Mettete di uscire a cena in un ristorantino vista-mare con una tizia che si chiama Marianna, come la “Perla di Labuan” che fece innamorare il Sandokan di Emilio Salgari. Mettete poi che, parlando del più e del meno, vi capiti di farle notare l’omonimia. Mettete infine che lei, dopo il caffè, vi inviti a casa sua “per vedere la raccolta di spade del nonno”. Cosa pensereste? Che ci sta provando, ovviamente. Invece no: Marianna vuol proprio mostrarvi le armi di un suo stimato antenato che di mestiere faceva il pirata, proprio come Sandokan.
Hodoul, mito isolano
A Mahé, isola-ammiraglia delle Seychelles, tutto ciò può accadere, perché molti discendono da quei predoni del mare che potete chiamare pirati, corsari o come vi pare. Così Marianna (o più esattamente Marianne) esiste davvero e di cognome fa Hodoul, come tale Jean-François che nel Settecento imperversò nell’Oceano Indiano e ora guarda i posteri da un ritratto sul muro.
Jean-François non è proprio il nonno di Marianne, ma un avo di ottava generazione; eppure tutti ne parlano ancora con affetto e rimpianto, come fosse morto ieri.
Del resto, il culto di Hodoul non è solo un vezzo di famiglia. A Mahé l’antico pirata è un eroe nazionale. A lui è intitolato un isolotto nel porto (Ilôt Hodoul). Alla sua epopea risalgono molti cimeli custoditi nel Museo storico della capitale Victoria. Il castello dove abitò (Château des Mamelles) è trattato come un santuario. E a Bel Air, bisecolare cimitero in collina, un sarcofago di pietra ne custodisce la salma, sotto una lapide con nome, cognome, qualifica professionale (“antico capo corsaro”) e sintetico giudizio a futura memoria (“fu giusto”).
Meno sintetici sono i libri di storia, dove si legge che il nostro, nato nel 1765, figlio di un macellaio provenzale, all’età di venticinque anni emigrò a Mahé in cerca di fortuna. Partendo da lì, nel 1792 prese ad assalire le navi inglesi che tornavano dall’India cariche di tesori: solo nel 1797 ne catturò ben undici. Ma tanta grinta fece reagire la flotta di Londra: circondato e bloccato in una baia, Hodoul fu costretto ad affondare il suo veliero. Poi si ritirò a Silhouette, la terza isola dell’arcipelago, diventò agricoltore e tale rimase fino alla morte (1835).
Tesori nascosti …
Chi scrive non è mai uscito a cena con Marianne Hodoul, ma l’invito a casa sua (una villetta ottocentesca dell’Anse La Mouche, sulla costa ovest di Mahé) l’ha ricevuto davvero.
E l’ha accettato, per due motivi: anzitutto per vedere che differenza c’è tra il Corsaro Nero e un corsaro vero; in secondo luogo per capire quanto valgono certe voci secondo cui a Silhouette sarebbe tuttora nascosto il tesoro di Jean-François, raccolto in soli sei anni di “lavoro”, ma sufficiente a garantire al suo proprietario una “terzà età” dignitosissima.
Detto per inciso: le voci su Silhouette non sono un’eccezione. Anzi, alle Seychelles di tutte le isole si narrano storie simili. Ciò vale sia per le più vicine a Mahé, fatte di fertili lave e coperte di foreste tropicali, sia per le più lontane, nudi atolli corallini, rifugi di granchi, uccelli e tartarughe giganti.
A prima vista riesce difficile pensare che quel mondo luminoso e solare nasconda dei segreti. Eppure qualche segreto c’è, perché fino a duecento anni fa le isole meno battute erano le casseforti dove Hodoul e colleghi mettevano al sicuro i risparmi.
Avviso per eventuali guardie di finanza in ascolto: il tesoro di Silhouette forse non c’è; e se c’è nessuno ne sa niente; o se qualcuno ha notizie non me le ha dette; e comunque io non ho trovato nulla; perciò indagini fiscali a carico del sottoscritto sarebbero inutili. Ad altri però è andata meglio, perché i tesori dei pirati non sono leggende: ufficialmente, l’ultimo (107 monete d’argento) fu trovato nel 1911 sul remoto atollo di Astove; ma sottovoce tutti parlano di un altro forziere, recuperato clandestinamente a Thérèse, un’isola più vicina.