Martedì 23 Aprile 2024 - Anno XXII

Un caffè a Rio

Brasile, il paese del caffè. Se ne produceva talmente tanto, da arrivare ad asfaltare le strade che conducevano alle varie “Fazendas”. Oggi le cose sono cambiate. Ma la “leggenda” del caffè, qui raccontata, è più viva che mai

Foto di TeeFarm da Pixabay
Foto da Pixabay

“Il caffè, per esser buono, deve essere nero come la notte, dolce come l’amore e caldo come l’inferno”. Chi può aver detto una simile banalità da reality? Michail Aleksandrovič Bakunin, ebbene sì. Certo, il padre russo dell’anarchia non andava tanto per il sottile e non aveva provato le numerose declinazioni del caffè, dall’espresso al cappuccino. Tuttavia, tutti quei paragoni e la successione dei termini, “notte, amore, caldo”, a ben pensarci sono un po’ la cifra della storia del caffè.

La “capitale” del paese e del caffè

Caffè-dalla-raccolta-allespresso
Caffè dalla raccolta all’espresso

E ben si addicono alle descrizioni dei luoghi del caffè. Uno su tutti, il Brasile, e la sua ex capitale, Rio de Janeiro: “a capital da Colônia, do Império e da República do Brasil” (dal 1716 al 1960) come si dice da queste parti.
Il Brasile, da solo, produce circa un terzo del caffè del mondo e, se ci fosse l’Opec caffeinico, lo dominerebbe, imponendo il prezzo della tazzina planetaria.
Trentadue milioni di sacchi di iuta, ciascuno di sessanta chili di chicchi, la stragrande maggioranza dei quali vanno all’estero. Minas Gerais è lo stato del caffè, con tre milioni di persone che se ne occupano. Ma è a Rio che bisogna cercare. Cosa? Andiamo con ordine.

Un Governatore intraprendente

Un contadino controlla i frutti di coffea arabica
Un contadino controlla i frutti di coffea arabica

Si racconta che il governatore della Guyana francese, proprietario di piantagioni di caffè, per dirimere una questione di confine con la vicina colonia olandese, chiedesse aiuto al governatore del Maranhão e del Gran Parà. Era il 1727 e dai francesi fu inviato un giovane sergente chiamato De Mello Palheta. Al ritorno, il brillante sottufficiale aveva nelle tasche semi di caffè, infilati dalla moglie del governatore francese. Ecco che le parole di Bakunin – “dolce come l’amore” – acquistano un nuovo significato. È l’inizio alla coltivazione del caffè in Brasile, ma la storia continua. Dal Maranhão un mercante portò le piantine a sud, a Rio, affidandole ai frati cappuccini (nomen omen…) da questi al vescovo e da quest’ultimo al re Don João VI (re del Portogallo ma residente a Rio, per sfuggire all’invasione napoleonica). Il re portoghese, prima di lasciare Rio per tornare a Lisbona (da questo fatto nascerà l’indipendenza del Brasile) trova il tempo di regalare ai suoi cortigiani piante di caffè, con il preciso compito di iniziarne la coltivazione.
Fatto sta che il Brasile, per un secolo (metà XVII-metà XVIII) grande produttore di zucchero, diviene nel 1889 il maggiore produttore mondiale di caffè, coprendo così “l’altra parte della tazzina”, si potrebbe dire.

Tante qualità, un unico “gusto”

Semi tostati
Semi tostati

Piantagioni e piantagioni, in cui si impiegano gli schiavi africani, “neri come la notte”, per dirla con Bakunin. Tempi di sfruttamento brutale, in cui lavorare nelle tenute era “l’inferno caldo”, sempre per seguire le parole del’anarchico russo.
Il caffè è la risorsa e si diffonde in tutto il paese, tanto che prima São Paulo poi Minas Gerais superano la capitale. La specie “Coffea Arabica” viene declinata in diverse varietà, a seconda di gusti e rese: arabica (polpa verde), moka (polpa gialla), bourbon vermelho, caturra amarelo, maragopipe. E così la Coffea robusta.
I “barões do café” (baroni del caffè) fanno la loro fortuna, marcando un’intera epoca. È un mondo particolare, che può ricordare analoghe esperienze, per esempio i “baroni dello struzzo” del Sudafrica, o l’epopea di “Via col vento” nel sud degli Stati Uniti.
Oggi che il caffè ha preso altre strade produttive e commerciali, le fazende storiche sono una bella testimonianza di quel tempo, di quella vita.

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Nella Grande Casa dei Baroni del caffè

caffé Fazenda Ponte Alta
Fazenda Ponte Alta

Il barone di Mambucaba aspetta in abito da ricevimento e bastone da passeggio. Accompagnato dalla baronessa, in vestito nero con ricami finissimi, collier di brillanti, capelli raccolti. Guardano i visitatori con occhio cortese ma disincantato, come se si trattasse davvero di una visita di cortesia. Basta seguirli nella loro introduzione a una casa e un mondo che sanno raccontare un’epoca.
È qui, alla Fazenda Ponte Alta, che ci si può rendere conto di cos’era il caffè della “epoca aurea”, quando la serra, la valle del fiume Paraìba (tra lo stato di San Paolo e quello di Rio) era il principale centro economico dell’Impero.
Un motore economico, che aveva il nero come dominante: schiavi e caffè. Sacchi e sacchi che, a dorso di mulo, raggiungevano il porto di Rio, sottoposti a valutazioni di prezzo in terre lontane, dove i “consumatori” stabilivano le regole.
Nella terra degli indios Acaris e Puris, la Mata Atlantica abbattuta aveva fatto posto, nel 1830, alla fazenda del barone. Una Casa Grande, baronale, con tutti i lussi di un’aristocrazia di campagna e, vicino, “la roba”: la casa degli schiavi (Enfermaria dos escravos) un vasto terreno (Terreiro de secar café) circondato da tre ali di edifici bassi (la cappella, la sala, il deposito attrezzi, le cucine) che ora sono le stanze con mobilio d’epoca, il museo della schiavitù; il mulino (con tanto di ruota ad acqua, Engenho de café).

Fino al 1888, il lavoro degli schiavi

Miss RossellaDagli inizi dell’Impero brasiliano fino al 1888, con l’abolizione dell’economia schiavista e l’anno successivo la nascita della Repubblica. Tempi di lento declino, con l’epicentro del caffè che si sposta verso San Paolo e gli immigrati che sostituiscono gli schiavi. Nel 1960 la fazenda è venduta ed entra in una nuova dimensione di turismo culturale, con un percorso didattico legato all’epoca dei baroni e della schiavitù, oltre alla scommessa sul fascino della storia, per ricevere visitatori soggiornanti.
A Ponte Alta si mette in scena una drammatizzazione d’epoca (Sarau Histórico) che conivolge, perché i personaggi e la cornice ricostruiscono i tempi “do café” con la precisione di una fiction ben riuscita. E si dorme, sentendosi un po’ “Miss Rossella”, e si mangia, con l’argenteria e il servizio “come ai tempi del barone”.

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Minas Gerais, massimo produttore

Piantagione di caffè a Minas Gerais
Piantagione di caffè a Minas Gerais

Se Ponte Alta restituisce le atmosfere della vita baronale, Taquara (1830)  è quella più vicino a com’era. Non soltanto per l’architettura coloniale di Minas Gerais dell’epoca, un quadrilatero con un giardino interno, la cappella, le gallerie, le stanze, gli edifici di lavoro, gli attrezzie i carri. Ma anche perché qui si continua a coltivare il caffè (bio, come un tempo, la famiglia proprietaria è alla quinta generazione) a raccoglierlo, a lavorarlo, a venderlo. Oltre a preparare l’infuso per la casa.
Raccolta nei mesi di maggio-luglio e settembre-novembre, fioritura a gennaio-febbraio. Giusto per regolarsi.
Costruita come “Fazenda da Nova Prosperidade” (per il caffè, un nome, un programma!) e ribattezzata Taquara, dal nome di un tipo di bambù trovato nella proprietà, la tenuta offre tutto il fascino di una “vecchia signora”.
Camere con mobilio d’epoca, vecchi oggetti, vecchie fotografie e dipinti, una collezione di servizi da caffè etno-chic, la sala da pranzo con cucina a vista molto suggestiva. Ma non offre ospitalità per la notte, ed è un peccato.

Fazendas a Rio e dintorni

Fazenda Campos Eliseos
Fazenda Campos Eliseos

Poi ci sono le altre. Quelle da visitare e quelle dove si può dormire. Fra queste ultime la Fazenda Arvoredo (1808) che offre anche molte possibilità di turismo attivo; la Fazenda Santo Antonio, che ha l’eleganza delle dimore di charme, molto curate, offre una visita con il barone di Santa Maria e signora a fare da ospiti (in costume) con invito a  un “chá imperial”, il rito del tè con la cucina d’epoca; la Fazenda União, Rio das Flores; la Fazenda Campos Eliseos (1851) ancora Rio das Flores, un edificio basso, con interni molto belli, sia per i dettagli sia per il mobilio d’epoca. Le ali dell’edificio ospitano le camere, mentre un bel salone rustico-elegante offre i pasti. Si può anche solo fare la visita, con un caffè compreso. Trekking a piedi o a cavallo per gli ospiti.
Poi ci sono quelle da visitare, come la Fazenda do Secretario, Vassouras, storia racontata e caffè “storico” (cioè con il rito del tempo); Fazenda Florença, Conservatória; Fazenda Mulungù Vermelho (1831) Valença, patrimonio storico di architettura coloniale e neoclassica; Fazenda Cachoeira do Mato Dentro, Vassouras, caffè in rito, pranzo di cucina d’epoca, vendita di formaggi locali, concerti.

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Paesi e cittadine, nate con la coltivazione dei chicchi

Valença
Valença

Nella terra del caffè, oltre alle vecchie fazendas, ci sono le cittadine. Tutte da vedere. Come Barra Mansa, con il suo centro del XIX°; Piraí, con cascate e laghi dalle acque cristalline; Porto Real, che conserva tracce della colonizzazione degli italiani, che furono grandi proprietari di piantagioni di caffè. Da vedere la chiesa Matriz de Nossa Senhora das Dores, costruita nel 1910. Resende, cittadina pioniera delle piantagioni di caffè, che offre i suoi edifici d’epoca, in particolare nella via XV de Novembre. Valença, con le sue tenute, Paraíba do Sul (Museo da Inconfidência e la Câmara Municipal come esemplari dell’architettura storica), Vassouras (Paço Municipal, Solar Barão, vecchia Stazione Ferroviaria).

Dalla tazzina al biocarburante

Una via principale a Valença
Una via principale a Valença

Insomma, il caffè di ieri, quando in Europa si comprava nei negozi “coloniali”, e portava tutto l’esotismo di una terra come il Brasile. Oggi, con il caffè brasileiro, più precisamente con i suoi scarti di produzione, si fa una biomassa che produce biocombustibile e biocarburante, riducendo quasi totalmente l’emissione di CO2. Come dire che anche le auto si prenderanno la loro tazzina, per andare avanti.
Ai tempi di Carosello c’era la faccia sorridente e barbuta di un cafeteiro a pubblicizzare un “… café brasileiro, che conquista!”. Oggi, il jingle dello spot dice: “…se non è buono, che piacere è?”
E allora, per terminare, conviene affidarsi alle parole di Hector Abad Faciolince, da Medellin, Colombia, che scrive (“Trattato di culinaria per donne tristi”, 1997): “Ah!, il caffè, il caffè… È una droga docile, mite, dall’effetto meraviglioso poiché risveglia la coscienza senza farla straripare né esasperarla. Beveraggio ideale per la sonnolenza e la pigrizia, per lo sconforto e l’apatia, per l’atarassia e l’eccesso di rassegnazione”. Viva!

Brasile: Caffè “come” e “dove”

Quality Group, Brasil World, tel. 0112293111,  www.qualitygroup.it, viaggi in Brasile

Pousada Fazenda Ponte Alta, Av. Silas Pereira da Mota S/N, Parque Santana, Barra do Piraí, Rio de Janeiro, tel. 0024.24435159, www.pontealta.com.br

Fazenda Campos Eliseos, Rio das Flores, Rio de Janeiro, tel. 0024.24882114
www.fazendacamposeliseos.com.br

Fazenda Cachoeira Grande, Vassouras, Rio de Janeiro, tel. 0024.24711264
www.fazendacachoeiragrande.com.br

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