Quinta puntata. Nella puntata precedente, dopo aver compiuto congiuntamente una bella gita di cinque giorni in Aragona, Navarra, Paìs Vasco e Castilla y Leòn (ultimo piacere, la visita ai Giacimenti fossili umani di Atapuerca) lo scrivano accompagna Sergio all’aeroporto di Valladolid, nel quale, oltre allo spagnolo/castellano, idioma locale, non è infrequente ascoltare la dolce non meno che musicale lingua bergamasca. Questo fenomeno è dovuto – scopre dopo attenta indagine lo scrivano – al collegamento aereo Ryanair Bergamo-Valladolid. Su un cui volo arriva la Lady Two Marcella che sostituisce Sergio, imbarcantesi sullo stesso aereo per tornare nel Belpaese.
Caricata Marcella sull’auto si parte da Valladolid per Medina de Rioseco,
gradevole località castellana, un tempo sede di una bella spedizione
taurina dello scrivano con i consoci del Club Taurino Milano.
Motivazione della gita, una corrida, o più prosaicamente, il sacrificio
finale del “cornupeta” dopo i “passaggi” che si compiono con la “capa”
e la “muleta”, ma senza i “tercios” di “picadores” e “banderilleros”.
Protagonisti della vicenda, il nostro amico Marchetti e un giovanissimo
toro (aveva poco meno di due anni: nelle “normali” corride si “lidiano”
i tori di tre anni compiuti, è il caso della “novillada”, e di quattro
anni se si tratta di una “vera” corrida.
“Torito e Cordero”, vittime predestinate
Non occorre essere Hemingway per capire che un “acontecimiento taurino” vantante come “espada” un attempato e stempiato titolare di una fabbrichetta metalmeccanica milanese “valeva il viaggio” in una simpatica località agricola della “meseta” castigliana da parte dello scrivano e della quasi dozzina di “aficionados a los toros” meneghini. Né lo scrivano intende rubare il posto a Hemingway, narrando che il Marchetti, sì, accoppò il povero (e quasi imberbe) “torito”, ma la fatica e l’ansia richiesti dalla bisogna determinarono una sorta di panico generale che risultò sopito soltanto dopo una cena in cui fu divorato un intero “cordero” (va anche detto che come arrostiscono l’agnello nella Castilla y Leòn….) innaffiato (così, almeno, si diceva un tempo) da corposo vino della Ribera del Duero.
L’avventura di un torero toscano
Che paciata, ragazzi, quella del Club Taurino Milano a Medina de Riseco festeggiante il “triunfo” di Marchetti da cui l’ingresso nell’ “Areopago” dei toreri (vabbè, novilleros) con l’ “apodo” (soprannome) di Mazzantini III.
Roba seria (l’acquisito status di Marchetti torero) perché seria fu la vicenda del Mazzantini I. Figlio di un toscano emigrato in Spagna a metà dell’Ottocento a costruire ferrovie, il capostipite della dinastia ora proseguita da Marchetti fu prima grande torero (punto di riferimento nella storia della Tauromachia) eppoi importante personaggio dello Stato (“Gobernador Civil”, dicasi un nostrano prefetto).
Poiché i due organizzatori della Fiesta Marchettiana non sono reperibili (il “matador”, almeno questo “vero”, Jorge Manrique è in tournèe, il padre macellaio soprannominato Taca Taca è defunto) allo scrivano e a Marcella non resta che proseguire dopo un pit-stop al ristorante “Santamaria” per la degustazione di umili ma sapide patate “a la importancia” e di sontuosi porcini. E’ infatti ovvio che anche in Spagna (solo nel nord Europa i funghi riscuotono scarso interesse e in alcuni Paesi non vengono nemmeno mangiati) il Boletus Edulis sia particolarmente apprezzato e generalmente viene surgelato in fette molto grosse che trattengono maggior sapore.