Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Apologia del tartufo. E dei vini piemontesi

Le Langhe si sentono nel naso prima ancora che in bocca. La vendemmia, la raccolta dei tartufi, l’andar per funghi, all’incirca coincidono. Una terra “odorosa e gustosa”, impreziosita da paesaggi dai colori bellissimi

Mangiare da re

Tuber magnatum Pico
Tuber magnatum Pico

Come si sceglie un tartufo? Come lo si conserva? Come lo si apprezza al meglio? La determinazione delle diverse specie è basata sulla forma, la dimensione, il colore, l’aspetto, il profumo e il sapore.
In Italia si trovano una decina di specie; la più pregiata è il “tuber magnatum Pico” o tartufo Bianco d’Alba (o d’Acqualagna o Bianco pregiato) che si estrae solo nel centro-nord del paese: zone tipiche sono le colline torinesi, le Langhe e il Monferrato. Il tartufo ha vita breve, meglio consumarlo fresco, spazzolandolo appena, utilizzando pochissima acqua solo prima di assaggiarlo.
Se dopo la raccolta si vuole mantenerne le qualità, i tuberi vanno avvolti uno per uno in carta porosa e assorbente, cambiandola di frequente, conservandoli in un barattolo di vetro nella parte meno fredda del frigorifero (temperatura ottimale 4º- 6º) per un tempo limitato (circa una settimana).

Battuta al coltello
Battuta al coltello

Crudo, affettato con il tagliatartufi, si assapora sui piatti poveri e
poco conditi e trionfa nella cucina delle Langhe: sui tajarin al burro
e salvia, nei risotti alla piemontese, sulla carne cruda all’albese,
sui funghi porcini in insalata, nella fonduta, ma anche sull’uovo al
tegamino.
Se per gli antichi era “cibo degli dei” con poteri afrodisiaci e i romani ne suggerivano la cottura sotto la cenere e l’accostamento con il miele, la vera consacrazione del tartufo risale agli ultimi due secoli, anche se la cucina del territorio l’ha sempre apprezzato magari per una semplice insalata (di tartufo) che oggi costerebbe un occhio della testa. E a chi non piace? Tortino ai fiori di zucca con fonduta, tagliatelle impastate con il Dolcetto, tajarin alla crema di nocciole, lingua in salsa verde, agnolotti del plin al ragù di carne, bollito misto, bagnacauda, brasato al barolo, formaggi assortiti con frutta, miele e cugnà, torta di nocciole, bunet, zabaione al moscato: c’è di che leccarsi i baffi.

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Bere da dio

Vino e tartufo, connubio divino
Vino e tartufo, connubio divino

L’importante è partecipare, o almeno così si dice.
A Dogliani, nelle Langhe sud-occidentali,  si può. Nella terza e quarta domenica di settembre, “Vendemmia in Langa” consente agli eno-turisti di prendere parte alla vendemmia accanto ai viticoltori, nelle stesse date in cui si svolge la Sagra del Dolcetto, il rosso rubino tendente al violaceo, di sapore asciutto con fondo amarognolo, gradazione alcolica di 11.5º gradi, da degustare preferibilmente entro i primi tre anni.
Dai filari alle cantine, aperte per visite e degustazioni di Dolcetto e altri vini delle Langhe: Barolo, Barbaresco, Nebbiolo, Barbera, Moscato. Da uve nebbiolo il Barolo, il Barbaresco, il Roero (nell’omonimo territorio a nord-ovest di Alba) e il Nebbiolo d’Alba, defilato ma eccellente fratello minore del Barolo, di colore rosso rubino con riflessi granata, profumo delicato che ricorda la viola e la confettura di frutti rossi, invecchiamento minimo di un anno.
Un mese (settembre) di iniziative nel centro storico del paese natale del primo presidente della Repubblica Italiana Luigi Einaudi (si visita la Biblioteca a lui dedicata dal figlio Giulio) e nella Bottega del Vino Dolcetto nelle cantine del cinquecentesco Palazzo Comunale; quindi pedalate eno-gastronomiche sulle colline.

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