Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Quando la provincia “fa cultura”

Mostre, convegni, seminari di studio, ricorrenze, conferenze, rievocazioni. Difficile distinguere ciò che può “fare cultura” da quello che al contrario rientra nell’ottica del “fare comunque qualcosa”. Esistono tuttavia esempi illuminanti

Romagnano
Romagnano

La tanto bistrattata “provincia” è, nell’accezione comune, un luogo considerato lontano anni luce dalla metropoli. Nella grande città, dotata di mezzi economici e di ingegni che li amministrano, i progetti volano alto: hanno un respiro nazionale se non addirittura internazionale. A ciò si aggiunga che il più delle volte chi organizza gli eventi gode delle immancabili protezioni politiche, non di rado impreziosite da patrocini che danno lustro e visibilità, a loro volta seguiti dai consistenti contributi degli sponsor. Differenze abissali, rispetto a ciò che succede nei piccoli centri delle piccole province. Qui, in luoghi a torto considerati di serie B, ci si ingegna in mille modi: talvolta con successo, altre volte con risultati  modesti, diretta conseguenza di obiettive minori possibilità economiche ma anche di visioni d’assieme eccessivamente localistiche.

Bisogno di aggregazione

Gli antichi portici
Gli antichi portici

Si fanno feste popolari, certo, allietate dai complessini canori della zona e seguite dagli immancabili  suggelli eno-gastronomici.  Si festeggiano i santi protettori del luogo, si organizzano gare sportive, conferenze nelle biblioteche o nelle sedi comunali, invitando gli “esperti” locali che il più delle volte trattano temi che di autenticamente innovativo hanno poco o nulla. Un mondo circoscritto e autosufficiente, prodigo di “associazioni” (è quasi “imperativo” far parte di una di esse) che vanno dalla semplice bocciofila, alle Pro Loco, a quelle parrocchiali e museali, su, fino ai vari Rotary o Lion’s Club, che per molti rappresentano il “top”  delle aspirazioni personali.
Forte è comunque il legame della provincia con le proprie radici. Altrettanto forte è la presunzione di saperle rivalutare al meglio, senza considerare il pericolo che può derivare dalle rivalità di campanile tra comune e comune (dispersione di mezzi e forze) o addirittura quelle che insorgono nell’ambito di un singolo comune. Tutto questo mortifica le aspettative, vanifica le legittime aspirazioni, impoverisce i risultati finali.

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Dove nasce la Valsesia

Le colline del vino
Le colline del vino

E intanto il panorama fisico del territorio cambia. Quello naturale e agricolo di qualche decennio fa, cede spazi a insediamenti industriali; i capannoni che ospitano le attività del terziario si moltiplicano a dismisura, legando un comune all’altro, senza soluzione di continuità. Le tangenziali, moderni DNA percorsi da codici genetici a quattroruote, disegnano semicerchi attorno ai vecchi centri storici, annullando la percezione visiva di chi viaggia: frammenti di colline con ciò che resta dei filari di vite di un tempo; prati e boschetti divorati dai cubi di cemento (nuove cattedrali del consumismo) e dai condomini “moderni” che un po’ alla volta rimpiazzano le vecchie, solide case dei centri storici, dilagando poi nelle periferie.
Eppure, il “bello” che rimane, stimola ancora il desiderio di visita e di frequentazione per i molti cittadini che qui hanno la seconda casa o che, più semplicemente, amano questi luoghi e li percorrono quando si recano in alta montagna.  
Finita la vasta area delle risaie, le colline moreniche muovono il paesaggio; ancora pochi chilometri ed ecco i primi rilievi di una certa importanza: il monte Fenera con il suo Parco Naturale, quindi Varallo con il celeberrimo Sacro Monte. Oltre ancora, a seguire il percorso a fondovalle del fiume, le prime cime, le molte valli laterali che si aprono da quella principale sino a giungere ad Alagna, ai piedi del grandioso Monte Rosa.
Dove la Valsesia ha origine, in un contesto naturale e sociale che è la “summa” di quanto descritto, c’è Romagnano Sesia.

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