Giovedì 25 Aprile 2024 - Anno XXII

Apologia del tartufo. E dei vini piemontesi

Le Langhe si sentono nel naso prima ancora che in bocca. La vendemmia, la raccolta dei tartufi, l’andar per funghi, all’incirca coincidono. Una terra “odorosa e gustosa”, impreziosita da paesaggi dai colori bellissimi

Le Langhe del Barolo
Le Langhe del Barolo

Alberi da cartolina, rossi gialli bruni; sulle lunghe catene collinari dalle creste affilate (ecco il significato di “langhe”) delimitate a ovest dal fiume Tanaro, a sud dalle Alpi Liguri: bassa Langa quella carica di vigneti pregiati, alta Langa quella più selvaggia, di pascoli, boschi e noccioleti, molto bella; in tutte le stagioni. Straordinari scenari ondulati, profonde vallate, castelli, Alba gotica e barocca, nulla a che vedere con la struggente malinconia delle pagine di Cesare Pavese e di Beppe Fenoglio, ambientate in questi luoghi ancora riconoscibili.
Piuttosto, morbida terra di delizie. Carne cruda perfetta; tajarin, unica pasta asciutta davvero piemontese; fonduta, brasato, vitello tonnato, Barbaresco, Barbera, Nebbiolo, Dolcetto, Moscato e Barolo, uno dei più conosciuti e prestigiosi vini italiani nel mondo. La cultura della cucina e del vino a fior di pelle. Langhe da percorrere a cavallo, in mongolfiera, in carrozza, in mountain bike, in piccoli aerei ultraleggeri, in auto, oppure a piedi: gli occhi puntati in basso e il naso … il naso sempre allerta. 

Notturno con tartufi

Trifolao con il suo cane
Trifolao con il suo cane

Il muso piantato per terra, Jolly annusa sotto le querce, attorno alle radici dei tigli, lungo i fossati popolati di salici e pioppi, sotto i noccioli e i carpini neri. Archimede lo accompagna: i cani sono due, dato che Jolly è ancora cucciolo e deve imparare, poi c’è Ezio, “trifolao” dall’età di quattordici anni, figlio di trifolao, nipote di un trifolao leggendario. È notte, il silenzio e l’assenza di distrazioni aiutano gli animali a concentrarsi e la ricerca dei tartufi ne guadagna. “Tutti abbiamo i nostri luoghi nascosti” – sussurra Ezio – “nelle tartufaie segrete si va nell’oscurità per non essere visti”. Il cane è il protagonista, il trifolao il suo accompagnatore: tra loro c’è dialogo.
L’animale scorrazza e annusa: all’improvviso inizia a raspare, il “trifolao” lo blocca e scava con il “sapin”, l’apposita zappetta di ferro ricurva; allarga con cautela la buca nella terra appena smossa, estrae un esemplare di bianco fungo ipogeo di venti grammi, ne fiuta il profumo. Ezio non commenta; il suo record, ci racconta, è un esemplare di un chilo e trenta grammi e risale al 16 novembre 2004. Annota tutto su un taccuino: luogo, epoca, luna e caratteristiche del tartufo: ogni radice di solito produce un solo tartufo all’anno e questi appunti saranno preziosi per il prossimo appuntamento.
Quindi ripristina il terreno rimosso per preservare le spore. Ceduto il tartufo al padrone, Jolly riceve il premio di consolazione: una manciata di crocchette.

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Studiare da cani

A scuola di caccia al tartufo
A scuola di caccia al tartufo

“Per avere un buon cane ci vogliono circa tre anni e lo si valuta a partire dai duemila euro” – spiega il trifolao – “il cane impara giocando, a partire dall’età di tre o quattro mesi, poi a sette mesi si capisce se è tagliato o se lo si deve regalare. Noi li abbiamo sempre addestrati; ha cominciato il nonno che ha ottantun anni e tuttora va a tartufi; a volte non riesco a stargli dietro.”
Per ottenere migliori prestazioni c’è persino l’Università per cani da tartufo (www.universitadeicanidatartufo.it) un’istituzione nella casa della famiglia Monchiero a Roddi,  dalla fine dell’Ottocento, dove non si addestrano i cuccioli di razza ma quelli da pagliaio, frutto di centinaia di incroci. I corsi durano pochi mesi, sono severi e basati sulla fame: uomini e cani battono percorsi memorizzati gelosamente dal crepuscolo all’alba. Inutile illudersi, però, la scuola aiuta e disciplina gli sforzi; ma cani da tartufo si nasce.

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