Cervantes (1616).
Data fausta, dunque. Simbolica e onirica. Torino ci sta giocando dall’aprile 2006 quando, a poche settimane dall’Olimpiade, ha iniziato quest’avventura con entusiasmo. Per esempio, con due memorabili notti bianche di grande successo: una con letture chiamata “Bookstock” perché i partecipanti erano sdraiati nell’atrio del palazzo del ghiaccio dentro sacchi a pelo (Woodstock e i suoi raduni hippy, il riferimento semiletterario) ad ascoltare Baricco&Co; l’altra di musica e testi, chiamata “Volumi all’idrogeno” (“Jukebox all’idrogeno”, il manifesto beat psichedelico di Allen Ginsberg, l’allusione). E con una straordinaria partecipazione ad un programma culturale basato sul libro, che coinvolge biblioteche, librerie, case editrici, teatri, musei e gallerie, scuole di scrittura, premi letterari, fondazioni, compagnie teatrali e di danza, associazioni culturali.
Lo “spettacolo” dei libri
Il libro non più come oggetto, ma il libro come evento (qualcuno lo dice veramente bene: la parola che esce dal libro e si fa agorà) sulla scia di quel che si è fatto nelle varie edizioni della Fiera del Libro, con la premiata ditta di timonieri Rolando Picchioni-Ernesto Ferrero.
Spettacolarizzare il libro vuol dire fare marketing letterario. Vuol dire invogliare all’acquisto e alla lettura con lo “specchietto” di personaggi dello spettacolo, dello star system, dell’establishment o addirittura del gossip, più o meno colto. Vuol dire abbattere il muro di prevenzione che spesso la carta stampata suscita, in quanto “slow” in un mondo di oggetti “fast”.
Torino, dunque. Con il “Look of the City” giallo delle recenti Universiadi, banner sul libro, vasi porta-shangai (aste disposte alla rinfusa, in diagonale, come nell’omonimo gioco) le scritte luminose sugli shanghai giganti e i gigatotem. Esaurito, nei mesi scorsi, un programma che ha visto passare dalla Mole il “gotha” letterario internazionale, come Saramago, Coetzee, Soyinka, Gordimer, Grass, Naipaul, Rushdie, Walcott, Hillman, si appresta, in questo inizio di primavera 2007, a portare l’opera a compimento.
Ecco dunque il ‘programma illustrato’: un po’ di quel che è stato, un po’ di quel che resta.